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L'UNITA' E' POSSIBILE SOLO NELLA VERITA'

17/1/2019

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Inizia venerdì 18 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2019) che quest’anno ha come filo conduttore il versetto del libro del Deuteronomio 16,18-20 Cercate di essere veramente giusti, che è stato scelto dai cristiani di Indonesia.

18-25 Gennaio 2019
Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
L'UNITA' E' POSSIBILE SOLO NELLA VERITA'

 
La Chiesa sta vivendo una situazione di crisi che non credo abbia precedenti nella sua bimillenaria storia, perché non stiamo assistendo solo ad eventi riprovevoli, se non scandalosi, frutto della debolezza dell’uomo – che è peccatore, non scordiamocelo – ma addirittura vediamo messi in discussione gli stessi principi fondamentali, e la casa costruita sulla roccia sembra sempre più costruita sulla sabbia. Una pastorale sempre più confusa, un’ansia di “apertura al mondo” portano inevitabilmente anche alla confusione sulle basi dottrinali. Il solo porsi determinate domande (un esempio per tutti: la Comunione ai divorziati risposati) è già un segnale gravissimo, perché non si possono porre domande su ciò che è per sua natura indiscutibile.

Sul fronte pro-life non da oggi si scontrano due posizioni: quella della difesa della Vita “senza compromessi” e quella di chi afferma, e si presume e si spera che lo faccia in buona fede, la possibilità di aperture, collaborazione, dialogo con un mondo che ha già dimostrato nei fatti la feroce avversione alla vita. Già mesi fa mi capitava di scrivere un articolo sulla confusione che poteva nascere da certe “classificazioni” dell’abortismo (libertario, umanitario, ecc.), laddove l’abortismo, se anche teorizzasse l’uccisione di un solo innocente, è una dottrina perversa, né è possibile alcun dialogo con chi la professa.

Una posizione di difesa della vita “senza compromessi” comporta ovviamente anche una capacità di riconoscimento della realtà, per quanto ciò possa risultare sgradevole. E la realtà ci dice che, purtroppo, non solo da parte di politici (che pur si dichiarano cattolici) ma anche da parte di tanti Pastori non ci si può aspettare un vero aiuto. Anzi, spesso è accaduto di trovare in essi dei veri ostacoli.

La Provvidenza però non abbandona mai e giustamente si è da più parti sottolineato che il “Popolo della Vita”, quello che è stato protagonista della grande crescita, anno per anno, di iniziative come la Marcia Nazionale per la Vita, è nato “dal basso”, ossia dal risveglio di quei sani sentimenti popolari che, ringraziando il Signore, non muoiono nemmeno nei tempi più bui della Storia. Molte volte nella Storia il popolo si è mostrato custode fermo e sicuro di ciò che i Pastori stessi sembravano aver dimenticato.

In questa situazione di oggettiva difficoltà, di Chiesa allo sbando, di messaggi contradditori, è naturale che sorgano discussioni sulle modalità, sulle strategie, su ciò che insomma sia meglio fare per affermare e difendere i principi non negoziabili. Discussioni sulle modalità, sulle azioni, che divengono molto pericolose se scivolano sul piano inclinato delle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi che si devono affermare e difendere. Per tornare all’esempio di prima, se io metto in discussione il fatto di consentire o meno a un divorziato risposato di ricevere la S. Comunione (e magari lo faccio per un malinteso spirito di “carità), metto in discussione la stessa Dottrina della chiesa sul matrimonio indissolubile.

Per tornare al fronte pro-life, è naturale, ma anche doveroso, che io esprima il mio dissenso verso quelle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi fondamentali, ossia la difesa assoluta della Vita, senza alcun compromesso. La più piccola smagliatura nella rete porta prima o poi allo sfascio della rete.

Discussione sui metodi, quindi. Doverosa e utile per individuare, con spirito fraterno, le strategie migliori per lottare contro un mondo il cui principe, non scordiamocelo, lavora per la distruzione. Ma se di fatto si mettono in discussione anche i principi, se lo spirito fraterno viene meno, se la discussione scade nello scontro personale, è allora altrettanto inevitabile e doveroso assumere posizioni chiare e nette e, ove necessario, dissociarsi da chi oltretutto fa attacchi personali. Perché, parliamoci chiaro, lo stesso fatto di far cadere la discussione negli attacchi personali dimostra che la difesa dei principi non negoziabili è comunque in secondo piano rispetto alle proprie ambizioni, ai risentimenti, alla vanità.

In questa situazione, per tornare al titolo di questo articolo, le esortazioni all’unità, alla concordia, sono tanto belle quanto fuori luogo, perché solo nella Verità, ovvero nel non transigere mai sui principi, si possono esercitare la carità e lo spirito fraterno. Esiste una gerarchia dei valori; se la capovolgiamo ci mettiamo sulla strada rovinosa di un umanitarismo senza basi. Diventiamo come quella tale casa costruita sulla sabbia.

Nella gran confusione in cui si vive, una delle parole il cui significato è stato di più stravolto è senza dubbio la parola “ecumenismo”. Il falso spirito ecumenico ci porta alla rovina, perché ci illude. La Verità per sua natura è una sola,e solo aderendo ad essa si può arrivare poi al dialogo, al confronto, alla discussione costruttiva.

Per concludere, cerchiamo di essere il più chiari possibile: tra i fedeli deve senza dubbio regnare la concordia; senza dubbio la divisione è opera del demonio. Ma la concordia è possibile solo nella Verità. 

Altrimenti si usano parole di contrabbando, si predicano atteggiamenti che non sarebbero più di carità, bensì di remissività, di resa al mondo.

Ci sono fatti e atteggiamento che è impossibile non vedere. Di fronte ad essi la critica severa non è “divisiva” (parola venuta di gran moda). È semplicemente doverosa.

Paolo Deotto scrive 
e NAZARETH FAMIGLIA DI DIO sottoscrive
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L'ORIGINE PAGANA DEL NATALE, UNA LEGGENDA

11/1/2019

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L’origine pagana del Natale, una leggenda. 
Lo storico W.J. Tighe spiega che il culto pagano del Sol Invictus venne istituito da Aureliano nel 274 d.C., dopo che i cristiani indicarono nel 25 dicembre la nascita di Gesù. Furono i pagani a copiare dai cristiani.
di William J. Tighe docente di Storia presso il Muhlenberg College (Pennsylvania)
 

 
Anche molti cristiani credono che il cristianesimo celebri la nascita di Cristo il 25 dicembre perché i Padri della Chiesa si sarebbero appropriati della data di una festa pagana, quella del Sol Invictus. Pochi danno reale importanza a questo fatto, tuttavia è interessante sapere che la scelta del 25 dicembre è il risultato dei tentativi dei primi cristiani di indicare la data della nascita di Gesù basandosi su calcoli del calendario che non avevano nulla a che fare con le feste pagane.

Avvenne piuttosto il contrario. La festa pagana del Sol Invictus fu istituita dall’imperatore romano Aureliano il 25 dicembre 274, quasi certamente un tentativo di creare un’alternativa pagana ad una data che già godeva di una certa importanza per i cristiani romani. Per questo “le origini pagane del Natale” sono un mito senza fondamenta storiche.

 
Origini pagane del Natale, da chi arriva questa tesi?
L’idea che la data sia stata “rubata” ai pagani risale a due studiosi tra la fine del 17° e l’inizio del 18° secolo. Il primo è Paul Ernst Jablonski, un protestante tedesco, il quale intendeva dimostrare che la celebrazione della nascita di Cristo del 25 dicembre era una delle tante “paganizzazioni” del cristianesimo che la Chiesa del IV secolo aveva adottato, come una delle tante “degenerazioni” che avrebbero trasformato il puro cristianesimo apostolico in cattolicesimo. L’altro è Dom Jean Hardouin, un monaco benedettino, il quale invece cercò di dimostrare che la Chiesa cattolica aveva adottato feste pagane per scopi cristiani, senza paganizzare il Vangelo. Nel calendario giuliano, creato nel 45 a.C. sotto Giulio Cesare, il solstizio d’inverno cadeva il 25 dicembre e, pertanto, Jablonski e Hardouin trovarono chiaro che questa data doveva necessariamente contenere un significato pagano prima che venisse cristianizzata.

Eppure tale data non aveva mai avuto alcun significato religioso nel calendario festivo pagano in tempi precedenti ad Aureliano, ed il culto al solenon giocò mai un ruolo importante a Roma prima del suo arrivo. C’erano due Templi del sole a Roma. Uno di essi (gestito dalla famiglia in cui Aureliano nacque o venne adottato) celebrava la sua festa di consacrazione il 9 agosto, mentre nell’altro si festeggiava il 28 agosto. Tuttavia, entrambi questi culti caddero in disuso nel II° secolo, quando i culti solari orientali -come il mitraismo-, iniziarono a guadagnare adepti a Roma. In ogni caso, nessuno di questi culti, vecchi o nuovi che fossero, aveva festività legate a solstizi o equinozi.

 
Festa del Sol Invictus nacque dopo il Natale cristiano.

Quello che realmente accadde fu che Aureliano, che governò dall’anno 270 fino al giorno del suo omicidio nel 275 d.C., promosse (com’è ben documentato) l’istituzione della festa del Sol Invictus come tentativo di unificare i vari culti pagani dell’Impero Romano attorno ad una commemorazione della “rinascita” annuale del sole. Ostile al cristianesimo, Aureliano guidò un impero che stava avanzando verso il collasso, a causa di sconvolgimenti interni, ribellioni nelle province, declino economico e ripetuti attacchi delle tribù germaniche nel nord e dell’Impero persiano nell’est. La sua scelta cadde sul 25 dicembre, quando la luce del giorno comincia ad allungarsi e l’oscurità ad accorciarsi, un simbolo profetico della “rinascita” o dell’eterno ringiovanimento dell’Impero Romano, favorito dalla perseveranza nel culto degli dei la cui tutela (come credevano i romani) aveva portato Roma alla gloria. Se la nuova festa poteva anche sovrapporsi alla celebrazione cristiana, ancora meglio.

È vero che la prima notizia di una celebrazione cristiana della Natività a Roma, nel giorno del 25 dicembre, risale a pochi anni dopo Aureliano, nel 336 d.C.. Ma ci sono prove provenienti dall’Oriente greco e dall’Occidente latino che mostrano come i cristiani hanno cercato di individuare la data della nascita di Cristo molto prima che iniziassero a celebrarla in modo liturgico. Un chiaro esempio è quello di Sesto Giulio Africano, uno scrittore cristiano che nel 221 d.C., nella sua Chronographiae, scrive che Gesù si è incarnato (fu concepito) il 25 marzo (così, evidentemente, nacque nove mesi dopo, il 25 dicembre). Sesto Giulio Africano scrive mezzo secolo prima della creazione della festa del Sol Invictus da parte dell’imperatore Aureliano,

Occorre anche ricordare una credenza che sembra essersi diffusa nel giudaismo al tempo di Cristo, ma che non coinvolse tutti i cristiani. Riguarda “l’età integrale” dei grandi profeti ebrei, ovvero l’idea che i profeti di Israele siano morti nella stessa data della loro nascita o concepimento. I primi cristiani applicarono questa idea a Gesù, partendo dal fatto che il 25 marzo (o il 6 aprile) non era solo la data della morte di Gesù, ma anche quella del suo concepimento. Vi sono infatti alcune prove che almeno alcuni cristiani nel I° e nel II° secolo consideravano il 25 marzo o il 6 aprile la data della nascita di Cristo, ma -come già detto- la prima data prevalse rapidamente come il giorno del concepimento di Cristo. Ed è in questo giorno, il 25 marzo, che i cristiani ancora oggi commemorano quasi universalmente la festa dell’Annunciazione, cioè quando l’Arcangelo Gabriele portò alla Vergine Maria l’annuncio. Quanto dura una gravidanza? Nove mesi. Se contiamo nove mesi a partire dal 25 marzo, si arriva al 25 dicembre. Se invece si parte dal 6 aprile, si arriva al 6 gennaio, giorno dell’Epifania. Gli Armeni sono gli unici tra le antiche chiese cristiane che ancora oggi celebrano la nascita di Cristo, l’Adorazione dei Magi ed il battesimo il 6 gennaio.

 
Comunque sia, il 25 dicembre come data della nascita di Cristo non è affatto in debito con influenze pagane. Andrebbe meglio studiato se sia stata la data esatta della nascita di Gesù di Nazareth, ma è certamente nata dagli sforzi dei primi cristiani latini di individuare la data storica della morte del Salvatore. D’altra parte, la festa pagana del Sol Invictus istituita dall’imperatore Aureliano in quella data, nell’anno 274 d.C., avvenne successivamente e non fu solo uno sforzo per usare il solstizio d’inverno con l’obiettivo di una dichiarazione politica, ma, quasi certamente, fu anche un tentativo di dare un senso pagano ad una data importante per i cristiani romani. A loro volta, i cristiani si riferiranno in seguito, in memoria della nascita di Gesù, all’ascensione del “Sole della salvezza” o del “Sole della giustizia”.
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