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CON IL PAPA LA CEI ATTACCA SU DIVORZIO, GAY E GENDER

21/5/2015

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Con il Papa la Cei attacca su divorzio, gay e gender
di Matteo Matzuzzi

Nel suo breve intervento di lunedì pomeriggio, in apertura della 68°Assemblea Generale della Conferenza episcopale italiana che si tiene nell'Aula Nuova del Sinodo fino a giovedì mattina, il Papa aveva esortato i vescovi, «come buoni pastori», a «uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l'identità e la dignità umana». Ieri mattina, è su questo punto che si è soffermata principalmente la ben più corposa Prolusione del cardinale Angelo Bagnasco (per il testo integrale clicca qui). 

Dopo aver ricordato il cruciale appuntamento del prossimo novembre, quando a Firenze si terrà il Convegno ecclesiale decennale (“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” è il tema), e aver speso parole riguardo la catastrofe sismica in Nepal, l'arcivescovo di Genova ha preso spunto dalla riforma della scuola in discussione per dire «no a una scuola dell'indottrinamento e della colonizzazione ideologica». Auspicando un «sistema italiano della pubblica istruzione nel quale sia la scuola statale sia le scuole paritarie vengano riconosciute a pieno titolo pubblico servizio», Bagnasco ha ricordato che «tra le modifiche approvate in Commissione al testo in questione vi è quella che prevede l'insegnamento della parità di genere in tutti gli istituti». Nient'altro che «l'ennesimo esempio di quella che Papa Francesco ha definito “colonizzazione ideologica”». 

Qui il presidente della Cei ha ricordato quanto il Pontefice disse nella conferenza stampa aerea diritorno dalle Filippine, lo scorso gennaio: «Entrano in un popolo con un'idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un'idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura». Il fatto è che «l'educazione di genere», ha chiosato Bagnasco, «mira in realtà ad introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura». Altro punto dolente è quello che il porporato ha definito «disegno di legge delle cosiddette unioni civili e delle convivenze». A tal proposito, il presidente della Cei ha spiegato che non si tratta di discutere «le scelte individuali delle singole persone», ma di ribadire «la dottrina della Chiesa circa le situazioni oggettive, viste non solo attraverso l'occhio della fede e della Rivelazione, ma anche con l'occhio della retta ragione e dell'esperienza universale». 

Il problema del testo in discussione è che «ancora una volta conferma la configurazione delle unionicivili omosessuali in senso prematrimoniale. Tale palese equiparazione viene descritta senza usare la parola “matrimonio”, ma in modo inequivocabile», visto che s'afferma che «le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi”, “marito” e “moglie” si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso». E tale equiparazione, ha proseguito Bagnasco, «riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all'eventuale figlio del partner», ma che in seguito «sarà estesa». E presto, ha aggiunto, «sarà legittimato il riscorro al cosiddetto utero in affitto, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita».

Importante ribadire il «diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva». A questo proposito, l'arcivescovo di Genova ha voluto riportare alla memoria il discorso che meno spazio ha avuto sui media dei tanti tenuti dal Papa nella sua visita a Napoli dello scorso marzo. Nel pomeriggio, sul lungomare partenopeo, Francesco infatti disse che «la cosiddetta teoria del genere è uno sbaglio della mente umana». Concetto ribadito meno di un mese dopo in udienza generale: s'era domandato, Bergoglio, «se la cosiddetta teoria del genere non sia anche una espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa». 

Nel mirino della prolusione di Bagnasco è finito anche il divorzio breve. «Si puntava sul divorzio lampo e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi». L'interrogativo da porsi – seppur a cose ormai fatte – è se «sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli», sia «proprio un bene». Anche qui, il rimando alle parole del Papa, che sempre in udienza generale ebbe a dire (solo poche settimane fa) che «quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso e troppo grande pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio».

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IL PAPA LANCIA I LAICI NELLA MISCHIA DELLA SOCIETA': AGITE CONTRO CORRUZIONE E TEORIA DEL GENDER

19/5/2015

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IL PAPA LANCIA I LAICI NELLA MISCHIA DELLA SOCIETA': AGITE CONTRO CORRUZIONE E TEORIA DEL GENDER
di Massimo Introvigne

Il 18 maggio 2015 Papa Francesco ha aperto i lavori dell'assemblea generale della Conferenza Episcopale italiana, dedicata all'esortazione apostolica «Evangelii gaudium». Il breve intervento è stato però ricco di spunti che alimenteranno la discussione tra i presuli. Francesco ha richiamato i vescovi - senza attendere caso per caso una sollecitazione del Papa - ma anche i laici, senza attendere la richiesta o il permesso dei vescovi, a scendere in campo con decisione su due grandi problemi della società italiana: la corruzione e le «colonizzazioni ideologiche», termine che come ormai sappiamo nel linguaggio del Pontefice indica la teoria del gender. Se i pastori e i laici italiani sono timidi, o si perdono in convegni dove parlano i soliti noti e da cui escono documenti che pochissimi leggono, si condannano - ha detto il Papa - all'irrilevanza. 

In apertura, commentando il brano del Vangelo letto, che menziona i sette demoni che avevano abitato la Maddalena, il Papa ha invitato al consueto esame di coscienza: «Quando io sento questo passo del vangelo di Marco penso: ma questo ce l'ha con la Maddalena perché ci ripete che lei aveva ospitato sette demoni dentro di lei. Ma poi penso io quanti ne ho ospitati io? E rimango zitto...».

Siamo in un tempo, ha detto il Pontefice, in cui «spesso siamo accerchiati da notizie sconfortanti, da situazioni locali e internazionali che ci fanno sperimentare afflizione e tribolazione».  Non bisogna nasconderselo: è un «quadro realisticamente poco confortante». Ma, precisamente quando le difficoltà si fanno drammatiche, «la nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare contro corrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza». Ai vescovi spetta la missione «di consolare, di aiutare, di incoraggiare, senza alcuna distinzione, tutti i nostri fratelli oppressi sotto il peso delle loro croci». Lo fanno sempre? Forse no. Ma è «assai brutto», nota il Papa, «incontrare un consacrato abbattuto, demotivato o spento: egli è come un pozzo secco dove la gente non trova acqua per dissetarsi».

I vescovi dovrebbero «appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza e di saggezza». Quando sono «timidi» i vescovi italiani rischiano invece di essere «irrilevanti».

Francesco chiede in particolare più coraggio su due fronti. Il primo è quello di «sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi». Il secondo fronte implica «uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana». Nelle Filippine, a Napoli e in diverse udienze del mercoledì Francesco aveva già precisato che per «colonizzazioni ideologiche» intende il tentativo di imporre apertamente ovvero in modo subdolo la teoria del gender.

La Conferenza Episcopale Italiana produce molti documenti. Il Papa raccomanda «proposte concrete e comprensibili». Basta con i documenti che non legge nessuno, dove prevale un «aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro popolo o al nostro Paese, ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti».

Per evitare di essere autoreferenziali, il Papa chiede ai vescovi uno sforzo ulteriore per valorizzare il ruolo dei laici. È un ruolo «indispensabile». Ma se i laici non sono ascoltati, è anche perché talora non si prendono le loro «responsabilità». Se davvero i laici «hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!». Certo, i laici hanno pur sempre «la necessità del vescovo pastore». Ma il Papa formula un chiaro invito ai laici perché scendano in campo sui grandi problemi della società italiana senza trincerarsi dietro la scusa che manca l'input o il permesso dei vescovi.

Occorre che, anche nelle attività interne alla Conferenza Episcopale e alle diocesi, i vescovi siano attenti a cogliere le vere voci della comunità cristiana, senza rivolgersi sempre ai soliti noti. Troppo spesso il vescovo «organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le comunità, omologando scelte, opinioni e persone. Invece di lasciarci trasportare verso quegli orizzonti dove lo Spirito Santo ci chiede di andare».

Le difficoltà sono molte. «La sensibilità ecclesiale indebolita a causa del continuo confronto con gli enormi problemi mondiali e dalla crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana». E le vocazioni. Ma «perché - si è chiesto il Papa - si lasciano invecchiare così tanto gli istituti religiosi, monasteri, congregazioni, tanto da non essere quasi più testimonianze evangeliche fedeli al carisma fondativo? Perché non si provvede ad accorparli prima che sia tardi sotto tanti punti di vista?».

Il dialogo sulle decisioni difficili che la Chiesa italiana sarà chiamata a prendere è proseguito a porte chiuse, in attesa della prolusione del cardinale Bagnasco prevista per martedì. 
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13 MAGGIO 2015 - MADONNA DI FATIMA nell’anniversario della prima apparizione: L’ INFERNO C’E’ O NON C’E’ ?

13/5/2015

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13 MAGGIO 2015 - MADONNA DI FATIMA nell’anniversario della prima apparizione
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L’ INFERNO C’E’ O NON C’E’ ?

Due importanti testimonianze: Santa Faustina Kowalska e I tre pastorelli di Fatima

C’è un proverbio che dice: “Scherza con i fanti e lascia stare i Santi”; sulla scia di questo noi diciamo: “Ascolta i Santi e lascia stare… i fantocci!”.
Chi sono? Coloro che dicono che l’inferno non esiste o che è vuoto. Non è difficile oggi imbattersi in persone, magari anche ecclesiastici e teologi, che affermano tali cose, contro il Vangelo e il Magistero della Chiesa. Dio ci guardi dal dare retta ad essi; mettiamoci piuttosto in ascolto dei santi e dei testimoni autentici. Il 30 aprile 2000 la Chiesa ha canonizzato S.Faustina Kowalska, la suora polacca vissuta agli inizi del 1900, che ha avuto le rivelazioni di Gesù Misericordioso e che, tra l’altro, per volere di Dio un giorno, durante gli Esercizi spirituali dell’ottobre 1936, è stata accompagnata da un angelo a visitare l’inferno. Inoltre, lo stesso Pontefice Giovanni Paolo II il giorno 13 maggio 2000, a Fatima, ha beatificato i due pastorelli veggenti Francesco e Giacinta che insieme a Lucia dos Santos nel 1917 ebbero le apparizioni di Nostra Signora del Santo Rosario. A questi ultimi è stata la stessa Vergine Santissima a mostrare l’inferno durante l’apparizione del giorno 13 luglio. Ecco dunque le narrazioni dei protagonisti di queste esperienze.

TESTIMONIANZA DI S. FAUSTINA KOWALSKA

Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell’inferno. E’ un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena, è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall’ira di Dio; la quinta pena, è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio, i demoni e le anime dannate, si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena, è la compagnia continua di Satana; la settima pena, è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall’altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l’Onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l’eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun’anima si giustifichi dicendo che l’inferno non c’è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina Kowalska, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell’inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l’inferno c’è. Ora non posso parlare di questo. Ho l’ordine da Dio di lasciarlo per iscritto. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma per ordine di Dio hanno dovuto obbedirmi. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’inferno. Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato.

TESTIMONIANZA DI  LUCIA


(Suor Maria dell’Addolorata nel 1914) poi suor Maria del Cuore Immacolato OCD, circa l’APPARIZIONE del 13 LUGLIO 1917
Passati 25 anni, l’autorità ecclesiastica competente, credette giunto il momento di palesare il segreto, in gran parte almeno, per il bene delle anime e comandò alla veggente di mettere per iscritto “quanto se ne poteva attualmente rendere noto”. 
E Suor Lucia, “ottenutane licenza dal cielo e per pura obbedienza” scrisse:
“Il segreto consta di tre cose distinte”, ma intimamente connesse; “due delle quali ora esporrò”, dovendo la terza continuare - per ora – ad essere avvolta nel mistero.
“La prima cosa fu la visione dell’inferno”.
“Quando diceva le ultime parole” riferite sopra: Sacrificatevi per i peccatori..., Nostra Signora “aprì di nuovo le mani, come nei due mesi precedenti. Il fascio di luce riflesso sembrò penetrare nella terra, e noi vedemmo come un grande mare di fuoco ed in esso immersi, neri e abbronzati, demoni ed anime in forma umana, somiglianti a braci trasparenti; che trascinate poi in alto dalle fiamme, sprigionatesi dalle anime stesse insieme a nubi di fumo, ricadevano giù da ogni parte, quali faville nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, fra grida e lamenti di dolore e di disperazione, che facevano inorridire e tremare per lo spavento. (Fu probabilmente a questa vista, che io emisi quel “ahi!” che dicono di aver sentito). I demoni si distinguevano per forme orribili e schifose di animali spaventevoli e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni in bracia. “Questa vista durò un istante; e dobbiamo ringraziare la nostra buona Madre del Cielo che prima ci aveva prevenuto con la promessa di portarci in Paradiso; altrimenti, credo, saremmo morti di terrore e spavento”.
La seconda cosa riguarda la devozione all’immacolato Cuore di Maria. La veggente continua:
“Quasi a domandare soccorso alzammo gli occhi alla Madonna, che ci disse con bontà e tristezza:
Avete visto l’inferno dove vanno a finire le anime dei poveri peccatori. Per salvarli il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se si farà quello che vi dirò, molte anime si salveranno e vi sarà pace.
[Così scrive Lucia nelle redazioni del 31-08-’41 e dell’8-12-’41]

AVE MARIA!


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Basta col polsino sfilacciato di Papa Francesco: e se il vescovo di Roma fosse una persona normale?

8/5/2015

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Basta col polsino sfilacciato di Papa Francesco: e se il vescovo di Roma fosse una persona normale?

Il Papa va in visita in una parrocchia ad Ostia e il polsino di una manica della talare è liso, sfilacciato. La visita è una notizia, il polsino liso non lo è. Non è un segno. Non è un simbolo. Non è strategia di marketing spirituale. Il Papa, per fare il Papa, ha la sua faccia e la sua vita. 

Ma, sul serio, nessuno di noi è mai uscito di fretta, pensando a quello che doveva fare, poi si è accorto di avere un polsino rotto e lo ha arrotolato? No? Allora ve lo dico io: vi è successo e non ve ne siete accorti. E chi avevate davanti, se l'ha notato, vi avrà guardato con simpatia e avrà continuato ad ascoltarvi perché interessato a quello che volevate dirgli a parole, senza osservare l'orlo scucito. I messaggi subliminali lasciamoli ai guru della pubblicità. Qui c'è un padre che va dai suoi figli e pensa a loro, rimette i filetti sfuggiti dal polsino in dentro, ma poi scende dalla macchina e pensa solo a stare con loro. Sa che guarderanno il suo sorriso perché lui fa così e non ha un polsino simbolo da sventolare.

Io, se non l'avessero zoommato nella foto, il polsino sfilacciato non l'avrei mai notato. Perché, personalmente, io vorrei essere ascoltato quello che dico, non osservato per il mio vestiario. E so che lui - ed è la prima cosa che ha voluto far sapere al mondo - è come me: uno qualsiasi, uno normale, uno come tutti noi. 

L'ennesima prova è stata pochi giorni fa. Ha sbagliato la data di un incontro. Non di un'ora: di un giorno.

"Prima di tutto devo chiedere scusa, perché questo incontro era previsto per domani, e credo che voi abbiate dovuto fare tanti cambiamenti e anche con difficoltà, nei trasporti, nei mezzi di trasporto. Vi chiedo scusa, davvero! C'è stata una confusione. Voi sapete che il Papa è infallibile quando fa definizioni dogmatiche, cosa che si fa ma raramente. Ma anche il Papa ha i suoi difetti e con i suoi difetti non c'entra l'infallibilità! E questo Papa è poco ordinato e anche indisciplinato. E da questo è nata questa confusione. Per questo vi chiedo scusa. Grazie”. 

Il Papa toppa giorno, si sbaglia e fa incasinare la giornata di parecchia gente venuta apposta per lui. Allora chiede scusa e si spiega. Come farebbero tutti, come faremmo tutti noi. Se dovessi preoccuparmi del significato recondito della mia barba lunga di un giorno, di un bottone della talare saltato, di una scarpa graffiata, di un polsino sfilacciato, forse ci metterei le ore a uscire e dovrei dire tanti no a tante persone. Ma voglio credere che chi mi attende vuole me e sentire me, le mie parole. Dirmi che il polsino è sfilacciato sarà occasione per un sorriso tra di noi e non di una lettura socio politica del mio operato. E questo credito voglio darlo anche al Papa.
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