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SONO UN OMOSESSUALE CREDENTE E QUINDI FACCIO PARTE DEL CORPO CRISTICO E DELLA CHIESA...

26/2/2016

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Quesito

Ho 37 anni, sono attratto dagli uomini fin da quando ero piccolo, soprattutto da persone mature (forse la mancanza di una figura paterna non lo so...non chiedetemi il perche').
Molti accostano gli omosessuali all'essere effeminati o comportarsi come il film " il Vizzietto".  Questo e' sbagliato perche' un numero ben considerevole  di persone lo sono e sono insospettabili e possono far parte di diverse categorie dal prete , medico, etc...
Sono battezzato come molti di voi che leggono questo sito e quindi faccio parte anch'io del corpo Cristico e della Chiesa come comunita'. 
Ho riportato questo testo che ho trovato in una delle risposte, perche' l’ho trovato interessante e ci sono molte verita'.
"Va detto però, a onor del vero, che come chi nasce con qualche difetto nel corpo è della medesima dignità di tutti gli altri, anche chi nasce con predisposizioni all’omosessualità è della medesima dignità di qualsiasi altra persona umana.
Il difetto che possiede è un male, è un disordine, ma non è una colpa.
Per questo è ingiusto discriminare gli omosessuali a causa della loro tendenza ed è ingiusto condannarli.
Tanto più che in genere gli omosessuali soffrono per questa loro patologia.
Sono loro i primi a riconoscere che non è un fatto normale, che il loro futuro è senza vera famiglia, senza figli e che a motivo della loro tendenza sono e saranno sempre oggetto di qualche motto che li ferisce.
6. Sotto il profilo morale viene sempre condannato l’atto omosessuale, perché è contro natura.
Ma non si condanna la persona, soprattutto se questa ha una condotta integerrima, e non la si condanna neanche se pecca, in particolare se si pente.
Il giudizio di responsabilità soggettiva in definitiva compete solo a Dio".
L'ambiente gay e' legato solo al sesso vissuto come lussuria, come piacere effimero che dura un attimo e non lascia niente.
La comunita' gay rivendica le coppie di fatto, ma francamente se chiedete in questo ambiente sono pochissimi quelli che le cercano realmente o che cercano le adozioni di figli da crescere. Tutto gira solo attorno al sesso consumato come una droga.
E' una vita molte volte fatta di solitudine e di incontri veloci effimeri per soddisfare un bisogno sessuale. Di regola le relazioni tra uomini durano poco tempo e sono quasi da subito relazioni infedeli. E poi c'e' tutta la paura delle malattie sessualmente trasmissibili che non e' una cosa da poco…
...
Quanto a me, l'esperienza mi ha portato a scrivere la mia disillusione verso questo ambiente. Cerco di vivere la cosa come una croce da portare e non come qualcosa da cui mi devo liberare. Ognuno ha la sua croce da portare durante la vita. Alcune sette evangeliche pensano invece che uno si libera improvvisamente e dal giorno al mattino, leggendo qualche libretto che ti danno.
Infine penso che la castita' per un gay deve essere vissuta come per l'eterosessuale che decide di essere celibe/nubile.
Tutto deve essere sopportato come una prova e se uno non resiste ci deve essere almeno il pentimento e poi la riconciliazione con Dio
Io penso che la chiesa non odia i gay ma il peccato che viene commesso.

Risposta del sacerdote

1. ti ringrazio per averci portato la tua testimonianza.
È sincera, soprattutto nei confronti della Chiesa che distingue tra persona e peccato.
Sei stato molto sincero anche nel riconoscere che soprattutto tra i maschi omosessuali c’è poca fedeltà e tutto si consuma come esperienza di lussuria.

2. Altri, anche tra alcuni dei nostri visitatori, asseriscono di avere una comunione e un arricchimento spirituale nel rapporto omosessuale.
Io avevo risposto dicendo che la comunione e l’arricchimento spirituale non dipendono dall’essere omosessuali e che la comunione e l’arricchimento spirituale possono essere vissuti bene senza il coinvolgimento genitale omosessuale, che costituisce sempre una perversione e una profanazione del disegno di Dio sull’amore umano e sulla sessualità.

3. Va anche detto che non tutti sono omosessuali allo stesso modo.
C’è chi vive con sofferenza questa situazione, cerca di avere una condotta integerrima e ha una sua dignità di comportamento.
Dall’esperienza pastorale so di persone anche sposate che si riconoscono omosessuali e che non hanno mai avuto esperienze omosessuali.

4. Altri invece, come quelli che frequentano quello che tu chiami “ambiente gay” sono  legati, come tu stesso scrivi, “solo al sesso vissuto come lussuria, come piacere effimero che dura un attimo e non lascia niente” asserendo anche che “tutto gira solo attorno al sesso consumato come una droga”. E riconosci che “è una vita molte volte fatta di solitudine e di incontri veloci effimeri per soddisfare un bisogno sessuale”. 

5. Venendo a te: mi dici che cerchi di vivere la cosa come una croce da portare e non come qualcosa da cui ti devio liberare.
Verrebbe da dire: forse sei troppo rassegnato alla tua condizione. 
Ma certamente tu ti conosci molto meglio di quanto ti possa conoscere io. 
Forse ti sei convinto che per te si tratta di una radicata inclinazione, ormai impossibile da raddrizzare. Per questo dici che sei deciso a subire questa inclinazione come una croce. 
Penso che tu intenda viverla nella “castità”, la quale, come affermi e come è giusto, “per un gay deve essere vissuta come per l'eterosessuale che decide di essere celibe/nubile”.
E qualora ci fossero delle cadute, che ci sia “almeno il pentimento e poi la riconciliazione con Dio”.

Ti ringrazio per questa sincera testimonianza. 
Ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
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SUL DILUVIO...FATTO REALE

9/11/2015

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Quesito

Mi è stata fatta una domanda alla quale io non so dare piena spiegazione: in riferimento al vecchio testamento, si narra del diluvio universale; se Dio è buono e misericordioso, perchè ha mandato il diluvio universale e perchè poi dice che si pentì se il pentimento è prettamente umano in quanto è conseguenza di uno sbaglio? Io ho provato a rispondere dicendo che se non erro, in un altro versetto si dice che Dio non si pentì… quindi concludendo dissi che molte volte non va letta in senso letterale e che sicuramente un sacerdote saprebbe spiegare bene il significato. D’altro canto, mi sono chiesto tra me e me il perchè; Dio non ci tratta secondo i nostri meriti né secondo le nostre colpe, e allora come spiegare, qual è il senso di questo racconto, di questa narrazione? 

Risposta del sacerdote

1. nella Sacra Scrittura, soprattutto nell’Antico Testamento, vengono usati molti antropomorfismi.
Con questa parola s’intende che si parla di Dio con linguaggio umano e si descrive il comportamento di Dio secondo il comportamento umano.
Ma evidentemente Dio è al di sopra del modo umano di agire e di esprimersi.
Ad esempio: nell’Antico Testamento si legge che “Dio si pentì.
Questo è antropormorfismo.
In Dio infatti non c’è mutamento.
L’avevano già capitato i filosofi greci: Dio è atto puro, è motore immobile.
Mettere il mutamento in Dio significa che Dio acquisirebbe perfezioni che ancora non possiede. Allora non sarebbe più perfettissimo, non sarebbe Dio.
Anche San Giacomo dice che “in Dio non c’è ombra di variazione” (Gc 1,17).
Certo, negare il mutamento in Dio dà l’impressione dell’immobilismo. Ma questo non è vero perché Dio è atto, è pienezza di vita e di vitalità.
Questo ci fa capire che Dio è del tutto al di sopra delle nostre categorie.

2. Per quanto concerne la prima tua domanda: il diluvio è messo in stretto collegamento col crescere del peccato.
Questo ci fa capire che il peccato ha effetti devastanti non soltanto su chi lo compie, ma anche sul cosmo stesso, sul creato.

3. Inoltre quando si legge che Dio mandò il diluvio si vuol dire che Dio permise che il diluvio coprisse la terra. 
E lo permise perché si concludesse un’epoca profondamente segnata dal peccato e  si iniziasse con una storia nuova, con Noè, uomo giusto.
Nello stesso tempo il diluvio è prefigurazione del Battesimo, che distrugge il peccato e salva introducendo nella vita di Dio. 
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LA PROMESSA FATTA AI POVERI IN SPIRITO

31/10/2015

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La promessa fatta ai poveri in spirito

Quesito

Sarebbe interessante sapere cosa intende dire e nella realtà dove e come si vede quel fare giustizia prontamente, come nel passo che le presento: “Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno.  In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,1-8) 
Vuol dire che quel che accade è già la giustizia di Dio che si manifesta, e che mentre fa giustizia a me la fa anche su di me come sconto, penitenza dei miei peccati?

Risposta del sacerdote

1. la tua interpretazione è del tutto fuori strada.
Il Signore sta parlando della necessità della preghiera continua. E porta il caso di una donna, una povera vedova, che non ha nessuno che la possa proteggere o aiutare. E insiste fino a stancare il giudice.

2. La parabola evangelica fa riferimento alla preghiera di coloro che sono poveri in spirito.
A proposito di questa prima beatitudine, scrive F. Prat: “Il povero di cui qui si parla non è l’indigente, il miserabile: la Bibbia, per indicare la miseria, come la conosciamo noi, usa altri vocaboli. 
Il povero della Bibbia - specie nei salmi e nei profeti - è l’uomo senza difesa, vittima e ludibrio della tirannide dei potenti, 
l’uomo inerme che accetta, in silenzio, la sua lagrimevole sorte,
e che volge solo a Dio il proprio sguardo e ripone soltanto in Lui la propria speranza. 
E Dio protegge il povero: Egli è il suo unico rifugio, il suo unico sostegno... Le parole in spirito sono aggiunte dall’evangelista o dal suo traduttore greco, per indicare codeste disposizioni morali” (f. prat, Gesù Cristo, vol. I, p. 280).

3. La buona novella annunciata ai poveri (Mt 11,5) consiste in questo: che Dio non li farà a lungo attendere, ma verrà subito in loro soccorso: “Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente” (Lc 18,7).
Si realizzano così gli oracoli di Isaia: “Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo di Israele” (Is 29,19).

4. Se teniamo presente che le beatitudini sono l’autoritratto di Cristo, come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, allora povero in spirito per eccellenza è Nostro Signore.
Egli “è l’uomo senza difesa, vittima e ludibrio della tirannide dei potenti,  l’uomo inerme che accetta, in silenzio, la sua lagrimevole sorte, e che volge solo a Dio il proprio sguardo e ripone soltanto in Lui la propria speranza”. 
Sulla croce si affida totalmente al Padre dicendo: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” (Lc 23,46).
Non dovrà a lungo attendere, perché di lì a poco il Padre lo farà risorgere dai morti, capovolgendo la situazione creatasi sul calvario.

5. Esempio di povero in spirito è anche la Madonna, che vede e soffre per il turbamento di Giuseppe. Non corre a dare e spiegazioni di quanto è accaduto.
Prega e si affida a Dio.
E non  passerà molto che Dio stesso provvederà illuminando direttamente san Giuseppe.

8. Gesù conclude: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).
Qui per fede non s’intende la virtù teologale, ma la confidenza in Dio, la fiducia che se ci comportiamo da poveri in spirito abbiamo il diritto di essere prontamente da Lui soccorsi.

Che il Signore trovi sempre in te questa disposizione d’animo e ti salvi prontamente in ogni circostanza.
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QUALI SONO LE CAREZZE PERMESSE NEL FIDANZAMENTO?

28/9/2015

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di PADRE PAULO RICARDO 

Se il sesso fuori dal matrimonio è peccato, fin dove possono arrivare le carezze nel fidanzamento? Per comprendere la delicatezza del tema, bisogna ricordare che non sempre l’odio è l’opposto dell’amore. Nella teologia morale, il contrario dell’amore può essere “usare l’altro”, usare il corpo dell’altra persona per il proprio piacere e la propria gratificazione sessuale.

In un fidanzamento molte cose vengono fatte “in nome dell’amore”, ma sono esattamente il contrario di questo: sono la prova del fatto che non c’è alcun fidanzamento, ma un usarsi a vicenda. Non c’è soggetto, ma solo un oggetto.

La linea che trasforma le carezze in immorali in un fidanzamento obbedisce a un criterio fondamentale: il proprio corpo. Quando il corpo inizia a dare segnali che si sta preparando a un rapporto sessuale, è perché il limite è stato superato. La logica è semplice: se due persone non avranno un rapporto sessuale, non hanno bisogno di prepararsi a questo. In tal senso, insistere in modo indebito sulle carezze rappresenta un grave rischio per entrambi.

Padre Antonio Royo Marín, O.P., nella sua opera Teología Moral para seglares [“Teologia Morale per laici”][1], presenta uno schema piuttosto specifico delle pratiche che costituiscono un peccato, affermando che guardare e toccare le parti intime di un’altra persona è un peccato grave:

600. 1º. Occhiate e toccate.
a) Sarà ordinariamente peccato mortale guardare o toccare senza causa grave (come quella del medico, del chirurgo, ecc.) le parti intime di altre persone, soprattutto se sono del sesso opposto, o se sono dello stesso sesso se si ha un’inclinazione verso di esso. Lo stesso vale in relazione al seno delle donne.
b) Può essere semplicemente veniale guardare le proprie parti solo con rapidità, curiosità, ecc., escludendo ogni intenzione venerea o sensuale e ogni pericolo di esercitare su di esse movimenti disordinati. Non è alcun peccato farlo per necessità o convenienza (per curare una malattia, per lavarsi, ecc.).
c) Per giudicare l’importanza o la gravità degli sguardi e delle toccate nelle restanti parti del proprio corpo o di quello altrui, più che l’anatomia bisogna conoscere l’intenzione di chi agisce, l’influsso che può esercitare sulla commozione carnale e le ragioni che ci sono state per permetterli, in base ai principi esposti in precedenza. A volte sarà peccato mortale quello che in altre circostanze o con altre intenzioni sarebbe solo veniale o forse non sarebbe affatto un peccato.
d) Quanto detto riguardo al corpo umano si applica alla vista di statue, quadri, fotografie, spettacoli ecc., nella misura, nel grado e nella proporzione in cui si può eccitare la propria sensualità.

Quanto ai baci e agli abbracci, bisogna ricordare che ciò che fa sì che ci sia un peccato è l’intenzione. Baci e abbracci con l’intenzione di eccitarsi e di eccitare l’altra persona sono quindi peccati gravi, perché l’intenzione è peccaminosa. Amare significa anche mantenersi casti.

Quanto ai baci appassionati scambiati da persone che hanno già un impegno serio, ecco il parere di padre Royo Marín:

602.2º. Baci e abbracci.
a) Costituiscono peccato mortale quando con essi si vuole eccitare direttamente al piacere venereo, anche se si tratta di parenti e familiari (e a maggior ragione tra questi, per l’aspetto incestuoso degli atti).
b) Possono essere molto facilmente mortali i baci passionali tra fidanzati (anche se non si tenta il piacere disonesto), soprattutto se sono sulla bocca e si prolungano per qualche tempo, perché è quasi impossibile che non rappresentino un pericolo prossimo e movimenti carnali in sé o nell’altra persona. Nella migliore delle ipotesi costituiscono una grandissima mancanza di carità nei confronti della persona amata, per il grande pericolo di peccare a cui la si espone. È incredibile che queste cose vengano fatte in nome dell’amore (!). Questa passione cieca non lascia vedere che l’atto di passione sensuale, lungi dal costituire un atto di vero e autentico amore – che consiste nel voler fare il bene dell’essere amato –, costituisce in realtà un atto di enorme egoismo, visto che non esita a soddisfare la propria sensualità a costo di provocare un grande danno morale alla persona amata. Lo stesso vale per toccate, occhiate ecc. tra questo tipo di persone.
c) Un bacio rapido, dolce e affettuoso dato a un’altra persona per testimoniare affetto, con buone intenzioni, senza scandalo per nessuno, senza pericolo (o molto remoto) di eccitare la propria sensualità o quella dell’altro, non può essere proibito in nome della morale cristiana, soprattutto se c’è qualche motivo ragionevole, ad esempio tra sposi promessi, parenti, compatrioti (dove c’è questo costume), ecc.
d) Quanto detto può essere applicato, nella dovuta proporzione, agli abbracci e ad altre manifestazioni d’affetto.

Bisogna tener sempre presente che l’amore avviene tra due soggetti, e non tra un soggetto e un oggetto. Per questo, la Chiesa insegna a non trasformare l’altro in una cosa, in un giocattolo. In particolare, si deve rispettare il corpo dell’essere amato come tempio dello Spirito Santo, camminando con lui verso il cielo, perché un giorno possiamo concelebrare, insieme agli angeli e ai santi, l’amore di Dio.
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ANCHE IL MIO PECCATO ‘’RITARDA’’ L’AVVENTO DEL REGNO E LA VENUTA DI GESU’

21/8/2015

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ANCHE IL MIO PECCATO ‘’RITARDA’’ L’AVVENTO DEL REGNO E LA VENUTA DI GESU’
Quesito

Buongiorno,
vorrei porle un paio di domande sulle quali non ho le idee molto chiare:  
Cosa si intende esattamente per “Mistero di iniquità”? 
Per quale motivo Dio non ha “distrutto” subito il Male quando Lucifero e gli altri angeli ribelli si sono allontanati da Lui? In questo modo ha premesso l'esistenza di un antagonista che rema contro la sua volontà. Visto che Satana è nato prima dell'uomo non si può nemmeno affermare che in quel momento la sua presenza era giustificata dal fatto di mettere alla prova la nuova creatura di Dio. 
Perché a Lucifero non viene concesso di redimersi qualora decidesse di farlo mentre all'uomo viene data questa possibilità? 
Grazie 

Risposta del sacerdote


1. San Paolo parla del mistero dell’iniquità in 2 Ts 2,7 quando scrive: “Il mistero dell'iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene”.
San Paolo sta parlando della seconda venuta del Signore e dice che è ritardata dal misero dell’iniquità.

2. La Bibbia di Gerusalemme commenta: “Paolo attribuisce il ritardo della parusia a qualche cosa (v. 6) o a qualcuno (v. 7) che trattiene: una forza o una persona che impedisce la manifestazione dell'Anticristo (la quale deve precedere la parusia). L'allusione doveva essere compresa dai destinatari della lettera, ma per noi resta un enigma, nonostante le numerose spiegazioni che sono state proposte”.
E “fino al momento della «rivelazione» finale, il mistero dell'empietà è in atto ed è da questa attività che deriva l'apostasia.
Una volta tolto l'ostacolo, l'empio lavorerà apertamente”.

3. Qualcuno si domanda se non sia giunto oggi il momento dell’apostasia, predetta da san Paolo, che anticipa la seconda venuta di Cristo.
È difficile determinarlo. 
Certo Giovanni Paolo II ha parlato di “apostasia silenziosa” nel documento “Ecclesia in Europa”, dove scrive: “La cultura europea dà l'impressione di una «apostasia silenziosa» da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio non esistesse” (n. 9).
Precedentemente avevo detto: “Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l'uomo come «il centro assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo», per cui «non c'è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell'edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana»” (Ib.).

4. Perché Dio non ha distrutto gli Angeli ribelli?
Dio potrebbe ridurre al nulla gli angeli ribelli, e cioè i demoni. 
Ma non l’ha fatto.
Ci deve essere pertanto un sapiente disegno divino. Si può pensare così:
innanzitutto perché sarebbe strano che Dio creando una natura che di suo esiste per sempre e non è soggetta alla morte, la annienti perché gli si ribella. Sarebbe infantile.
In secondo luogo per dare un ammonimento agli uomini perché la loro condizione potrebbe diventare simile a quella dei demoni se si lasciano corrompere dal male e non si convertono.
In terzo luogo per spingere gli uomini ad esercitarsi nelle virtù e attendere alla santificazione ricorrendo incessantemente alla sorgente della grazia.

5. La tua domanda però mira probabilmente ad altro: se Dio avesse distrutto i demoni, l’uomo non avrebbe potuto essere tentato.
San Tommaso risponde alla tua domanda con una citazione biblica: “Chi non è stato tentato, che cosa sa?" (Sir 34,10 ).
E poi dice: “La sapienza divina, come dice la Scrittura, "dispone tutte le cose con soavità": poiché con la sua provvidenza dà a ciascuna di esse ciò che le spetta secondo la sua natura; ché, a detta di Dionigi, "la provvidenza non mira a distruggere la natura, ma a conservarla".
Ora, la natura umana è tale che può essere aiutata o ostacolata da altre creature. Perciò era ragionevole che Dio permettesse nello stato d'innocenza che l'uomo fosse tentato dagli angeli cattivi, come lo faceva aiutare dagli angeli buoni.
Ma per un particolare dono di grazia non c'era una creatura esterna all'uomo che potesse nuocergli contro la sua volontà, con la quale poteva resistere anche alla tentazione del demonio” (Somma teologica, II-II, 165, 1).

6. E “Dio, come sapeva che l'uomo sarebbe con la tentazione caduto in peccato, così sapeva che con il libero arbitrio avrebbe potuto resistere al tentatore.
Ma la condizione della sua natura esigeva dall'uomo che fosse lasciato alla propria volontà, come dice il Siracide: "Dio ha lasciato l'uomo in mano del suo arbitrio".
Di qui le parole di S. Agostino: "Mi sembra che non sarebbe stato di grande lode per l'uomo, se avesse potuto ben vivere solo perché nessuno lo esortava al male: pur avendo da natura il potere, e dalla sua facoltà il volere, di non consentire alla tentazione" (Somma teologica, II-II, 165, 1, ad 2).

7. A lucifero non viene concesso di redimersi perché è nell’eternità e pertanto non ha a propria disposizione un istante diverso da quello in cui sta vivendo.
Chi è nel tempo, come noi uomini, ha la possibilità di pentirsi perché ha il tempo per cambiare.
Ma i demoni, come i dannati, sono nell’eternità. Manca loro il tempo.
Per questo la liturgia della Chiesa nel rito dell’imposizione delle ceneri dice: “Rinnoviamoci e ripariamo al male che nella nostra ignoranza abbiamo fatto, perché non ci sorprenda la morte e non ci manchi il tempo di convertirci” (liturgia del mercoledì delle ceneri).
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SE SI ARRIVA IN RITARDO LA MESSA NON E' PIU' VALIDA?

22/5/2015

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Se si arriva in ritardo la Messa non è più valida?
Per assolvere regolarmente al precetto festivo occorre entrare prima del "Confiteor"?


Un lettore ci chiede se sia vero quello che sua mamma gli diceva fin da piccolo che se arrivavi in chiesa dopo il «Confiteor» la Messa non era valida.

Risponde don Roberto Gulino, docente di liturgia alla facoltà Teologica dell'Italia centrale


Altro che «Confiteor»… fino agli anni 60 del secolo scorso vi era la forte convinzione che, per assolvere regolarmente al precetto festivo, bastava entrare in chiesa durante la Messa prima del momento in cui il sacerdote, iniziando i riti offertoriali a metà della celebrazione, scopriva il calice per mettervi dentro il vino e l’acqua.

Questa indicazione era motivata da una visione teologica e liturgica che sottolineava molto la parte «sacrificale» della Messa a discapito della liturgia della parola che, appunto, poteva anche essere saltata.

Cinquant’anni fa, con la costituzione Sacrosanctum Concilium, la Chiesa ha dato seguito alla riforma liturgica richiesta da più parti e ha cercato di far riscoprire a ciascuno di noi l’unità e la complementarietà di tutta la celebrazione eucaristica, ribadendo più volte che si tratta di un unico atto di culto a cui è importante partecipare per intero (S.C. n° 56).

Siamo chiamati a vivere la Messa cercando di accogliere ogni aspetto che ci invita ad entrare in comunione con il Signore e a fare memoria del suo mistero pasquale: a cominciare dal canto d’ingresso, dal segno di croce, dal saluto liturgico e da tutti i riti iniziali che ci introducono nel cuore della celebrazione… Ogni elemento è pensato per farci rivivere in modo sacramentale l’amore e la salvezza di Dio, attraverso il dono e l’offerta di Gesù, nella grazia e nella forza dello Spirito!

Ecco perché, volutamente, Sacrosanctum Concilium e altri documenti sulla Liturgia non parlano mai di un momento in cui la Messa diventa «valida»… occorre partecipare a tutta la celebrazione eucaristica, dall’inizio alla fine, canto finale incluso… Il fatto di non farlo, e soprattutto le motivazioni dei nostri ritardi o dell’uscita anticipata, credo vadano messi in coscienza davanti a Dio (e al confessore) per valutarne seriamente l’opportunità e l’eventualità: arrivando tardi o andando via prima della fine, ci perdiamo comunque qualcosa di importante che ci permette di vivere pienamente la comunione con il Signore e con la comunità.
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PERCHE' DIO CHIEDE CHE NESSUNO TOCCHI CAINO?

15/5/2015

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Perché Dio chiede che nessuno tocchi Caino?


Domanda

Ho deciso di scrivervi perché ho un quesito al quale ho cercato di dare delle risposte ma che tuttavia sente la necessità di confrontarsi con il parere di esperti di Teologia.

Dio protegge accanitamente Caino, che pure ha perpetrato un omicidio, in modo lucido  e premeditato, uccidendo suo fratello Abele che non aveva alcuna colpa, né gli aveva fatto alcun torto. È vero, prima lo maledice ma poi pone un segno su di lui «affinché chiunque lo incontrasse, non lo uccidesse» (Gen. 4,15) e minaccia aspramente chi oserà alzare la mano su di lui: «Chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte tanto» (Gen. 4,15). Eppure Caino era stato avvisato da Dio stesso di dominare il male che gli stava alla porta, ciononostante si scagliò contro il fratello e lo uccise: «Caino poi disse ad Abele, suo fratello: “Andiamo fuori”. E quando furono in campagna, Caino si scagliò contro Abele, suo fratello, e lo uccise» (Gen. 4,8). Questo scagliarsi contro il fratello innocente, non è uno scagliarsi contro Dio che dimostrava di gradire l'offerta del fratello e non la sua? E l'aver ucciso Abele non è un voler uccidere Dio stesso che gli rifiutava il sacrificio? Perché, dunque, Dio protegge, in maniera così accorata, chi ha ucciso, con premeditazione e cattiveria, il proprio fratello mentre punisce con una pena sette volte maggiore chi uccide lui, magari dopo che avrà subìto un grave torto o qualche infamia?
Dio sa ricavare, dal male, sempre il bene. Qual è il bene che ricava da questo, quanto mai, disdicevole comportamento di Caino?

Risponde padre Athos Turchi, docente di filosofia alla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale

Della vicenda biblica citata, la domanda del lettore s'incentra sullo «strano» modo di comportarsi di Dio che «protegge accanitamente Caino», l'assassino di suo fratello Abele. Penso che per le nostre (in particolare quelle odierne) categorie umane tutta la Bibbia mette a dura prova la fede: a un Dio che «protegge accanitamente» i suoi eletti si contrappone lo stesso Dio che chiede espressamente conto agli ebrei del perché non sono state fatte le stragi che aveva lui stesso comandato di fare.

Lasciamo queste problematiche ai teologi più profondi e più competenti. Nella vicenda di Caino e Abele mi pare abbastanza chiaro quello che il testo vuol dire. Eva che significa «madre dei viventi», quando vide che Caino era un essere umano come lei e Adamo, esclamò piena di gioia: «Ho acquistato un uomo dal Signore», e questo significa ed è il nome Caino. La filosofia esistenzialista e nihilista in genere ritiene che non vi sia una «natura umana» ma l'uomo si identifica con ciò che fa, con ciò che sceglie o non sceglie, con quell'attimo di vita che in quel momento vive: l'esistenza precede l'essenza. In altri termini, non esiste nell'uomo un «qualcosa-natura» che permane stabile e immutabile entro di esso e che determina l'agire, le scelte, l'operare, stabilendo così una differenza tra ciò che il soggetto è e ciò che lo stesso soggetto opera o fa. Ma l'essere e il fare si identificano. Nell'episodio indicato dal lettore invece, Dio non solo ritiene che in Caino la natura umana e il suo modo d'agire siano differenti, ma addirittura le valuta anche in modo diverso. Dio condanna espressamente l'agire di Caino che è da omicida, ma salvaguarda la sua natura umana che è un valore per se stessa, intoccabile non solo dall'esterno, ma addirittura da se stessi. Nessuno può svalorizzare, distruggere, annientare il valore dell'essere umano: neppure - si noti - se stessi. Il peggiore uomo non può intaccare né corrodere la dignità della propria umanità.

Ora Dio protegge e rispetta accanitamente questa dignità dell'essere umano, l'ha rispettata in Adamo ed Eva nel momento del peccato contro Lui stesso, e la rispetterà sempre in ogni essere umano al punto che Cristo può dire «non son venuto per i giusti, ma per i peccatori».

Esiste nell'uomo un sacrario, tradizionalmente chiamato anima, ove alberga la dignità e il valore dell'«immagine di Dio», cioè dell'uomo, che è intoccabile e indistruttibile da chiunque: da Dio, dagli altri, da se stessi.

Questo atteggiamento divino infine la dice lunga su come dovremmo ciascuno di noi venerare gli altri, fossero anche i nostri peggiori nemici, come dice Gesù, e aver stima di noi stessi fossimo caduti in qualsiasi baratro di peccato. La distinzione dunque in ogni uomo tra il suo essere umano e il suo agire, non può essere annientata, pena l'incomprensione della storia dell'umanità in sé e rispetto a Dio.
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SEI ARRABBIATO/A CON DIO? DIGLI COME TI SENTI

8/5/2015

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Sei arrabbiato con Dio? Digli come ti senti
Come posso pregare quando le cose non vanno bene?

Domanda
Caro padre,
come posso pregare Dio quando sono così deluso da Lui? Spesso sono arrabbiato con Dio perché sembra che niente di ciò che faccio abbia mai un esito positivo. Sembra ipocrita andare da Dio e dirgli che va tutto bene. Le cose nella mia vita non vanno bene!

Risposta
È una domanda sorprendente. Sono certo che la tua domanda nasca da un cuore che è stato spezzato in qualche modo. Sii certo delle mie preghiere per te e per chiunque legge questo articolo e sta attraversando un momento difficile. Non sei solo. Hai fratelli e sorelle in Cristo, e hai un Dio che sta dalla tua parte.

La tua domanda si concentra sulla questione più importante che dobbiamo affrontare: possiamo davvero fidarci di Dio?

Il filosofo danese Søren Kierkegaard credeva che questa domanda fosse così fondamentale da esprimerla in questo modo: “Non è poi così importante sapere se Dio esiste o no; ciò che conta è sapere se è amore o no”.

Come cattolico, sai che Dio è amore. Visto che sei in Cristo, conosci la storia; sai che Dio ha preso la sua decisione. Sta dalla tua parte. E tuttavia cosa facciamo quando le cose crollano intorno a noi?

Sai che puoi portare le tue lacrime da Dio? Sai che Egli vuole davvero portare a Sé i nostri cuori spezzati e i nostri sogni infranti? Possiamo toglierci dalla testa che Dio voglia solo che gli riferiamo le nostre buone notizie.

I nostri genitori spirituali - il popolo ebraico - ci hanno dato un intero genere spirituale chiamato Lamentazioni. È il crudo e onesto appello di un popolo che ha gridato a Dio: “Pensavamo fossi dalla nostra parte! Perché hai dimenticato le tue promesse?”

“Perché ci hai abbandonato?” Si ritrova nella Bibbia. Significa che lo Spirito Santo ha ispirato queste parole di lamento. Significa che è chiaro che Dio non vuole solo la nostra lode; vuole anche il nostro dolore.

Queste stesse preghiere (come quelle che si trovano nel libro dei Salmi) ci mostrano come possiamo portare queste lamentele a Dio. In primo luogo sono oneste. Gli autori delle Sacre Scritture non hanno addolcito il loro dolore o la loro frustrazione. Piuttosto, hanno confidato in Dio abbastanza da dirgli la verità. Puoi iniziare portando Dio nella tua situazione per com'è.

In secondo luogo, se gli ebrei erano sorprendentemente consapevoli della loro condizione attuale, non hanno mai dimenticato che Dio li aveva benedetti in passato. Nella loro preghiera, lodavano Dio e lo ringraziavano per le cose buone che avevano ricevuto da Lui.

In base alla mia esperienza, è molto facile pensare che tutto ciò che Dio ha fatto nella mia vita venga cancellato all'istante quando mi trovo in un momento negativo. La Bibbia ci ricorda che non dobbiamo dimenticare che il Dio che ci ha guidati e ci ha custoditi in passato continuerà a guidarci e a custodirci oggi.

Nella tua preghiera, sii specifico con la tua lode come lo sei con il tuo dolore. In questo modo, il “Dio, sono così solo” alla fine sarà seguito da “Grazie per avermi dato l'amicizia di mio fratello quando mi sentivo solo lo scorso anno”.

In terzo luogo, fai un atto di fiducia in Dio. È importante ricordare che l'atto di fiducia non è in te stesso o nel destino o nell'effetto guaritore del tempo. A volte la mia preghiera per il futuro si incentra su tre aspetti. Mi dico: “So che se mi sforzo di più andrà meglio”, o “Le cose cominceranno a migliorare. Sono una brava persona”, o “Un giorno questo dolore non farà più tanto male. Aspetterò quel giorno”.

Ricorda, Dio è dalla tua parte. Egli è fedele anche quando noi non lo siamo. Per questo, riponiamo la nostra fiducia in lui, non in noi stessi o in qualsiasi altra cosa.

Un grande esempio di questo è il Salmo 3, un salmo di Davide, re di Israele. Era il prescelto da Dio, e tuttavia ha subito un dolore tremendo e il tradimento.

Il salmo 3 si intitola (nella mia Bibbia) “Minacciato ma Fiducioso”, e la frase che descrive l'occasione in cui Davide ha scritto questo salmo è: “Quando Davide è fuggito per salvare la propria vita dal figlio Assalonnne”. Ecco un uomo che stava cercando di fare la volontà di Dio (in modo imperfetto), mentre il suo stesso figlio gli stava alle costole con le truppe.

La Bibbia non è stata scritta da individui che sedevano in torri d'avorio, non toccati dall'angoscia, ma da persone che hanno sperimentato il peggio che la vita poteva offrire e tuttavia si sono ancora rivolte a Dio.

Anche tu sei un prescelto da Dio. Puoi fare lo stesso.
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Perché 40 giorni di Quaresima?

17/2/2015

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Perché 40 giorni di Quaresima?
San Josemaría scrisse: "La Quaresima ci pone davanti a degli interrogativi fondamentali: cresce la mia fedeltà a Cristo, il mio desiderio di santità? Cresce la generosità apostolica nella mia vita di ogni giorno, nel mio lavoro ordinario, fra i miei colleghi? Ognuno risponda silenziosamente, in cuor suo, a queste domande e scoprirà che è necessaria una nuova trasformazione perché Cristo viva in noi, perché la sua immagine si rifletta limpidamente nella nostra condotta".

Raccogliamo alcune delle domande più comuni sulla Quaresima con le risposte per comprendere meglio il senso di questo periodo liturgico.

Che cos'è la Quaresima? Da quando si vive la Quaresima? Qual è il significato della Quaresima?

Chiamiamo Quaresima il periodo di quaranta giorni (Quadragesima) dedicato alla preparazione della Pasqua. Dal quarto secolo si manifesta la tendenza a farne un tempo di penitenza e di rinnovamento per tutta la Chiesa, con la pratica del digiuno e dell'astinenza.
"La Chiesa ogni anno si unisce al mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 540). Proponendo ai suoi fedeli l'esempio di Cristo nel suo ritiro nel deserto, si prepara per la celebrazione delle solennità pasquali, con la purificazione del cuore, una pratica perfetta della vita cristiana e un atteggiamento penitente.

Contemplare il mistero
Non possiamo considerare la Quaresima come un periodo qualsiasi, una ripetizione ciclica dell'anno liturgico. È un momento unico; è un aiuto divino che bisogna accogliere. Gesù passa accanto a noi e attende da noi — oggi, ora — un rinnovamento profondo.

Quando inizia e finisce il tempo di Quaresima? Quali sono i giorni e i tempi di penitenza? Che cosa si deve vivere i venerdì di Quaresima?

La Quaresima comincia il Mercoledì delle Ceneri e termina immediatamente prima della messa vespertina in Coena Domini (Giovedì Santo). "Sono giorni e tempi di penitenza nella Chiesa universale tutti i venerdì dell'anno e il tempo di Quaresima" (Codice di Diritto Canonico, canone 1250). Questi tempi sono particolarmente adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, le privazioni volontarie come il digiuno e l'elemosina, la condivisione fraterna (opere caritative e missionarie).
(Catechismo della Chiesa Cattolica, 1438)

In ricordo del giorno in cui Gesù Cristo morì sulla Santa Croce, "si osservi l'astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell'anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l'astinenza e il digiuno, invece, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo" (Codice di Diritto Canonico, canone 1251).

Contemplare il mistero
Si sente di nuovo il richiamo del Buon Pastore, la sua voce affettuosa: Ego vocavi te nomine tuo (Is 43, 1). Ci chiama per nome, a uno a uno, con l'appellativo famigliare con cui ci chiamano le persone che ci amano. Bisogna rispondere — amore con amor si paga — dicendo: Ecce ego, quia vocasti me (1 Sam 3, 5), mi hai chiamato, eccomi: sono deciso a non fare che il tempo di Quaresima passi come l'acqua sui sassi, senza lasciare traccia; mi lascerò penetrare, trasformare; mi convertirò, mi rivolgerò di nuovo al Signore, amandolo come Egli vuole essere amato. 

Che cos'è il Mercoledì delle Ceneri? Quando cominciò la pratica dell'imposizione delle ceneri? Quando si benedicono e si impongono le ceneri? Da dove provengono? Che cosa simbolizzano?
Il Mercoledì delle Ceneri è l'inizio della Quaresima; un giorno particolarmente penitenziale, nel quale i cristiani manifestano il desiderio personale di conversione a Dio. L'imposizione delle ceneri è un invito a percorrere il tempo di Quaresima come un'immersione più cosciente e più intensa nel mistero pasquale di Gesù, nella sua Morte e Resurrezione, mediante la partecipazione all'Eucarestia e alla vita di carità. L'origine dell'imposizione delle ceneri appartiene alla struttura della penitenza canonica. Comincia ad essere obbligatoria per tutta la comunità cristiana a partire dal X secolo. La liturgia attuale conserva gli elementi tradizionali: imposizione delle ceneri e digiuno rigoroso.

La benedizione ed imposizione delle ceneri ha luogo durante la Messa, dopo l'omelia; anche se, in circostanze particolari, si può fare all'interno di una celebrazione della Parola. Le formule dell'imposizione delle ceneri si ispirano alla Scrittura: Gn, 3, 19 e Mc 1, 15. Le ceneri provengono dai rami benedetti la Domenica della Passione del Signore dell'anno precedente, seguendo una consuetudine che risale al XII secolo. La formula di benedizione fa riferimento alla condizione di peccato di quelli che la riceveranno. Simbolizza la condizione debole e caduca dell'uomo, che cammina verso la morte; la sua condizione di peccato; l'orazione e la supplica ardente perché il Signore corra in suo aiuto; la Resurrezione, giacché l'uomo è destinato a partecipare al trionfo di Cristo.

Contemplare il mistero
Quanto più sarai di Cristo, più grazia avrai per la tua efficacia sulla terra e per la felicità eterna. 
Ma devi deciderti a seguire la via della dedizione: la Croce sulle tue spalle, con un sorriso sulle labbra, con una luce nell'anima.
Via Crucis, II stazione: Gesù è caricato della Croce

A che cosa ci invita la chiesa in Quaresima?

La Chiesa invita i suoi fedeli a fare di questo tempo come un ritiro spirituale nel quale lo sforzo di meditazione e di orazione deve essere sostenuto da uno sforzo di mortificazione personale la cui misura, a partire dal minimo stabilito, è lasciata alla libertà e generosità di ciascuno.
Ben vissuta, la Quaresima prepara ad una autentica e profonda conversione personale, per partecipare alla festa più grande dell'anno: la Domenica della Resurrezione del Signore.

Contemplare il mistero
Nell'ambiente c'è una specie di paura della Croce, della Croce del Signore. Il fatto è che hanno incominciato a chiamare croci tutte le cose sgradevoli che accadono nella vita, e non sanno sopportarle con senso di figli di Dio, con visione soprannaturale. Tolgono persino le croci piantate dai nostri avi lungo le strade…!
Nella Passione, la Croce ha cessato di essere simbolo di castigo, per divenire segno di vittoria. La Croce è l'emblema del Redentore: in quo est salus, vita et resurrectio nostra: lì è la nostra salvezza, la nostra vita, la nostra risurrezione.
Via Crucis, II stazione: Gesù è caricato della Croce

Che cos'è la penitenza? In che modo si esprime la penitenza nella vita cristiana?

La penitenza, traduzione latina della parola greca metanoia, che nella Bibbia significa conversione (cambiamento spirituale) del peccatore, designa tutto un insieme di atti interiori ed esteriori rivolti a riparare il peccato commesso e lo stato che ne consegue per il peccatore. Letteralmente cambiamento di vita, si dice dell'atto del peccatore che torna a Dio dopo essere stato allontanato da lui, o dell'incredulo che raggiunge la fede.
"La penitenza interiore del cristiano può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l'elemosina, che esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo o dal martirio, essi indicano, come mezzo per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l'intercessione dei santi e la pratica della carità che «copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8)."
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1434

Queste e molte altre forme di penitenza possono essere praticate nella vita quotidiana del cristiano, in particolare nel tempo di Quaresima e nel giorno penitenziale del venerdì.
Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 301

Contemplare il mistero
La conversione è cosa di un istante; la santificazione è opera di tutta la vita. Il seme divino della carità, che Dio ha posto nelle nostre anime, aspira a crescere, a manifestarsi in opere e a produrre frutti che in ogni momento corrispondano ai desideri del Signore. È indispensabile quindi essere disposti a ricominciare, a ritrovare, nelle nuove situazioni della nostra vita, la luce e l'impulso della prima conversione. E questa è la ragione per cui dobbiamo prepararci con un approfondito esame di coscienza, chiedendo aiuto al Signore, per poterlo conoscere meglio e per conoscere meglio noi stessi. Se vogliamo convertirci di nuovo, questa è l'unica strada.

Che cos'è la conversione? Perché devono convertirsi i cristiani già battezzati?

Convertirsi è riconciliarsi con Dio, allontanarsi dal male, per ristabilire l'amicizia con il Creatore. Implica il pentimento sincero e la confessione di tutti e ciascuno dei nostri peccati. Una volta in grazia (senza coscienza di peccato mortale), dobbiamo proporci di cambiare dal di dentro (negli atteggiamenti) in tutto ciò che non è gradito a Dio.

"L'appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che « comprende nel suo seno i peccatori » e che, « santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento » (LG 8). Questo sforzo di conversione non è soltanto un'opera umana. È il dinamismo del « cuore contrito » (Sal 51,19), attirato e mosso dalla grazia(cfr. Gv 6,44; 12,32) a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,10).
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1428

Contemplare il mistero
Siamo entrati nel tempo di Quaresima, tempo di penitenza, di purificazione, di conversione. Non è un compito facile. Il cristianesimo non è un cammino comodo: non basta "stare" nella Chiesa e far passare gli anni. Nella nostra vita, vita di cristiani, la prima conversione — quel momento irripetibile, indimenticabile, in cui si vede con tanta chiarezza tutto ciò che il Signore ci chiede — è importante; però ancora più importanti e difficili sono le conversioni successive. Per agevolare l'opera della grazia divina che si manifesta in esse, occorre conservare un animo giovane, invocare il Signore, ascoltarlo, scoprire ciò che in noi non va, chiedere perdono.

Bisogna persuadersi che Dio ci ascolta, che è accanto a noi: e il nostro cuore si riempirà di pace. Ma vivere con Dio è indubbiamente un rischio, perché il Signore non si accontenta di condividere: chiede tutto. E avvicinarsi un po' di più a Lui vuol dire essere disposti a una nuova conversione, a una nuova rettificazione, ad ascoltare più attentamente le sue ispirazioni, i santi desideri che egli fa sbocciare nella nostra anima, e a metterli in pratica.

Come posso concretare il mio desiderio di conversione?

In diversi modi, però sempre realizzando opere di conversione, come per esempio: ricorrendo al Sacramento della Riconciliazione (Sacramento della Penitenza o Confessione); superando le divisioni, perdonando e crescendo in spirito fraterno; praticando le Opere di Misericordia.

Contemplare il mistero
Ti consiglio di provare qualche volta a ritornare... all’inizio della tua «prima conversione», il che, se non è proprio come ridiventare bambini, gli assomiglia molto: nella vita spirituale, bisogna lasciarsi condurre con piena fiducia, senza timori né doppiezze; si deve parlare con assoluta chiarezza di ciò che si ha nella testa e nell’anima.
Solco, 145 

Quali sono gli obblighi di un cattolico in Quaresima? In che cosa consistono il digiuno e l'astinenza? Chi vi è obbligato? Si può sostituire la pratica del digiuno e dell'astinenza?

I cattolici debbono compiere il precetto della Chiesa del digiuno e dell'astinenza dalla carne nei giorni stabiliti dalla Chiesa (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 432), oltre a quello della Confessione e Comunione una volta all'anno. Il digiuno consiste nel fare un solo pasto nella giornata, anche se si può mangiare qualcosa di meno del solito alla mattina e alla sera. Salvo in caso di malattia. Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato, salvo in caso di malattia. Si chiama astinenza il privarsi di mangiare carne (rossa o bianca e i suoi derivati). Alla legge dell'astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14° anno di età. "La Conferenza Episcopale di ogni paese può determinare ulteriormente l'osservanza del digiuno e dell'astinenza, come pure sostituirvi, in tutto o in parte, altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà. ". (Codice di Diritto Canonico, canone 1253).

Contemplare il mistero
Bisogna decidersi. Non si può vivere con quelle due candele che, secondo il detto popolare, ogni uomo tiene accese: una a san Michele e una al demonio. Bisogna spegnere la candela del demonio. Dobbiamo consumare la nostra vita facendola ardere tutta intera al servizio di Dio. Se il nostro desiderio di santità è sincero e docilmente ci mettiamo nelle mani di Dio, tutto andrà bene. Perché Dio è sempre disposto a darci la sua grazia e, specialmente in questo tempo, la grazia per una nuova conversione, per un miglioramento della nostra vita di cristiani.

Che senso ha praticare il digiuno e l'astinenza?

Si deve aver cura di vivere il digiuno e l'astinenza non al livello minimo, ma come un modo concreto con il quale la nostra Santa Madre Chiesa ci aiuta a crescere nel vero spirito di penitenza.

Come già nei profeti, l'appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, «il sacco e la cenere», i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all'espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza (Cfr. Gl 2,12-13; Is 1,16-17; Mt 6,1-6.16-18).
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1430

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NON ANDARE A MESSA LA DOMENICA E' PECCATO GRAVE CIOE' MORTALE e COSA SIGNIFICA PECCATO MORTALE

8/2/2015

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NON ANDARE A MESSA LA DOMENICA E' PECCATO GRAVE CIOE' MORTALE

Quesito

Una mia amica è andata a confessarsi perchè non era andata a messa di domenica e riteneva di aver commesso un peccato mortale, pertanto non aveva ritenuto di poter fare la comunione.
Ebbene il sacerdote le ha detto che avrebbe potuto farla perchè non andare a messa è peccato grave, ma non mortale. Non ho mai sentito questa distinzione. Ho sempre saputo che esistono i peccati mortali e quelli veniali: per i primi è obbligatorio confessarsi, per i secondi si può anche dire un atto di dolore perfetto.
Io sono certa che non andare a messa di domenica è un peccato mortale anche perchè viola il terzo comandamento.
Gradirei conoscere la sua opinione. Esiste questo tertium genus o ormai ognuno racconta quello che vuole? 

Risposta del sacerdote

1. premetto subito che non ti riferisco la mia opinione, ma la dottrina della Chiesa. 
La mia opinione conta poco. Sono qui a rendere un servizio alla Chiesa, non a me stesso.
La mia opinione, poi, è del tutto conforme al pensiero della Chiesa.

2. Giovanni Paolo II, nell’esortazione post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, ha voluto ricordare che nella dottrina della Chiesa il peccato grave si identifica col peccato mortale.
Ecco le sue testuali parole: “Durante l’assemblea sinodale è stata proposta da alcuni padri una distinzione tripartita fra i peccati, che sarebbero da classificare come veniali, gravi, e mortali. La tripartizione potrebbe mettere in luce il fatto che fra i peccati gravi esiste una gradazione. Ma resta sempre vero che la distinzione essenziale e decisiva è fra peccato che distrugge la carità e peccato che non uccide la vita soprannaturale: fra la vita e la morte non si dà via di mezzo...
Perciò, il peccato grave si identifica praticamente, nella dottrina e nell’azione pastorale della Chiesa, col peccato mortale” (RP 17).

3. Come vedi il Papa ha voluto salvare una certa distinzione, per dire che non tutti i peccati mortali sono della medesima gravità. Ammazzare una persona è ben peggio che saltare la Messa la domenica. Ma questo non rende veniale il trascurare la santificazione delle feste.
C’è graduazione nei peccati gravi: ma sono tutti mortali.
Il papa è intervenuto per dissipare il dubbio insinuato da qualcuno e in maniera molto netta ha affermato che nella dottrina (la dottrina della Chiesa non ha ribaltoni) e nella prassi pastorale (qui ricorda il valore vincolante della Tradizione: si è sempre pensato così), il peccato grave si identifica col peccato mortale. 
È stato chiarissimo. Più di così non poteva.
Non esiste pertanto una terza specie (genus) di peccato, perché tutti i peccati gravi sono mortali e tutti i peccati mortali sono gravi

4. Il confessore in questione ha dunque sbagliato e ha indotto nell’errore un fedele.
Il fatto è certamente molto grave. Chissà quanti ne altri ne avrà indotti!
Non sarebbe meglio anche per il confessore conformarsi alla dottrina della Chiesa di cui ha accettato di essere fedele ministro?

5. La Chiesa ha sempre pensato che trascurare per negligenza la santificazione della festa sia un peccato grave, e cioè mortale.
Ecco che cosa dice il proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica: “i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio, la malattia, la cura dei lattanti o ne siano dispensati dal loro parroco)” (CCC 2181) e che “coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave” (ib.).

6. Nell’Antico Testamento la trasgressione del sabato veniva punita con la pena di morte.
Il Concilio di Elvira del 300 stabiliva che “chi abita in città e non viene alla Chiesa per tre domeniche, deve essere escluso per un certo tempo, in modo che appaia che è stato ripreso” (can. 21). In altre parole: veniva scomunicato per un certo tempo.
Ciò significa che fin dal quarto secolo la mancata osservanza del terzo comandamento era considerata peccato mortale.

7. Infine, anche se si volesse tenere la distinzione tra peccato grave e mortale (cosa sbagliata, come si è detto), l’amica che ha trascurato di santificare la festa non poteva fare la S. Comunione.
Ecco che cosa dice il Codice di diritto Canonico: “Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al corpo e al sangue del Signore senza premettere la confessione sacramentale” (can. 916).
Giovanni Paolo II nell’Enciclica Ecclesia de Eucaristia: “si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale” (Ecclesia de Eucharistia 36).

COSA E’ IL PECCATO MORTALE?

Il peccato mortale è un atto grave e illecito, che condanna l'anima di una persona all'inferno dopo la morte. Possono essere assolti (cancellati) solo con la confessione.
Questi peccati sono considerati "mortali" poiché costituiscono una rottura con la grazia salvifica di Dio: l'anima del peccatore diventa “morta”… VALE A DIRSI CHE CHI HA COMMESSO PECCATO MORTALE NON E’ IN GRAZIA DI DIO E LO SPIRITO SANTO NON DIMORA IN LUI
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