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Io battezzato, credente, osservante posso benedire gli oggetti della casa e altro?

17/11/2014

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Io battezzato, credente, osservante posso benedire gli oggetti della casa e altro?

Quesito

Caro Padre,
Il mio quesito è questo: io battezzato, credente, osservante posso benedire gli oggetti della casa? e/o altro?
Grazie infinite.

Risposta del sacerdote

1. anche i battezzati possono dare alcune benedizioni, come ad esempio ai figli, ai cibi e ad altre cose.
Ma le loro benedizioni in genere non vengono compiute nel modo in cui le danno i sacerdoti e i diaconi, e cioè tracciando la croce con la mano destra.
Inoltre nel Benedizionale si nota chiaramente che mentre le benedizioni dei  ministri ordinati (sacerdoti e diaconi) sono imperative: “Vi benedica Dio onnipotente, Padre, e Figlio e Spirito Santo”, le benedizioni dei laici sono invocative, come ad esempio: “ il Signore ci benedica e ci doni la sua pace” oppure “il Signore Gesù, medico dei corpi e delle anime, ci custodisca e ci colmi della sua benedizione”.

2. Il Codice di Diritto canonico, quando parla di benedizioni, dice che  possono essere “impartite” dai sacerdoti e dai diaconi (ma questi ultimi possono benedire solo ciò che è espressamente consentito dal diritto).
Evidentemente si riferisce alle benedizioni imperative e dà per scontato che tutti, nell’esercizio del loro sacerdozio battesimale, possano invocare la benedizione di Dio sulle persone e sulle cose.

3. Nel nuovo Benedizionale, a proposito delle varie benedizioni, viene sempre indicato se possono essere proferite dai sacerdoti o diaconi oppure anche da altri ministri idonei. E a proposito dei due tipi di benedizioni, sono presentati formulari diversi. Si vede chiaramente che le prime sono “imperative”, le seconde “invocative”.

4. Ti riporto quanto scrive il nuovo Benedizionale (n.18) a proposito dei vari ministri delle benedizioni:

Il ministero della benedizione si collega a un esercizio particolare del sacerdozio di Cristo; in base quindi alla posizione e all'ufficio proprio di ciascuno nell'ambito del popolo di Dio, questo ministero viene così esercitato:

a) Al vescovo spetta presiedere specialmente quelle celebrazioni che riguardano tutta la comunità diocesana e che si svolgono con particolare solennità e con grande concorso di popolo: pertanto il vescovo può riservare alla sua persona alcune celebrazioni, specialmente se svolte in forma più solenne.

b) Ai presbiteri, come richiede la natura del loro servizio verso il popolo di Dio, spetta presiedere le benedizioni, quelle specialmente che riguardano la comunità al cui servizio essi sono dedicati; possono quindi celebrare tutte le benedizioni contenute in questo libro, a meno che non sia presente e presieda i1 vescovo.

e) Ai diaconi, quali aiutanti del vescovo e del suo presbiterio come ministri della Parola, dell'altare e della carità, spetta presiedere alcune celebrazioni, come indicato a suo luogo.

Tutte le volte però che è presente un sacerdote, è più opportuno che proprio a lui venga affidato il compito di presiedere: il diacono gli presterà servizio, esercitando nell'azione liturgica le proprie mansioni.

d) Agli accoliti e ai lettori, che in base alla loro «istituzione» svolgono nella Chiesa un ufficio particolare, viene giustamente conferita, a giudizio dell'Ordinario del luogo, la facoltà di impartire di diritto, a preferenza degli altri laici, alcune benedizioni. Anche altri laici, uomini e donne, in forza del sacerdozio comune, di coi sono stati insigniti nel Battesimo e nella Confermazione, - a condizione che esista un compito specifico (quello, per esempio, dei genitori verso i figli), o l'esercizio di un ministero straordinario, o lo svolgimento di altri uffici particolari nella Chiesa, come avviene in alcune regioni per i religiosi o i catechisti - a determinate condizioni e a giudizio dell'Ordinario del luogo e purché sia notoria la loro necessaria preparazione pastorale e la loro prudenza nel compimento delle mansioni loro affidate, possono celebrare alcune benedizioni con il rito e il formulano per essi previsto, come indicato nel rituale di ogni benedizione. Se però è presente un sacerdote o un diacono, si deve lasciare a lui il compito di presiedere.

Pertanto in casa tua puoi invocare spesso la benedizione del Signore sulla famiglia, sui figli, sulle loro necessità e anche sugli oggetti che vi servono per compiere il vostro dovere a lode di Dio e a beneficio degli uomini.
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Chi era la moglie di Caino? Ma Adamo ed Eva non erano gli unici uomini oltre a lui?

6/11/2014

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Chi era la moglie di Caino?
Ma Adamo ed Eva non erano gli unici uomini oltre a lui?


DOMANDA
Leggendo l’Antico Testamento ho diversi dubbi. Si dice ad esempio che Caino, dopo aver ucciso Abele, si sposò e partorì Enoc, ma se Adamo ed Eva erano gli unici uomini che in quel momento avevano come figlio solo Caino come fece Caino a conoscere moglie? Come è possibile che Adamo visse 930 anni e dopo Caino e Abele generò altri figli e figlie? Forse calcolavano gli anni non di 365 giorni? Grazie per la cortese attenzione
Stefania Parisi
  
Risponde suor Giovanna Cheli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà teologica dell'Italia centrale.
 
RISPOSTA
Le domande proposte sono molteplici, ma hanno un comune denominatore: come spiegare alcune contraddizioni che si trovano nella Sacra Scrittura e in modo particolare, stando all’interesse mostrato, nell’Antico Testamento? Divido la risposta in due parti. Prima vedo perché esistono queste contraddizioni e poi cerco di sciogliere i nodi individuati da questa attenta lettrice. Chiaramente la risposta semplifica al massimo questioni ben più articolate e profonde di quello che è possibile esprimere in un numero limitato di battute.

La Costituzione dogmatica Dei Verbum, documento del Concilio Vaticano II sulla Parola di Dio, scrive al n°12: «Dio ha parlato nella Sacra Scrittura per mezzo di uomini e alla maniera umana». Questo principio fondamentale dice qualcosa d’indispensabile per la comprensione di ogni pagina della Bibbia. La Parola di Dio nella S. Scrittura ci viene data sempre con il tramite di  qualcuno e sempre con linguaggio umano e questo è il segno della grande «condiscendenza» di Dio nei nostri confronti. Scrive ancora il Concilio: «le parole di Dio, infatti, espresse con lingue umane si sono fatte simili al parlare dell’uomo, come già il Verbo dell’Eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell’umana natura, si fece simile all’uomo» (DV13). Dunque per dirla con la lettrice, la Sacra Scrittura, come parola umana porta con sé delle contraddizioni, come Parola di Dio però presenta tutta la verità salvifica rivelata nel Verbo fatto carne: «Dio nessuno l’ha mai visto, il Figlio unigenito che nel seno del Padre è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18).

Queste poche cose che ho richiamato, sono già sufficienti per spiegare che le contraddizioni logiche presenti nel testo sacro, non inficiano mai la prospettiva salvifica che i due autori, Dio e l’uomo, ci hanno donato: il primo come artefice della salvezza e fonte dell’ispirazione, il secondo come destinatario della rivelazione e strumento ispirato, che ha impiegato le sue facoltà naturali per raccontarci la salvezza. Il principio dell’Incarnazione è il parametro giusto per comprendere in che senso la S.Scrittura è Parola di Dio: il Verbo che si fa carne, nella storicità della sua esistenza assume una cultura, una lingua così anche la Parola di Dio, esprimendosi in parole umane, assume allo stesso modo una cultura e una lingua; per questo come dice San Massimo il Confessore «se tu non conosci le parole difficilmente risalirai alla Parola»; dunque l’interpretazione della Sacra Scrittura è indispensabile per rifuggire la tentazione del letteralismo o del fondamentalismo che induce a scambiare la Parola con le parole con cui i testi sacri sono scritti.  Il compito dell’interpretazione è quindi quella di superare il limite delle parole per cogliere il messaggio salvifico racchiuso in esso.

Una volta chiarite questi principi essenziali, sono in grado di rispondere alla prima questione: le contraddizioni che s’incontrano nella S. Scrittura sono legate spesso ai limiti della cultura o del linguaggio, di un genere letterario o di un altro, in cui la Parola di Dio si incarna per far giungere a noi, o ai destinatari del tempo, il messaggio salvifico di Dio. Il nodo delle varie questioni quindi si scioglie pensando proprio al fatto che si deve guardare alla S. Scrittura facendo «debita attenzione sia agli abituali e originari modi di intendere, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo» (DV12).

Riguardo al fatto che Caino conosca moglie nonostante non si parli mai di altri figli dei progenitori, né di donne in genere, direi semplicemente che il racconto non si sofferma su questo particolare; si rammentano i personaggi principali dopo aver stabilito il principio maschile e femminile in Adamo ed Eva ed aver così impiantato l’aspetto della procreazione umana. D’altronde vi è un’altra pagina, questa volta del vangelo, in cui le donne e i bambini non sono contati; quando si riferisce il miracolo dei pani, Matteo nel riportare il numero dei presenti precisa: «erano circa cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini» (Mt 14,21); usava evidentemente non tenere di conto queste categorie più deboli.


Riguardo infine all’età fantastica dei personaggi biblici, non c’è bisogno di scomodare il computo dei giorni in un anno. La valenza di questi numeri è fortemente simbolica: anticamente si riteneva che l’uomo giusto e gradito a Dio viveva a lungo, era forte ed aveva una numerosa discendenza. Così la vita dell’uomo fedele a Dio si evolveva naturalmente dall’abbondanza degli anni vissuti sulla terra all’eternità della perfetta comunione con Dio. Per Enoc lo si dice chiaramente: «l’intera vita di Enoc fu di trecentosessantacinque anni. Enoc camminò con Dio poi scomparve perché Dio lo aveva preso» (Gen 5,23). Il nostro tempo di vita terreno è ben più limitato, ma non sarà meno significativo se lasciamo crescere in noi l’amore che Dio ci ha rivelato con la sua Parola. 
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