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NON MI POSSO COMUNICARE... MI SALVERO'?

4/4/2016

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La Comunione eucaristica è la perfetta unione del cristiano con Dio, ma non è l'unica: ci sono la preghiera, la carità, la Parola di Dio... e soprattutto la sua misericordia
di PADRE HENRY VARGAS HOLGUÍN

Il Signore contempla emozionato il minimo progresso di buona volontà sulla via della conversione caricandosi la croce. Il Signore gioisce vedendo che si permette a un tenue raggio della sua luce divina di entrare nell’anima.

Il cristiano che NON PUÒ confessarsi per qualsiasi motivo e che quindi non si può comunicare è invitato, nel suo dolore, a permettere in qualche modo che quella luce divina, pur se tenue, illumini tutta la sua interiorità.

La persona che non si può confessare farebbe male ad aumentare la distanza o l’abisso che ha stabilito e che lo allontana da Dio; al contrario, farebbe bene a sforzarsi di ridurre quella distanza.

Dio non spezzerà una canna incrinata né spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta (Is 42, 3). Matteo descrive nel suo Vangelo che in Gesù si dà compimento a questa profezia (Mt 12, 20). Ciò significa che il Servo di cui Isaia dice che non spezzerà una canna incrinata né spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta è Gesù.

L’apostolo Pietro è stato una delle canne incrinate quando ha rinnegato il Signore. Come poteva quell’uomo diventare poi la pietra sulla quale Gesù avrebbe costruito la sua Chiesa? La risposta è nel ministero del Signore, che ha ripristinato con cura Pietro e gli han detto “Pasci le mie pecolre”: altre canne incrinate o stoppini dalla fiamma smorta sono stati Maria Maddalena, il buon ladrone, l’adultera, Zaccheo, Matteo…

L’immagine dello stoppino dalla fiamma smorta serve a indicare la persona la cui testimonianza è diventata inefficace, ma che Gesù cercherà sempre di ripristinare perché continui a brillare.

La canna incrinata e lo stoppino dalla fiamma smorta rappresentano ogni classe di miserie, pene e dolori a cui è soggetta l’umanità.

Dio non finirà di spezzare la canna già incrinata; al contrario, si china su di essa, la raddrizza con estrema cura e le dà la forza e la vita che le mancano. Non spegnerà neanche lo stoppino che sembra estinguersi, ma impiegherà tutti i mezzi perché torni a illuminare. È questo l’atteggiamento di Gesù davanti agli uomini.

La misericordia di Gesù per gli uomini non è venuta meno neanche un istante, malgrado le ingratitudini, le contraddizioni e gli odi che ha incontrato. Il suo amore per gli uomini è profondo perché si preoccupa dell’anima per guidarla, con aiuti efficaci, alla vita eterna. E quell’amore di Cristo è universale, immenso, e vuole estendersi a tutti.

È la stessa cosa che si esprime con l’immagine del buon pastore. Egli va a cercare la pecorella smarrita, e se questa si lascia trovare e aiutare confidando nel suo pastore, Questi la salverà.

Egli è il Buon Pastore di tutte le anime, conosce tutte e le chiama per nome. Non ne lascia nessuna perduta sul monte. Ha dato la propria vita per ogni persona.

Il suo atteggiamento, quando qualcuna si allontana, è aiutare a far sì che ritorni, e tutti i giorni va a vedere se la intravede in lontananza.

E anche se è vero che la Comunione eucaristica è la cosa migliore, la più sublime, la più grande, la più ineffabile e la più importante, al punto che – per chi è in stato di grazia – è la perfetta unione del cristiano con Dio, è anche vero che non è l’unico modo di stare in comunione con Dio, di essere uniti a Lui e di amarlo.

È per questo che i fedeli che NON POSSONO confessarsi e quindi comunicarsi sono invitati a mettere del proprio perché non scompaia nella sua totalità la comunione che può esistere con Dio. Come? Mediante la vita di preghiera – preghiera di pentimento, il Santo Rosario, la Messa facendo la Comunione spirituale, Via Crucis… -; le opere di misericordia con spirito o senso penitenziale perché la carità coprirà una moltitudine di peccati (1 Pt 4,8); l’offerta a Dio della propria vita, dei propri sacrifici e delle proprie sofferenze; la lettura della Parola di Dio e di testi che rafforzino la fede; servizi nella Chiesa e rapporto con il parroco e la parrocchia…

Questo tipo di fedeli è invitato a favorire la vicinanza a Dio e a lottare perché ogni giorno sia più piena e perfetta. Che Dio veda che siamo su questa linea d’onda o, il che è lo stesso, “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli” (Lc 12, 37); ciò che conta è voler stare sulla via della salvezza. Dio vuole salvare il salvabile. Gesù non dà nessuno per perso. Ci aiuta anche se abbiamo peccato.

A volte diciamo di un malato che la sua malattia è incurabile, e si dà per perso tutto ciò che umanamente si può fare per lui o si ritiene inefficace qualsiasi cura. Nella vita spirituale non è così: Gesù è il Medico che non dà mai come irremediabilmente perduto chi si è ammalato nell’anima. Non giudica nessuno irrecuperabile.

L’uomo più indurito dal peccato, quello che è caduto più volte e in mancanze più gravi, non è mai abbandonato dal Maestro; è ancora più amato, la pecora che Gesù va a cercare. Anche per lui ha la medicina che cura.

In ogni uomo Egli sa vedere la capacità di conversione che esiste sempre nell’anima. La sua pazienza e il suo amore non danno nessuno per perso. Noi lo facciamo? E se, per disgrazia, qualche volta ci trovassimo in questa triste situazione, dubiteremo di chi ha detto di Se stesso che è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto? (Lc 19,10).

“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo” (Gv 3,17). Gesù quindi si avvicina, e se uno dei suoi discepoli è lontano da Dio non favorisce ulteriormente questo allontanamento.

Una cosa, ad ogni modo, è non potersi confessare e quindi comunicare, e un’altra molto diversa è non volersi confessare pur potendolo fare e non volersi comunicare pur potendolo fare.

Sicuramente Dio guarderà con più benevolenza i primi, che avranno più opzioni di salvarsi, perché pur nel loro peccato lottano per avvicinarsi a Dio, a differenza di coloro che non credono di aver bisogno di Dio. Gesà lo diceva bene: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31).

Cosa dice Gesù a coloro che sono spezzati dal peccato, a quelli che non danno più luce perché la luce divina nella loro anima si è spenta? Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Ha pietà della grande miseria alla quale li ha condotti il peccato; li porta al pentimento senza giudicarli con severità.

Essere nel peccato non implica necessariamente condanna assoluta alla fine del nostro viaggio terreno, come neanche il fatto di dire “Ma di cosa mi confesso?” o dire “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano”… (Lc 18, 11) implica necessariamente la salvezza alla fine del nostro viaggio terreno, perché Dio scruta il nostro cuore e sa cosa contiene. Dio ha l’ultima parola.

Che gran bene per la nostra anima sentirci oggi davanti al Signore come una canna incrinata che ha bisogno di molte cure o come uno stoppino dalla fiamma smorta che ha bisogno dell’olio dell’amore divino per splendere come vuole il Signore.

Non perdiamo mai la speranza se ci vediamo deboli, con difetti, con miserie. Il Signore non ci lascia né si lascia allontanare da noi; basta che mettiamo a disposizione i mezzi e che non respingiamo la mano che ci tende. Quando l’uomo compie un passo verso Dio, Dio ne fa due verso l’uomo.
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