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Chi specula sulle telefonate del Papa

24/4/2014

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Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, P. Federico Lombardi, S.I.

Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del Papa Francesco.

Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del Papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della Sala Stampa.

Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione.

E’ perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa.


CHI SPECULA SULLE TELEFONATE DEL PAPA
di Riccardo Cascioli

Per capire cosa debba intendersi con l’espressione “effetto Bergoglio” basta guardare a due fatti accaduti in queste settimane in Argentina e rilanciati sui giornali di tutto il mondo: la telefonata di papa Francesco a una donna sposata con un uomo divorziato, che avrebbe avuto il permesso del papa di accostarsi alla Comunione, e il battesimo a Cordoba di una bambina “figlia” di due lesbiche.  In entrambi i casi ciò che il Papa ha detto o pensato è soltanto un pretesto per annunciare che è giunto il momento in cui finalmente la Chiesa abbandona la sua “rigida” dottrina tradizionale riguardo ai sacramenti, per abbracciare una religiosità che non entra in cinflitto con il mondo.

Insomma l’«effetto Bergoglio» ha solo marginalmente a che vedere con il Papa Francesco reale, molto invece a che vedere con i desiderata e le aspettative del mondo – e di una parte della Chiesa – riguardo l’attuale pontificato. E questo vale anche per quelli che nella Chiesa si sono autoinvestiti del ruolo di interpreti ufficiali del Papa.

L’ultimo caso è quello della donna argentina che a settembre scorso aveva scritto al Papa spiegando la sua situazione di donna da 19 anni sposata con un uomo divorziato e per questo impedita di accedere alla Comunione. Il papa – ha riferito il marito - le ha telefonato subito dopo Pasqua, scusandosi per il ritardo nella risposta, e dicendole che poteva tranquillamente fare la comunione e che comunque di questo problema ci si stava occupando in Vaticano.

La notizia è ovviamente rimbalzata in tutto il mondo ed è stata interpretata universalmente come la discesa in campo del Papa a favore della Comunione ai divorziati risposati, anche perché la prima versione dava la donna in questa condizione. Una successiva intervista della stessa donna chiariva invece che il divorziato è il marito e che a lei papa Francesco ha consigliato di andare a ricevere la Comunione in un’altra parrocchia, dove non è conosciuta.

In realtà, cosa abbia detto veramente il Papa non lo sappiamo e anche il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, come già in altre occasioni del genere, ha rifiutato qualsiasi commento trattandosi di telefonate private e che, come tali, appartengono soltanto ai protagonisti. Ma a prescindere dall’intervento di padre Lombardi, la notizia aveva già fatto il giro del mondo con tanto di aggiunte varie che rafforzano l’idea di un Papa determinato a cambiare anche la dottrina della Chiesa, e non solo il volto della Curia. Si tratta di una forzatura evidente, peraltro intorno a un episodio che manca della conferma autorevole di papa Francesco, il protagonista principale; ma si sa questi sono dettagli insignificanti davanti all’occasione di poter annunciare la svolta “morale” della Chiesa. 

Nell’altro caso, invece, il Papa non c’entra direttamente; ma siccome si sa che desidera che a nessun bambino venga rifiutato il battesimo, ecco la grande occasione: due lesbiche già regolarmente unite in matrimonio fanno battezzare la propria figlia nella cattedrale di Cordoba lo scorso 5 aprile, con testimone la presidentessa Cristina Kirchner. Anche qui la notizia rimbalza in tutto il mondo, e si attribuisce a papa Francesco il “merito” di questo battesimo, di cui peraltro girano diverse versioni (nella peggiore non solo le “mamme” ma neanche padrino e madrina sono cattolici e le due lesbiche avrebbero anche ricevuto cntemporaneamente la cresima). A suscitare scalpore non è la notizia in sé del battesimo al bambino, quanto il fatto che tra genitori e padrini e madrine non ci fosse neanche uno a garantire l’educazione nella fede della bambina.

Poi a distanza di giorni l’intento ideologico di questa cerimonia si svela.
 E’ una delle due “mamme” a spiegarlo al quotidiano La Nacion. «Don Carlos Varas (il parroco della cattedrale che ha somministrato il battesimo, ndr) ci ha detto che era da tempo che aspettava una coppia omosessuale come noi, e ci ha accettato a braccia aperte; davvero siamo di fronte ad un grande cambiamento sociale del cattolicesimo per accettare il fatto di battezzare il figlio di una coppia sposata di lesbiche». E ancora: «Anche se io e mia “moglie” non siamo cattolici noi pensiamo che nostra figlia abbia diritto al battesimo, e abbiamo chiesto alla Presidente di fare da madrina proprio per ringraziarla del fatto che ha contribuito ad approvare la legge del matrimonio omosessuale in Argentina».

L’uso strumentale del pensiero del Papa
 in un caso e nell’altro appare evidente, è il classico tentativo di arruolare il Pontefice tra coloro che aspettano il Sinodo straordinario sulla famiglia per prendersi la "rivincita" sull’Humanae Vitae (l’enciclica di Paolo VI che ribadiva il no alla contraccezione oltre che all’aborto) e aprire la Chiesa a qualsiasi cosa. Vale a dire che la vera posta in gioco è molto più che l'atteggiamento pastorale in particolari situazioni personali, è piuttosto l'identità stessa della Chiesa che da Corpo mistico di Cristo che ci accompagna e sostiene nel cammino verso la santità rischia di essere ridotta a ente morale che viene incontro alle nostre debolezze lasciandoci lì, infelici e contenti.
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Negare la santità di GIOVANNI XXIII e GIOVANNI PAOLO II, è come affermare che sono all’Inferno

23/4/2014

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Negare la santità di GIOVANNI XXIII e GIOVANNI PAOLO II, è come affermare che sono all’Inferno
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''Ma – abbiamo chiesto - un cattolico, tale restando, può negare la santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II? “Per negare la santità, si dovrebbe ritenere che sono all’Inferno”. E questo sembra veramente difficile, considerate anche le indagini accuratissime della Chiesa. E un cattolico – insistiamo - può essere scettico sulla santità dei due Papi? “La Chiesa ha tanti santi… a qualcuno può piacere particolarmente san Francesco, ad altri no… è la bellezza della varietà delle vie per raggiungere la salvezza…. Ognuno può avere simpatia per un santo in particolare, che offre una sua via, diversa da quella offerta dall’altro… Nessuno obbliga il cattolico a dire che gli devono piacere tutti i santi in maniera indifferenziata… sono tante le vie della salvezza”!''

da Aleteia
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Lettera aperta ai giovani credentiLa nostra Chiesa ha la vitalità della gioventù che non solo ci chiama “padre”, ma che ci fa sentire così

13/4/2014

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Oggi vorrei dedicare le mie riflessioni a ciascuno di voi che avete saputo trovare la felicità al di fuori delle droghe, dell'alcool e del sesso sfrenato. Penso a ciascuno di coloro che fin dalla tenera età, come i lavoratori della vigna della prima ora, sono stati chiamati dal Signore a conoscerlo e amarlo. Penso a ciascuna di quelle migliaia e migliaia di persone che nel mondo intero si sono lasciate sedurre da un uomo indipendentemente dall'identità sessuale. Non posso fare altro che lodare e applaudire quanti sono caduti ai piedi di colui che sa risollevare.

Non è facile. Non lo è perché negli anni dell'adolescenza e della giovinezza la maggior parte delle nostre esigenze consiste nel riuscire a far sì che tutto abbia una logica, che nessuno resti al di fuori del nostro intelletto, che tutto abbia la sinderesi sufficiente per non sembrare davanti al mondo una massa di alienati ai quali hanno venduto una fantasia pericolosamente alienante che toglie la libertà e la voglia di divertirsi.

Non è facile perché la lotta che si ingaggia nella gioventù è simile a quella che ha avuto Giacobbe con l'angelo del Signore e in cui non è facile che cediamo dandoci per vinti. Perché? È una cosa da falliti, ci dicono. Le persone realmente intelligenti si aprono la strada con il loro intelletto per conquistare il mondo e metterlo ai propri piedi.

Ma questo è un altro gruppo: quelli che non cercano un mondo che si arrenda davanti alla loro giovinezza, simpatia, bellezza e abilità artistica o sportiva, ma sono stati semplicemente sedotti e si sono arresi davanti a un uomo povero, con idee rivoluzionarie e pericolose, un povero che è padrone di tutto ma non ha nemmeno dove poggiare la testa, che si chiama re ma nessuno vede il suo esercito, solo Lui perché lo chiama “esercito di angeli”, un uomo il cui miracolo più grande è stato accettare senza condizioni chiunque gli si avvicini non per rinfacciargli i difetti e i peccati ma per asciugargli le lacrime. Un uomo la cui onnipotenza è l'enorme forza del suo amore, un amore che lo ha reso debole e lo ha sfigurato. Un uomo che seduce tanto uomini come donne, che ha dato la vita e fa dare la vita, la famiglia, l'onore, il buon nome, tutto, tutto, perché vale tutto e di più.

Oggi rendo omaggio a tutti quei ragazzi e quelle ragazze che in tutto il mondo hanno scoperto in Gesù il primo e grande amore della propria vita; in Lui hanno imparato cosa significa amare ed essere amati con dignità, senza sentimenti ipocriti mendicati ad altri solo per non morire in solitudine.

Penso a quelli che vivono allegri all'università, che amano il proprio fidanzato, la propria fidanzata con la purezza di un affetto imparato dal loro Maestro. Penso a quei ragazzi che evangelizzano e non conquistano le ragazze per sé ma per Gesù. Oggi il mio omaggio è per loro.

Sono milioni, quasi tutti a me sconosciuti, ma riconosciuti perfettamente per nome dal Signore Gesù.

Un applauso a questi ragazzi che quando vedono il papa si emozionano, perché hanno visto in questo pastore venerabile un innamorato del Maestro. Quei ragazzi che sanno gridare Viva Gesù!!!, e per i quali una discoteca è solo quello e non il rifugio contro la solitudine e la panacea per tutti i loro vuoti interiori. Quelli che cantano, ballano, ridono, vanno al cinema, lodano, amano, piangono di emozione e difendono la vita degli altri come la propria.

Sono tanti i movimenti nella nostra Chiesa che promuovono il lavoro con loro. Evito di menzionarli per non commettere l'ingiustizia di ometterne moltissimi che non conosco. Mi unisco a ciascuno di loro nella preghiera, ed è lì che mi rendo conto che la Chiesa, la nostra Chiesa, ha la vitalità della gioventù che non solo ci chiama padre, ma che ci fa sentire così.ùù

Noi pastori di oggi li amiamo e chiediamo perdono per quelli che per difficoltà affettive un giorno hanno provocato un danno scandalizzando i prediletti del Signore. Perdono per le volte in cui abbiamo pensato o detto che sono perduti; non è vero, molti conoscono la Via, perché conoscono Gesù. Perdono per aver detto una cosa e averne fatta un'altra, per il fatto di sembrare patrigni e non padri, per le volte in cui non consigliamo ma ci irritiamo.

Perdono di fronte a Dio per gli scandali che hanno allontanato il loro cuore da Colui che lottiamo per amare. Perdono per i pederasti e quelli che vivono di nascosto la propria infedeltà a Gesù. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Siamo i loro pastori, ma siamo anche pecore del Pastore supremo. Preghiamo per loro ma abbiamo anche bisogno della preghiera delle nostre pecore, perché quando il demonio vuole disperdere il gregge il primo che attacca è il suo sacerdote.

Benvenuti nel mondo della fede, nel mondo dell'amore in Gesù, l'amore vero. Mi inchino riverente e pieno di ammirazione di fronte a tutti coloro che amano il grande amore della mia vita. Grazie per avermi permesso di essere padre senza essere vostro padre.
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Lettera aperta ai giovani non credenti - Dio non ha problemi con chi non crede, perché non è colpevole. Il problema è quando si chiude la propria mente alla veritA'

12/4/2014

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Oggi voglio parlare a te. Non mi conosci, sicuramente non sai chi sono. Posso solo iniziare dicendoti che sono un sacerdote. Ma aspetta... non giudicarmi per la mia condizione, non ti farò sermoni, non ti minaccerò con l'inferno né ti dirò che vivi male la tua vita. Voglio solo parlarti come qualcuno che un giorno ha trovato un tesoro enorme che lo ha aiutato a cambiare tutta la prospettiva su chi era.

Cercavo di divertirmi come te e di essere felice. Non posso dire che il Signore mi abbia tirato fuori da un'enorme cloaca dove non arrivava alcun potere umano. Posso solo dire che vivevo, lottavo per mantenere la felicità che trovavo in ogni cosa che facevo e che rallegrava temporaneamente il mio cuore.

Ma tutto svaniva così come arrivava. Quando ho iniziato a “filosofare”, a interrogarmi per la prima volta su chi fossi, non mi accontentavo del mio nome. Non appagava la mia sete di un qualcosa che non conoscevo.

Pregavo? Sì, me lo avevano insegnato e sapevo fare solo quello che fanno molti quando pregano: chiedere. Ma non era sufficiente. Il mio cuore voleva qualcosa di più profondo. È successo anche a te?

C'era qualcosa che mi diceva che non potevo accontentarmi di essere un altro di quegli esseri viventi che si definivano come quelli che “nascono, crescono, si riproducono e muoiono”. È lì che ho deciso di prendere sul serio la mia vita interiore. Non avevo idea di cosa fosse, ma qualcosa mi diceva che esisteva quella che molti chiamano “anima”, che non sappiamo dove sia ma, come mi ha detto un giorno una donna bellissima, “sai che esiste quando ti fa male”.

Non mi conosci. Di me resta solo un piccolo riferimento, come ti ho già detto: sono un sacerdote. Questo può rendermi disprezzabile ai tuoi occhi, puoi pensare che sia tutto ciò che dicono di noi, o un frustrato, uno che fa il lavaggio del cervello, un commerciante della fede.

Posso solo dirti che sono un essere umano, che piange come hai pianto tu, che ha provato la solitudine, una persona che ha figli (molti figli), mogli (molte mogli) e genitori (a bizzeffe). Hanno mantenuto una promessa che mi hanno fatto.

Sai una cosa? Vivo innamorato di un uomo che mi seduce; è strano da sentire perché sembra una cosa sdolcinata (chiaro, sei un prete, penserai), ma ogni volta che mi sono prostrato davanti a quell'uomo mi ha risollevato come un vincitore, come un uomo nuovo. Non mi ha mai condannato per niente. Ha solo saputo sussurrarmi delicatamente il suo amore immenso, quello che ho scoperto sulla croce. E non ha mai stretto le sue braccia aperte per schiavizzarmi, ma per darmi una libertà che solo lui ha saputo permettermi.

Ti sei sicuramente innamorato, non una né due volte, e probabilmente sei pessimista sull'amore. “È una stupidaggine ridicola a cui credono solo gli ingenui”. È perché l'amore umano è imperfetto; per questo è costruibile, perfettibile e dolorosamente paziente.

Io, però, ti presento un amore perfetto, che non fallisce mai, che sarà lì quando piangerai, quando soffrirai, quando riderai e trionferai. Credo che sia giunto il momento di dare un'opportunità a Qualcuno che probabilmente per te è stato indifferente o un perfetto sconosciuto. La merita. Hai dato un'opportunità a molti e tutti ti hanno deluso. Qui c'è uno che, anche se sembra un cliché, “non ti abbandonerà mai”.

Guarda la croce, le sue braccia aperte, i suoi occhi chiusi pensando a te e tutto l'amore che ti offre. Vuoi vincerlo? Lasciati vincere da lui. Non ti chiede di credergli, semplicemente di lasciarti amare. È lì che scoprirai quell'altro che ha incontrato un uomo chiamato Paolo di Tarso arrivando a dire: “Tutto ritengo come spazzatura pur di guadagnare Cristo”.

Di cosa sei schiavo? Droga, alcool, legami affettivi? Oggi puoi essere libero, perché Cristo è morto per questo, per renderti libero, perché non ci sia niente e nessuno che possa tornare a schiavizzarti mai più... MAI, HAI CAPITO?

Non perdi nulla nel saggiare il suo amore. Vale la pena un atto di fiducia piena in qualcuno che ti ha amato così gratuitamente, così mortalmente.

Oggi confesso che se Gesù è una fantasia è la più bella di tutte e non voglio mai svegliarmi da quel bel sogno, che è diventato la mia speranza. Non voglio, come tanti, pensare a quanto sia pesante la vita, ma a quanto è meraviglioso vivere per Lui e attraverso di Lui nel modo in cui ha vissuto per me.

Non ci credi? Dio non ha problemi con quelli che non credono, perché non ne hanno colpa. Il problema è quando chiudi la tua mente alla verità, all'evoluzione, a crescere, quando credi che il cervello sia un monolito che può solo registrare innumerevoli concetti scolastici. Non perdi nulla con Gesù, non toglie nulla e dà invece tutto. È meraviglioso innamorarsi di lui. Quando accade, non chiameremo più “amore” qualsiasi cosa che ci vorranno offrire come orpello.

Chi conosce il suo amore non si accontenta più delle briciole. Non siamo stati creati per frugare nei cassonetti dell'immondizia per estrarre gli affetti che ciascuno spreca di sé. Gesù non è un “avanzo”, è il piatto forte.
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PRINCIPI NON NEGOZIABILI NON SONO ''VALORI'' INDEFINITI, MA PRINCIPI FONDANTI IL BENE COMUNE

9/4/2014

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Sono ''non negoziabili'' perché legati alla natura umana: la Chiesa ne riconosce tre fondamentali (vita, famiglia, libertà di educazione)
di Stefano Fontana

Spesso si parla di "valori" non negoziabili anziché di "principi" non negoziabili, ma si tratta di un errore di impostazione. 
Principio vuol dire fondamento e criterio. Il principio è l'elemento che regge e illumina un certo ambito, tiene insieme le cose e le indirizza al loro fine. Cos'è, invece, un valore? Una cosa ha valore quando è apprezzabile. La vita è apprezzabile, ma anche l'aria pulita o la buona cucina. Essere un valore non vuol dire anche essere un principio. Ciò non toglie che un valore possa essere anche un principio. La vita umana, per esempio, è un valore ma è anche un principio, in quanto è in grado di illuminare con la sua luce l'intera vita sociale e politica. Se si offusca il rispetto della vita non si offusca solo un valore, ma anche altri valori ed altri aspetti della vita che quel principio illumina. 
Il bene comune non è un insieme di valori aventi tutti lo stesso peso, ma è un insieme ordinato. Ciò vuol dire che qualche valore ha una funzione arichitettonica, ossia indica i fondamenti del bene comune e, così facendo, illumina di senso anche tutti gli altri. Senza un criterio non c'è bene comune ma somma di beni particolari e questo criterio ci proviene dai principi non negoziabili. 
Vediamo ora cosa significa "non negoziabile". Se si tratta di principi, ossia se sono qualcosa che viene prima e che fonda, essi non dipendono da quanto viene dopo ed hanno valore di assolutezza, non sono disponibili. Non sono negoziabili perché assoluti e sono assoluti perché sono dei principi. Si torna così a vedere l'importanza della distinzione tra principi e valori. 
I principi non negoziabili, quindi, sono tali in quanto precedono la società. E da dove derivano? Essi sono non negoziabili perché radicati nella natura umana. Proprio perché fanno tutt'uno con la natura umana, non possono essere presi a certe dosi, un po' sì e un po' no: o si prendono o si lasciano. Questa è vita umana o non lo è. Questa è famiglia o non lo è. I principi non negoziabili demarcano l'umano dal non umano e quindi sono il criterio per una convivenza umana.
Da un altro punto di vista, però, essi non sono propriamente dei principi primi, perché non sono capaci di fondarsi da soli. Come abbiamo visto, essi si basano sulla natura umana, ma la natura umana su cosa si fonda? I principi non negoziabili esprimono un ordine che rimanda al Creatore. 
Se non esistono principi non negoziabili la ragione non trova un ordine che rinvia al Creatore. Essa non incontra più la fede e la fede non incontra più la ragione. Ciò significa l'espulsione della religione dall'ambito pubblico. La vita sociale e politica sarebbe solo il regno del relativo. Cosa ci starebbe a fare la fede in un simile contesto? Dio si sarebbe scomodato a parlarci per aggiungere la sua opinione alle nostre? 

QUALI SONO
Precisare quali sono i principi non negoziabili è di fondamentale importanza. I testi fondamentali del magistero sono tre. 
Al paragrafo 4 della Nota dottrinale su alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica Congregazione per la Dottrina della Fede (24 novembre 2002) sono indicati i seguenti principi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di educazione, tutela sociale dei minori, libertà religiosa, economia a servizio della persona, pace. 
Nell'Esortazione apostolica post sinodale Sacramentum caritatis sull'Eucaristia del 22 febbraio 2007 (par. 83), Benedetto XVI cita vita, famiglia e libertà di educazione a cui aggiunge il bene comune.
Nel Discorso ai Partecipanti al Convegno del Partito Popolare Europeo del 30 marzo 2006, Benedetto XVI elenca vita, famiglia e libertà di educazione.
Tre principi sono sempre presenti e sempre collocati all'inizio di ogni elenco, in posizione quindi eminente; vita, famiglia e libertà di educazione. Hanno quindi un carattere fondativo: nessun altro dei principi successivi può essere né adeguatamente compreso né efficacemente perseguito senza di essi, mentre non accade il contrario. E' possibile, per esempio, garantire la tutela sociale dei minori se ai minori si impedisce di nascere? Inoltre che quei tre principi ci pongono davanti a degli assoluti morali, ossia ad azioni che non si devono mai fare in nessuna circostanza. Per gli altri principi elencati nella Nota del 2002 non è così. Per esempio, essa annoverava tra i principi non negoziabili anche una "economia a servizio della persona". Tuttavia, per perseguire la piena occupazione le strade possono essere diverse. Nel caso, invece, dei tre principi di cui ci stiamo occupando, non ci sono strade diverse. 
C'è solo un altro principio tra quelli elencati nella Nota del 2002 che potrebbe contendere il "primato" a questi tre: il principio della libertà di religione. Però il diritto alla libertà religiosa non è assoluto, in quanto vale solo dentro il rispetto della legge di natura, il cui rispetto è fondamentale per il bene comune. Professare e praticare una religione che contenga elementi contrari alla legge naturale non può essere un diritto né avrebbe titolo morale per un riconoscimento pubblico. 
Da questa considerazione deriva che se mancano i primi tre principi, tutto l'elenco viene meno, mentre se ci fossero solo i primi tre, ci sarebbe già il nucleo portante di tutto il discorso. 

PRINCIPI NON NEGOZIABILI ED OBIEZIONE DI COSCIENZA
Poiché la politica assume sempre di più l'arroganza di contrastare i principi non negoziabili l'obiezione di coscienza oggi è sempre di più un problema politico e non solo morale.
Fanno obiezione di coscienza i farmacisti, che non vogliono vendere la pillola del giorno dopo in quanto ha effetti abortivi, le ostetriche e i medici che non vogliono collaborare nel praticare aborti, anche se la legge lo permette, gli impiegati comunali, che non vogliono registrare le coppie omosessuali negli appositi registri pubblici o che non vogliono celebrare pubblicamente matrimoni che tali non sono, molti insegnanti che non vogliono piegarsi all'ideologia del gender, i genitori, quando decidono di non far partecipare i propri figli a distruttivi corsi scolastici di educazione sessuale, i lavoratori che non rinunciano al loro diritto di esibire un segno religioso quando sono in servizio, mentre l'amministrazione da cui dipendono lo vieta, le infermiere, quando reagiscono al divieto dell'amministrazione sanitaria di confortare religiosamente i morenti, invitano all'obiezione di coscienza in Vescovi americani contro la riforma sanitaria di Obama, fanno obiezione di coscienza gli operatori del consultori della Toscana dove adesso dovranno anche somministrare la pillola abortiva. Ci sono persone che perdono il posto di lavoro per la fedeltà ai principi non negoziabili.
Ora, mi chiedo, perché questo non dovrebbe valere in politica? Perché in politica si dovrebbe comunque arrivare ad un compromesso? E per questo compromesso in politica si dovrebbe anche dimostrare rispetto e deferenza, lodando la persona che è scesa a mediazione come un esempio di saggezza, prudenza e perfino coraggio?
La cosa è ancora più evidente se la si esamina dal punto di vista della testimonianza. Quante volte si dice che il cattolico è in politica per dare una testimonianza. Però, se non esiste la possibilità del sacrificio, se non c'è mai nessun "no" da dire a costo di perdere qualcosa, la testimonianza come si misura? Il vero uomo politico è colui che sa anche rinunciare alla politica. Si è uomini prima e dopo la politica. E' questo che dà senso alla politica stessa. Se tengo aperto il campo della mia umanità tramite una fedeltà alla retta coscienza che giudica la stessa politica, faccio respirare anche la politica. Molti dicono: non si deve abbandonare il campo (per esempio con le dimissioni) perché in questo modo lo si lascia agli altri e si recede dalla doverosa lotta politica. Ma la politica la si può fare in tanti modi e in tanti luoghi. Senza contare che, anche un eventuale atto di dimissioni per motivi di coscienza sarebbe già un atto politico, denso di possibili conseguenze politiche imprevedibili in quel momento. 
E' evidente che l'obiezione di coscienza in politica è possibile se in politica si danno principi non negoziabili. L'esistenza dei principi non negoziabili rende libere la nostra coscienza e la politica. Ecco perché oggi c'è la necessità di insistere sui principi non negoziabili in ordine alla obiezione di coscienza in campo politico. Da essa dipende il collegamento della politica con il prima che la precede e la fonda.
In questo modo la politica è costretta a fare i conti con la modernità. Questa, infatti, ha annullato il "prima" e ha preteso di cominciare da zero, nella forma del contratto sociale. Però della modernità fa parte anche Tommaso Moro, che nel 2000 Giovanni Paolo II ha proclamato Protettore dei governanti e dei politici cattolici. 
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«Così io, atea, ho costretto la Chiesa a riconoscere un miracolo». Intervista a Jacalyn Duffin, scienziata “eretica”

8/4/2014

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Parla l’ematologa le cui analisi “decisero” la canonizzazione della prima santa canadese. «Non è la Chiesa che allontana la scienza, sono gli scienziati che hanno eretto un muro artificiale tra loro e la Chiesa. Perché sono ignoranti»

«Adesso che ho finito il lavoro potete dirmelo: si tratta di una causa legale o di un miracolo?». Jacalyn Duffin non avrebbe mai pensato di sentirsi rispondere: «Un miracolo». Lei, scienziata, atea, aveva sempre creduto nella «verità della storia, in un ordine naturale». Non poteva immaginarsi che «la Chiesa prestasse attenzione alla scienza» e sotto sotto condivideva l’opinione della maggior parte degli altri medici: «La religione è solo superstizione, la medicina invece è vera». Ma è proprio la scienza che ha portato Jacalyn a sostenere una posizione che «fa diventare matti tutti i miei colleghi: io sono una scienziata atea e credo nei miracoli». “E”, non “ma”, perché la contraddizione ai suoi occhi non c’è.

Per capire come Jacalyn, 63 anni, medico ematologo e storica canadese, docente di medicina alla Queen’s University, autrice di cinque libri di cui due scritti «analizzando più di 1.400 miracoli contenuti negli Archivi Vvaticani», sia arrivata a sostenere una posizione così “eretica” agli occhi dei suoi contemporanei bisogna ripercorrere gli eventi della sua vita che non aveva «pianificato» e l’incredibile ed «estremamente insolito» ruolo che lei, scienziata atea, ha avuto nella canonizzazione del primo santo del Canada nel 1990: Marie-Marguerite d’Youville. Un’esperienza che «mi ha cambiato la vita».

Santi e miracoli: non sembra affare da scienziati. Cosa l’ha spinta ad occuparsene?
Il mio amore per la scienza, anche se il modo in cui ci sono arrivata non è comune.

Lei è un medico o uno storico?
Mi sono laureata in medicina e specializzata in malattie del sangue. Quando ho perso il mio primo marito, mi sono risposata con un diplomatico e l’ho seguito a Parigi. Mi annoiavo tremendamente e così, non potendo esercitare in Francia la mia professione, ho preso un dottorato alla Sorbona in storia della medicina. Quando siamo tornati in Canada, però, volevo riprendere a fare il medico ma gli ospedali dicevano: «Hai studiato storia, potresti uccidere qualcuno».

Addio carriera medica, quindi?
Niente affatto, io mi fiondavo in ospedale appena c’era una conferenza e cercavo di intervenire sempre: volevo fargli vedere che ero intelligente. Sapevo fare il mio lavoro e volevo dimostrarlo, anche se intanto l’università di Ottawa mi aveva offerto un post-dottorato.

Quando è arrivata la grande occasione?
Un giorno una collega ematologa mi ha chiesto di leggere dei vetrini di midollo osseo: «Non posso dirti niente su questo caso, solo che serve una seconda opinione di un testimone cieco». Cioè di un medico che analizza i dati senza sapere niente del caso. Io non ho accettato perché avessi già fatto queste cose ma perché volevo fargli vedere che ero capace e speravo mi assumessero. Ma non sapevo a cosa andavo incontro.

Perché?
Pensavo che avrei dovuto analizzare qualche vetrino, invece erano più di 300, senza contare gli esami del sangue. Mi sono messa sotto e ho visto che il paziente aveva la leucemia mieloide acuta, cioè il peggior tipo di leucemia esistente, che in media uccide in 18 mesi. Fin dal primo vetrino ho pensato che il paziente doveva essere morto: era il 1986 e quegli esami risalivano al 1978. Ma il midollo osseo raccontava un’altra storia.


Gli esami mostravano che la leucemia era stata curata ed era andata in remissione. Questo già era incredibile, ma non impossibile. Dopo quattro mesi la leucemia è tornata, aggressiva come prima, e a questo punto la Bibbia degli ematologi parla chiaro: se la leucemia torna, dopo essere andata una volta in remissione, il paziente è spacciato. Questo dice la scienza, e non è mai stata contraddetta. Per cui sapevo che il paziente doveva essere morto ma i vetrini indicavano una seconda incredibile remissione e l’ultimo disponibile mostrava un midollo osseo perfetto. Allora ho pensato: «Peccato, sarà morto mentre era in remissione». Le medicine che si prendono per non far tornare la leucemia, infatti, possono causare infezioni. Il quadro allora mi si è chiarito: la famiglia del paziente aveva denunciato il medico perché il loro caro era morto nonostante avesse superato in modo inusuale la malattia e il medico, durante il processo, aveva chiesto le analisi di un testimone cieco per dimostrare che aveva agito nel migliore dei modi.

Quando ha scoperto che si trattava di tutt’altro?
Quando ho finito il mio lavoro, l’ho consegnato alla mia collega e le ho detto: «Allora, è una causa legale o un miracolo?». Quando mi ha risposto che era un miracolo e che la paziente, otto anni dopo, era ancora viva non potevo credere alle mie orecchie.

Il Vaticano quindi aveva chiesto il suo consulto per una canonizzazione?
Niente affatto. Gli esperti del Vaticano avevano già rifiutato questo caso: per loro non si poteva parlare di miracolo perché, leggendo i vetrini, non avevano riscontrato la prima remissione ma solo la seconda. E secondo la scienza una remissione è possibile, due no. Quindi niente miracolo. Ma questo era un insulto: io sono una scienziata, nessuno può prendermi per stupida.

Cosa è successo allora?
Il Vaticano ha rifiutato il caso, i postulanti in Canada si sono infuriati, hanno fatto appello e raggiunto questo accordo: affidare i vetrini a un testimone cieco, cioè io. Una volta consegnati i miei risultati sono andata in Vaticano al processo a testimoniare con una pila di documenti e di prove. Per me era una questione di principio, di scienza.

Per lei, scienziata atea, era un miracolo e per il Vaticano no?
Come una canonizzazione ha delle regole, così anche la medicina: ci sono criteri precisi per riconoscere una remissione e una ricaduta. Il Vaticano si stava sbagliando.

Chi era stato guarito per miracolo?
Una donna canadese che dopo la prima remissione della leucemia, e la ricaduta, ha deciso di pregare Marie-Marguerite d’Youville per chiedere la grazia. Se l’hanno chiesta proprio a Marie-Marguerite è perché una zia della malata era entrata nell’ordine da lei fondato: le suore della carità di Montréal, chiamate Suore Grigie. Il bello è che la paziente non era particolarmente religiosa o praticante ma insieme a lei hanno pregato, in momenti stabiliti, la famiglia e tutte le parrocchie della città. È incredibile quante preghiere servano per un miracolo.

Alla fine l’ha spuntata lei sul Vaticano?
Certo: loro volevano la scienza e io gliel’ho data. Il 9 dicembre 1990 Giovanni Paolo II ha deciso di canonizzare Marie-Marguerite d’Youville e mi hanno invitata.

Un’atea a una Messa di canonizzazione?
E con un marito ebreo non praticante, per giunta. È il motivo per cui mi sono rifiutata: non è il mio campo quello. Ma le suore e i dottori che hanno curato la paziente, che oggi è ancora viva, hanno insistito e ho pensato: «È il primo santo del mio paese, sarei stupida a non andare». Così sono partita ed è stato stupendo, ho anche incontrato il Papa e mi ha stupito vedere quanto tutti fossero aperti. Tutto mi ha stupito di questa storia.

Che cosa in particolare?
Io non sapevo niente di un processo di canonizzazione. Mia madre era anglicana, quindi un background culturale religioso lo possiedo, ma poi sono diventata atea e pensavo che la Chiesa cattolica si accontentasse di qualcosa del tipo: «Stavo male, ho pregato e ora sono guarita. Quindi è un miracolo». Invece no, il processo è davvero tecnico: il Vaticano non vuole opinioni ma fatti e richiede che vengano messe in campo le più avanzate conoscenze scientifiche disponibili. E quando a Roma mi hanno regalato gli atti del processo, la “Positio super miraculo”, e mi hanno detto che tutto sarebbe stato schedato negli Archivi vaticani, mi sono illuminata e ho pensato: chissà quanti miracoli ci sono là dentro e chissà se sono tutti scientifici come quello con cui ho avuto a che fare. Da quel momento la mia vita è cambiata.

Come?
Innanzitutto in Canada mi hanno offerto un lavoro come ematologa ed è davvero paradossale che io sia tornata a fare il medico grazie alla Chiesa. Poi ho fatto più di 20 viaggi agli Archivi vaticani, dove ho analizzato 1.400 miracoli usati nelle canonizzazioni degli ultimi 400 anni. Tutte guarigioni di malattie fisiche. Allora ho capito che Chiesa e scienza hanno una lunga tradizione comune.

Lei da atea crede che siano avvenuti più di 1.400 miracoli?
Mi sembra di sentire molti dei miei colleghi, che mi guardano schifati dicendo: «Ah, ma allora tu credi nei miracoli?». Voglio chiarire: accadono cose inspiegabili che la scienza non può dimostrare. Le persone che hanno fede e credono in Dio sostengono che accadono per merito della preghiera. Io in questi anni ho imparato l’umiltà: se io non posso spiegare certi fatti con la scienza, chi sono per dire che non è stata la preghiera? Noi siamo molto arroganti in medicina e ci permettiamo di ignorare questi fatti, ma la scienza medica dovrebbe prestare più attenzione ai miracoli, che accadono molto spesso.

Crede che sia Dio a fare i miracoli?
Io non so spiegare perché accadono e non credo in Dio, però sono aperta alla possibilità che la causa sia Lui. Quando vado a fare le conferenze, anche a medici cattolici, c’è sempre qualcuno che mi chiede: «Ma lei a questo punto deve credere in Dio e convertirsi al cattolicesimo». Ma non è così, io sono atea.

Non ha mai pensato alla conversione?
Sì, ma poi mi sono detta: la fede in Dio è essa stessa un miracolo. Un miracolo che a me non è successo. Questa è l’unica risposta che so dare o almeno l’unica che fa desistere i detrattori che si arrabbiano con me. Io sono una persona spirituale, ho avuto un’educazione precisa ma non ho mai sentito il bisogno di andare a Messa o confessarmi. Una mia amica è tornata alla Chiesa e adesso ha ritrovato un senso e un significato per la sua vita. Posso capirla, ma per me non è lo stesso.

Lei è consapevole che oggi dire che fede e ragione, Chiesa e scienza, non sono divise è un’eresia?
Sì, e secondo me la colpa di questa ostilità è degli scienziati, che sono ignoranti. Loro dicono: «I miracoli non possono esistere, quindi non accadono». Negare i fatti in questo modo è triste e controproducente, perché avere a disposizione i vetrini di midollo osseo di leucemia che ho visionato io sarebbe una risorsa incredibile da studiare. Invece nessuno ci bada. La medicina è colpevole di ignorare la Chiesa e di avere eretto un muro artificiale per dividerla dalla scienza.

La Chiesa non ha nessuna colpa invece?
Oddio, tutta la faccenda di Galileo non è che abbia aiutato molto. Ma poi hanno anche chiesto scusa. Le persone religiose non vedono alcuna contraddizione nel fatto che il Vaticano consulti gli scienziati per capire se un miracolo è tale. Per loro anche la capacità di fare scienza è un dono di Dio. E se lo scienziato in questione è ateo, tanto meglio: nessuno potrà dire che non è indipendente.

Come è cambiata la sua vita dopo questa esperienza?
Io non ho pianificato niente di quanto mi è accaduto. Prima di tutto, sto diventando una storica della religione e neanche in 100 milioni di anni l’avrei mai immaginato. La mia identità è cambiata, sono più umile e sono migliorata anche nel lavoro: ho imparato ad ascoltare di più i miei pazienti, ci sono cose che mi dicono che prima non ascoltavo perché pensavo solo alla malattia e a nient’altro. Ora guardo di più alla persona, è cambiata la mia identità come dottore. Ed è diverso anche il mio atteggiamento verso la Chiesa.

Lei suona l’organo, un’attività sospetta.
Mia madre guidava il coro in chiesa, amava la musica. Anche mio nonno cantava nel coro e suonava l’organo. Io adoro la musica della Chiesa ma mi fermo lì. Infatti non sono brava a suonare.



Leggi di Più: Intervista a Jacalyn Duffin, la scienziata atea dei miracoli | Tempi.it 
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L’arcivescovo di Torino contro le schede lgbt del Comune: insegnanti e genitori si oppongano all’ideologia del gender

3/4/2014

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L’arcivescovo stigmatizza l’uso strumentale delle citazioni bibliche. E invita i cattolici a «vigilare perché sul tema della sessualità a scuola si proceda sempre e soltanto con il permesso esplicito delle famiglie»

L’arcivescovo di Torino e vicepresidente della Cei, Cesare Nosiglia, è intervenuto sul settimanale diocesano La voce del popolo a proposito delle schede lgbt apparse (poi rimosse e poi di nuovo riapparse) sul sito del Comune di Torino. Come sapete, il caso, sollevato da tempi.it, era stato al centro di un’interpellanza da parte del consigliere Silvio Magliano (Ncd), poi duramente attaccato dalle associazioni gay. Di seguito riportiamo l’intervento dell’arcivescovo.

La lettura ideologica del “genere” è una vera dittatura che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni»: è questo un passaggio della prolusione del presidente della Conferenza Episcopale Italiana al recente Consiglio episcopale permanente che critica l’iniziativa di tre opuscoli – destinati rispettivamente alla scuola primaria, alla scuola secondaria di primo e secondo grado – intitolati «Educare alla diversità a scuola» e recanti linee-guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze.

Il confronto all’interno del Consiglio Permanente ha messo in risalto la preoccupazione dei vescovi per forzature che rischiano di colpire pesantemente la famiglia, di associare in maniera indebita religione e omofobia, di presentare come pacifico l’assunto circa l’indifferenza della diversità sessuale dei genitori per la crescita del figlio e di spingere verso il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso. «I vescovi – si dice ancora nella prolusione – avvertono la necessità di investire con generosità e rinnovato impegno nella formazione, risvegliando le coscienze di genitori, educatori, associazioni, consulte di aggregazioni laicali e istituzioni di ispirazione cristiana in merito a quella che si rivela una questione antropologica di rilevante urgenza».

Stiamo assistendo a una discriminazione al «contrario». Il modo in cui le citazioni della Bibbia sono presentate, orienta infatti a giudicare negativamente – e dunque a condannare – proprio chi segue tali insegnamenti, che vengono sottoposti a un’interpretazione strumentale e ideologicamente unilaterale, distorti nello spirito come nella sostanza. Va ricordato che la Bibbia rappresenta per tutte le Chiese e confessioni cristiane un testo sacro che contiene la rivelazione di Dio stesso per il bene dell’umanità. Il rispetto dovuto a questi credenti che rappresentano una parte rilevante dei cittadini di Torino esige che nell’affrontare i testi sacri sia dell’Antico come del Nuovo Testamento si presti molta attenzione alla loro corretta interpretazione come migliaia e migliaia di studiosi di tutti i tempi ci hanno offerto nelle loro opere.

La Bibbia è anche il Libro fondamento della cultura europea e fonte di ispirazione non solo spirituale ma civile e sociale del suo percorso storico e per molti anche attuale. La strumentale e ideologica interpretazione che le domande di alcune schede, preparate dall’assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Torino e proposte come serie e motivate  in una scuola che della  cultura deve fare il suo primo obiettivo di qualità e scientificità, sono segno di ignoranza e risultano improponibili non solo nella prospettiva dei credenti ma ancor più in quella della laicità che è tenuta a rispettare la libertà religiosa dei cittadini.

Di fronte a tale strumentalizzazione del testo sacro, qualora le schede relative alla omofobia che parlano della omosessualità nella Bibbia vengano offerte agli studenti insieme alle altre, è necessario che gli insegnanti di religione si facciano carico di spiegare in modo approfondito agli alunni il significato dei brani biblici indicati, sottolineando la superficialità delle domande che le schede propongono. Infine si richiamano le famiglie con figli nelle scuole di ogni ordine e grado a vigilare perché sul tema della sessualità a scuola si proceda sempre e soltanto con il permesso esplicito delle famiglie stesse, dopo che esse siano state compiutamente informate delle modalità didattiche e dei contenuti che verrebbero proposti.

Tocca infatti previamente a loro – primi responsabili educatori dei propri figli – esercitare il diritto di approvare o meno ogni insegnamento in materia di sessualità che riguarda aspetti di grande rilevanza educativa per i ragazzi e giovani.
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LE PAROLE PIÙ BELLE PER SPIEGARE PERCHÉ LA COMUNIONE IN BOCCA È MEGLIO CHE SULLA MANO

1/4/2014

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Un passaggio da leggere del discorso pronunciato il 4 ottobre 2005 da monsignor Jan Pawel Lenga, allora arcivescovo di Karaganda in Kazakhstan, al Sinodo dei Vescovi sull'Eucarestia:

«Non posso dimenticare quelle scene commoventi dai tempi della persecuzione della Chiesa [in Polonia ai tempi del comunismo n.d.r.], quando in piccolissime stanze riempite di fedeli durante la S. Messa, bambini, anziani e malati si mettevano in ginocchio ricevendo con riverenza edificante il corpo del Signore. Tra le innovazioni liturgiche apportate nel mondo occidentale, ne emergono specialmente due che oscurano in un certo modo l'aspetto visibile dell'Eucaristia riguardante la sua centralità e sacralità; queste sono: la rimozione del tabernacolo dal centro e la distribuzione della comunione sulla mano. Quando si rimuove il Signore eucaristico, "l'Agnello immolato e vivo", dal posto centrale e quando nella distribuzione della comunione sulla mano si aumenta innegabilmente il pericolo della dispersione dei frammenti, delle profanazioni e dell'equiparazione pratica del pane eucaristico con il pane ordinario, si creano condizioni sfavorevoli per una crescita nella profondità della fede e nella devozione. La comunione sulla mano si sta divulgando e persino imponendo maggiormente come una cosa più comoda, come una specie di moda. Non siano in primo luogo gli specialisti accademici, ma sia l'anima pura dei bambini e della gente semplice ad insegnarci il modo con cui dovremmo trattare il Signore eucaristico. Vorrei fare quindi umilmente le seguenti proposizioni concrete: che la Santa Sede stabilisca una norma universale motivata, secondo la quale il modo ufficiale di ricevere la comunione sia quello in bocca ed in ginocchio; la comunione sulla mano sarebbe riservata invece al clero. Che i vescovi dei luoghi dove è stata introdotta la comunione sulla mano si adoperino con prudenza pastorale a ricondurre gradualmente i fedeli al rito ufficiale della comunione, valido per tutte le chiese locali».
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