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''CHI LASCIA FARE E' COLPEVOLE''

24/6/2015

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«Chi lascia fare, è colpevole. E la Chiesa può anche essere colpevole di tacere» 

Il cardinale guineano Robert Sarah è prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Ha rilasciato di recente un’intervista a Famille Chrétienne. Ne proponiamo alcuni stralci in una nostra traduzione italiana.

Il Papa ha di recente citato un autore, Robert Hugh Benson, che, nella sua opera Il padrone del mondo descrive in maniera profetica molte delle derive attuali…
Quello che accade oggi, soprattutto in Occidente, è un’opera del demonio. La cosa più grave è voler imporre queste derive agli altri continenti e culture. [A noi africani] parlate di diritti dell’uomo, ma non abbiamo forse anche noi diritto a non vederci imposte tutte queste perversioni?

Il regno dell’Anticristo sembra più forte che mai…
La Chiesa non deve aver paura! Cristo ha detto: “Non abbiate paura!”. Giovanni Paolo II l’ha ripetuto. La Chiesa non deve avere paura di annunciare il Vangelo e la sua fede in Dio, sia che venga ascoltata, sia che non venga ascoltata. Questa è la sua missione, che Cristo stesso le ha dato!

Questo è l’unico vero potere di cui dispone: il potere della parola?
È una parola che salva l’umanità. Se voi parlate con chiarezza e fermezza per rivelare Dio e la sua Parola di Verità, vi diranno: sei un fondamentalista, sei un intollerante. Ma non è vero! È intollerante chi dice a suo figlio: menti o inganna! Chi lascia fare, è colpevole. E la Chiesa può anche essere colpevole di tacere. I cristiani perseguitati, anche quando vengono uccisi, non stanno zitti. La loro voce è più limpida, più forte e più gloriosa dell’odio, della violenza, della confusione mentale dei loro persecutori. Se abbiamo paura di essere maltrattati, è sufficiente guardare a chi, intorno a noi, muore per Gesù, e ritroveremo subito coraggio e forza. Il loro sangue risveglia la nostra fede addormentata o anestetizzata dalla mondanità. Oggi c’è bisogno che la Chiesa, i cristiani e i vescovi siano più coraggiosi.
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CON PAPA FRANCESCO CONTRO LE FOLLIE GENDER

15/6/2015

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SUI ''VEGGENTI'' STIAMO CON IL PAPA, MA L'ATTACCO E' ALLA FEDE E ALLA CHIESA 

13/6/2015

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Sui “veggenti” stiamo con il Papa, ma l’attacco è alla fede e alla Chiesa 
di Mario Adinolfi

Mi sono ritrovato più di una volta negli ultimi giorni a discutere della “questione dei veggenti” negli studi televisivi. Sullo sfondo una grande foto di Papa Francesco, con il suo monito piuttosto netto sul tema; nei servizi e tra gli ospiti storie di “apparizioni” che spesso hanno a che fare con Maria. Il talk show classico prova a raccontare una Chiesa ufficiale “molto prudente” e fenomeni popolari piuttosto accesi, con scienziati convocati alla bisogna che provano a ventilare l’ipotesi di reato di “abuso della credulità popolare”. Sono stato interrogato, è stata chiesta la mia opinione, io ho risposto. Voglio darvi conto della mia risposta perché credo che i lettori de La Croce siano interessati al tema.

Punto primo. Questo giornale, lo abbiamo dichiarato fin dal primo numero il 13 gennaio scorso, è con Papa Francesco aprioristicamente. Non abbiamo mai avuto la tentazione di altri, quella di insegnare al Papa come fare il Papa. Meno che mai ci sogneremmo di sostenere che sbaglia, anche quando non parla ex cathedra. Dunque, se ha ritenuto di dover dire una cosa ovvia ma importante, come quella secondo cui la fede si fonda su Gesù e non sui messaggi a orologeria dei veggenti, noi non possiamo che riportare e sottolineare. Chiaro, la fede si fonda su Gesù, chiaramente la nostra fede è riposta in Lui.

In televisione però mentre si cerca di fare a pezzi qualsiasi ipotesi di apparizione mariana, spiegandola con la “suggestione”, io ho avvertito una sensazione piuttosto fastidiosa. Che oggetto della delegittimazione di fenomeni che radunano molte persone in diversi luoghi europei non siano le apparizioni mariane, bensì l’idea stessa di fede. Quelle vengono infatti bollate come esperienze “scientificamente non provabili”, rivolte “a un popolo ignorante”, che si vorrebbe in qualche modo circuire. Uhm.
Mi è capitato di rispondere agli augusti scienziati, fisici, medici che mi guardavano con aria stupefatta che io sono nato il 15 agosto, giorno in cui si celebra l’assunzione in cielo di Maria non solo in spirito, ma anche in corpo; ho aggiunto poi che credo a un Tizio che trasformava l’acqua in vino, donava la vista ai ciechi, raddrizzava gli storpi, resuscitava morti e invece di fare jogging si faceva belle camminate sul lago di Tiberiade da cui ritornava affamato e, soprattutto, dovendo parlare a folle di migliaia di persone affamate anch’esse a cui provvedeva con cinque pani e due pesci, a un Tizio nato da una vergine che vergine era prima, durante e dopo il parto, a un Tizio che è risorto dai morti dopo tre giorio. Tre giorni dopo che, mentre era appeso su una croce, qualcuno che credeva solo a ciò che vedeva e toccava lo insolentisse con parole così: “Se sei davvero il Figlio di Dio come dici, scendi dalla croce. Vediamo ora se Elia viene a salvarti”. Sembravano scienziati da talk show.

Quel che voglio dire è che io non so quel che avviene davvero a Medjugorie o altrove, non sono prete e non voglio essere Papa, sono l’ultimo dei peccatori che si rimette alla Chiesa e alle sue determinazioni. Ma quando sento qualcuno dileggiare in televisione anche la meno certa delle apparizioni mariane mettendola sul piano della assenza di prove scientifiche, ecco, io sento aleggiare uno spirito maligno. Sento che a essere messa in discussione non è la singola apparizione, ma la sostanza stessa della nostra fede, che prevede che il sovrannaturale faccia irruzione nelle nostre vite, con logiche non misurabili dai parametri scientifici.

La Comunione dei Santi è composta da persone che hanno ottenuto miracoli presso nostro Signore, San Giovanni Paolo II ha intercesso per la guarigione medicalmente inspiegabile di molte persone, per arrivare a casi recentissimi e non volendo disturbare il sovrannaturale di cui è intrisa l’esperienza umana di Nostro Signore. Attenzione, dunque, a quelli che irridono la fede dei semplici sfoggiando lauree e titoli scientifici. La fede semplice, popolare, qualche volta immediata, è preziosa. Luoghi come Medjugorie saranno analizzati dovutamente dalle apposite commissioni. Io, ultimo dei peccatori, mi trovo semplicemente a dire che un luogo che ha provocato decine di migliaia di conversioni, che ha ascoltato milioni di persone in preghiera, è un luogo dove Gesù attraverso Maria c’è. La Regina della Pace lo conduce a noi, anche se non fossero vere le visioni di chi dice di ricevere i suoi messaggi. I luoghi dove tante persone si radunano in preghiera e si avvicinano a un percorso di fede che cambia le loro vite, sono luoghi che io non vedo come pericolosi. I luoghi pericolosi sono altri, magari gli studi di un talk show televisivo, dove qualche volta accanto a un semplice che dice di aver visto Maria e di averle parlato, il sinedrio di scribi e farisei pretende di fargli la morale. Gliela faccia chi è titolato a fargliela, la Chiesa in primis, che parla per bocca di Papa Francesco. Gli increduli, però, si tengano la loro complessiva incredulità, la loro ostilità verso la fede in sé, verso cui pure ostentano un falso rispetto.

Io resto convinto che l’essenziale sia invisibile agli occhi e che la Rivelazione è un miracolo illeggibile dagli scientifici parametri umani. La differenza tra noi e il mondo è questa: noi crediamo, loro no. E l’attacco irridente alla nostra fede in Gesù è costante e assume molte forme, si sostanzia di fatto in un attacco alla Chiesa, obiettivo ultimo di queste campagne.

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PAPA FRANCESCO, MEDJUGORIE, LE PARROCCHIE

11/6/2015

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Papa Francesco, Medjugorie, le parrocchie
Il Papa parla di Medjugorie. O meglio, non ne parla esplicitamente. Ma non ci sono dubbi sulle allusioni contenute nell’omelia tenuta nella messa in Santa Marta del 9 giugno. Il Papa parla dell’identità cristiana e afferma (cito la sintesi dal sito della Santa Sede): “Ci sono ‘quelli che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana’ e hanno ‘dimenticato che sono stati scelti, unti’ che ‘hanno la garanzia dello Spirito’ e cercano: ‘‘Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna manderà alle 4 del pomeriggio?’ Per esempio, no? E vivono di questo. Questa non è identità cristiana. L’ultima parola di Dio si chiama ‘Gesù’ e niente di più’’.

Dunque, il problema è quello dell’identità cristiana. Il Papa dice che l’identità cristiana sta nel riferimento a Gesù, nella fede in lui. Che, quindi, tutte le altre devozioni prendono senso da  quella fede e solo da quella. Circa Medjugorie il Papa denuncia una mentalità pericolosa: la fame di segni, di messaggi, precisi, legati a tempi e luoghi che, proprio per questo, assumono la fisionomia di una prova da parte di Dio e di una sfida da parte dell’uomo. Non è difficile trovare riferimenti evangelici al riguardo. Gesù fa molti miracoli, infatti, ma se la prende, più volte contro chi vuole miracoli su comando e che fa dipendere la sua fede da quei miracoli. Questa non è identità cristiana, dice il Papa.

Una considerazione, semplicissima, di carattere pastorale. Tutti, nella Chiesa di oggi, conoscono i gruppi legati a Medjugorie. Alcuni dei partecipanti a questi gruppi sono credenti che certamente hanno quella fede in Gesù di cui parla il Papa e l’hanno in maniera dominante e determinante. Ma ce ne sono alcuni, di quei fedeli, che la vivono in maniera totale e intollerante e la fedeltà ai messaggi di Medjugorie diventa più importante del messaggio evangelico. Soprattutto diventa inquietante quando un prete, responsabile di una comunità, impone uno stile Medjugorie a tutta la sua comunità. E allora avviene, inevitabilmente, che una fede legata in maniera abnorme a una devozione e imposta in maniera altrettanto abnorme a tutta la comunità divide invece di unire. Non è identità cristiana quella devozione vissuta così e tanto meno è identità cristiana la sua imposizione unilaterale a tutta una comunità.
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PAPA FRANCESCO: ''ESSERE FIDANZATI ED ESSERE SPOSI NON E' LA STESSA COSA''

3/6/2015

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Papa Francesco: «Essere fidanzati ed essere sposi non è la stessa cosa»
CITTA' DEL VATICANO - Esiste un modo affidabile per non fare fallire tanti matrimoni. “Rivalutare il fidanzamento.” Se alla Camera è appena passato il divorzio breve, la controffensiva di Papa Bergoglio è quella di preparare meglio i giovani cattolici che desiderano sposarsi con l'idea di far durare per sempre la loro unione. La mission non è troppo impossible.  
Perchè non è solo una questione di linguaggio - sesso sì, sesso no prima del matrimonio - ma qualcosa di più importante visto che va ad incidere direttamente sulla prospettiva. “Non c’è speranza per la fiducia e la fedeltà del dono di sé, se prevale l’abitudine a consumare l’amore come una specie di integratore del benessere psico-fisico. L’amore non è questo! Il fidanzamento mette a fuoco la volontà di custodire insieme qualcosa che mai dovrà essere comprato o venduto, tradito o abbandonato, per quanto allettante possa essere l’offerta."

Questo è il punto, concentrarsi sull'obiettivo a lungo termine che si vuole raggiungere, il per sempre. Papa Bergoglio parla durante l'udienza generale riprendendo il filo del discorso sulla famiglia, un tema che da qualche settimana in qua è diventato un appuntamento fisso. Dice che a suo parere va “rivalutato il fidanzamento come tempo di conoscenza reciproca e di condivisione di un progetto. Il cammino di preparazione al matrimonio va impostato in questa prospettiva, avvalendosi anche della testimonianza semplice ma intensa di coniugi cristiani”.

Comunione, letture bibliche, riflessioni comuni, ma anche progetti da portare avanti assieme di “fraternità con i poveri e con i bisognosi, che ci provocano alla sobrietà e alla condivisione. Tutto questo porta a preparare la celebrazione del matrimonio in modo diverso, non mondano ma cristiano”. La libertà di un legame implica conoscenza reciproca, una conoscenza non banale e profonda e non solo una “attrazione” fisica o sentimentale. “Il fidanzamento, in altri termini, è il tempo nel quale i due sono chiamati a fare un bel lavoro sull’amore, un lavoro partecipe e condiviso, che va in profondità. Ci si scopre man mano a vicenda: l’uomo impara la donna imparando questa donna; e la donna impara l’uomo imparando questo uomo. Non sottovalutiamo l’importanza di questo apprendimento: è un impegno bello”.

Naturalmente, mette in guardia Francesco, “chi pretende di volere tutto e subito, cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà (o alla prima occasione)”. Insomma, non può essere solo una questione di sesso. Il Papa invita a frequentare i corsi prematrimoniali che organizzano le parrocchie: “sono un’espressione speciale della preparazione. E noi vediamo tante coppie, che magari arrivano al corso un po’ controvoglia, ma dopo sono contente e ringraziano, perché in effetti hanno trovato lì l’occasione – spesso l’unica! – per riflettere sulla loro esperienza in termini non banali”.
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