Perché non lasciare quelli che vivono nel peccato nel loro stato di incoscienza che, a motivo della mancata avvertenza, darebbe loro una salvezza sicura?
Quesito
Il peccato mortale allontana l'uomo da Dio, profana il nostro tempio dello Spirito Santo, rendendoci indegni di farLo vivere in noi e potere quindi operare attraverso noi, rendendoci strumenti vivi di Carità.
Detto questo il peccato mortale presume nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso.
Se consideriamo la stragrande maggioranza dei ragazzi essi (ed io non mi escludo da tale condotta di vita passata, spero passata per sempre) vivono nella "normalità" peccando di lussuria, ira, accidia, non santificazione delle feste , ecc... ma questo accade probabilmente perché non sono interessati a Cristo e alla dottrina cattolica, probabilmente perché l'insegnamento a loro dato è stato molto debole in tale senso e così crescendo se ne sono un po' "fregati" e hanno continuato a vivere come il mondo di cui satana è il principe porta a vivere.
Questo peccare così ripetutamente senza pentimento né conversione tuttavia, avvenendo con mancanza di deliberato consenso e di piena avvertenza, non porterà ad aver commesso peccati mortali e dunque essi saranno tutti destinati alla salvezza eterna, dopo ovviamente più o meno lunghi tempi di Purgatorio......ma allora perché cercare di convertirli alla parola di Dio se mancando in loro la piena coscienza sarebbero esuli dal commettere peccati gravi? Perché non lasciarli nel loro stato di "incoscienza" che tuttavia li porterebbe alla salvezza sicura? Perché rischiare di metterli a conoscenza del fatto che ciò che compiono è grave, contro Dio, contro l'uomo, sapendo che se nonostante quanto gli venga detto essi continueranno a farlo a quel punto commetteranno peccato grave e si danneranno?
Mi potrebbe spiegare se e in cosa tale ragionamento non ha valore? Se così fosse, l'avere avuto forti insegnamenti cristiani, il sentire spinta interiore nel cercare di capire e volere Cristo nella propria vita, le fatiche per santificarsi giorno dopo giorno a cosa servono se poi ogni peccato che purtroppo si commette in questo tortuoso ed arduo cammino è infinitamente più grave di chi ne commette a centinaia senza deliberato consenso e senza farsi problemi per quel che compie?
Spero di essere stato chiaro nel mio ragionamento che spero non giudicherà in qualche modo blasfemo o ridicolo. Non le ho scritto queste cose per disperazione o disprezzo verso quanto mi è stato insegnato, anzi ringrazio Dio per la mia famiglia e per il dono della se pur ancora debole Fede in Lui.
Volevo solo capire meglio alcuni miei dubbi.
Risposta del sacerdote
1. in tanti giovani che vivono lontani da Dio forse sul momento di commettere diversi peccati manca, come tu stesso dici, la piena avvertenza della mente e il deliberato consenso della volontà.
Ma questo non significa che non vi possa essere una responsabilità di fondo molto grave.
Sul momento questi giovani (quelli cui fai riferimento) non hanno nessuna intenzione di compiere del male. Sono nell’ignoranza invincibile.
2. Tuttavia si deve distinguere tra coscienza invincibilmente e incolpevolmente erronea e coscienza invincibilmente ma colpevolmente erronea.
Il Concilio Vaticano II ricorda che l’ignoranza invincibile può essere è colpevole come“quando l’uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato” (GS 16).
3. Non possiamo dimenticare o far finta che Gesù, il Maestro interiore, non sussurri continuamente alla coscienza di tutti di fare il bene e di fuggire il male.
Il cuore dei bambini e dei ragazzi è sensibile a questi richiami. Ma poi a motivo dei peccati personali il cuore poco per volta si indurisce come un sasso e alla fine si giunge a non avvertire più il senso del bene e del male.
E questo è tragico.
Ed è per questo che il Concilio sottolinea che certa ignoranza invincibile è colpevole perché“poco si cura di cercare la verità e il bene” e perché “la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato” (GS 16).
4. Inoltre siamo certi che Cristo come buon pastore incessantemente è alla ricerca di chi si è smarrito.
Lo cerca attraverso gli impulsi della coscienza che spingono alla conversione.
Questi impulsi non li fa mai mancare a nessuno.
5. Ma c’è un'altra cosa che dimentichi nelle tue osservazioni ed è particolarmente grave. Sembra quasi che la condizione di chi è in peccato sia più felice di chi vive nell’amicizia con Dio.
Ebbene, vivere in grazia non significa semplicemente non commettere peccati mortali e avere un rapporto giuridico onesto col Signore.
Si legge nella lettera agli ebrei: “Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,4-5).
Ti pare poca cosa diventare partecipi dello Spirito Santo, godere di una sazietà interiore a motivo della presenza personale di Dio nel cuore?
E ti pare poca cosa gustare “la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro”?
È un’esperienza impagabile questa, caro Paolo.
È un’esperienza di ordine soprannaturale che riempie l’anima di luce, di grazia e gioia.
Quale luce c’è in chi vive e si deteriora progressivamente nel peccato?
Senza dire dell’insoddisfazione intrinsecamente legata al peccato.
Il peccato è realtà mancante.
Proprio per questo non sazia e non può saziare mai, se non in maniera momentanea e illusoria.
6. La conclusione pertanto va nella direzione diametralmente contraria a quanto tu ipotizzi: “Perché non lasciarli nel loro stato di "incoscienza" che tuttavia li porterebbe alla salvezza sicura?”.
Gesù non ha detto così. Ma ha detto di andare nel mondo intero e di evangelizzare ogni creatura.
Ha anche soggiunto che “chi non crederà sarà condannato” (Mt 16.16).
Non ha detto che chi non crederà si salverà più facilmente di chi crede.
Desidero anche ricordare che credere non significa soltanto sapere che Dio c’è, perché questo lo sanno anche i demoni.
Significa piuttosto obbedire ai suoi insegnamenti e prendere il vangelo come base per la propria vita.
Ti saluto, ti auguro di essere un buon apostolo tra i tuoi coetanei perché anch’essi diventino “partecipi dello Spirito Santo” e gustino “la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,4-5).
Intanto prega per loro e rafforza la tua preghiera unendovi qualche sacrificio per la loro salvezza.
di Padre Angelo Bellon
Dal sito Amici Domenicani
(link)
Quesito
Il peccato mortale allontana l'uomo da Dio, profana il nostro tempio dello Spirito Santo, rendendoci indegni di farLo vivere in noi e potere quindi operare attraverso noi, rendendoci strumenti vivi di Carità.
Detto questo il peccato mortale presume nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso.
Se consideriamo la stragrande maggioranza dei ragazzi essi (ed io non mi escludo da tale condotta di vita passata, spero passata per sempre) vivono nella "normalità" peccando di lussuria, ira, accidia, non santificazione delle feste , ecc... ma questo accade probabilmente perché non sono interessati a Cristo e alla dottrina cattolica, probabilmente perché l'insegnamento a loro dato è stato molto debole in tale senso e così crescendo se ne sono un po' "fregati" e hanno continuato a vivere come il mondo di cui satana è il principe porta a vivere.
Questo peccare così ripetutamente senza pentimento né conversione tuttavia, avvenendo con mancanza di deliberato consenso e di piena avvertenza, non porterà ad aver commesso peccati mortali e dunque essi saranno tutti destinati alla salvezza eterna, dopo ovviamente più o meno lunghi tempi di Purgatorio......ma allora perché cercare di convertirli alla parola di Dio se mancando in loro la piena coscienza sarebbero esuli dal commettere peccati gravi? Perché non lasciarli nel loro stato di "incoscienza" che tuttavia li porterebbe alla salvezza sicura? Perché rischiare di metterli a conoscenza del fatto che ciò che compiono è grave, contro Dio, contro l'uomo, sapendo che se nonostante quanto gli venga detto essi continueranno a farlo a quel punto commetteranno peccato grave e si danneranno?
Mi potrebbe spiegare se e in cosa tale ragionamento non ha valore? Se così fosse, l'avere avuto forti insegnamenti cristiani, il sentire spinta interiore nel cercare di capire e volere Cristo nella propria vita, le fatiche per santificarsi giorno dopo giorno a cosa servono se poi ogni peccato che purtroppo si commette in questo tortuoso ed arduo cammino è infinitamente più grave di chi ne commette a centinaia senza deliberato consenso e senza farsi problemi per quel che compie?
Spero di essere stato chiaro nel mio ragionamento che spero non giudicherà in qualche modo blasfemo o ridicolo. Non le ho scritto queste cose per disperazione o disprezzo verso quanto mi è stato insegnato, anzi ringrazio Dio per la mia famiglia e per il dono della se pur ancora debole Fede in Lui.
Volevo solo capire meglio alcuni miei dubbi.
Risposta del sacerdote
1. in tanti giovani che vivono lontani da Dio forse sul momento di commettere diversi peccati manca, come tu stesso dici, la piena avvertenza della mente e il deliberato consenso della volontà.
Ma questo non significa che non vi possa essere una responsabilità di fondo molto grave.
Sul momento questi giovani (quelli cui fai riferimento) non hanno nessuna intenzione di compiere del male. Sono nell’ignoranza invincibile.
2. Tuttavia si deve distinguere tra coscienza invincibilmente e incolpevolmente erronea e coscienza invincibilmente ma colpevolmente erronea.
Il Concilio Vaticano II ricorda che l’ignoranza invincibile può essere è colpevole come“quando l’uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato” (GS 16).
3. Non possiamo dimenticare o far finta che Gesù, il Maestro interiore, non sussurri continuamente alla coscienza di tutti di fare il bene e di fuggire il male.
Il cuore dei bambini e dei ragazzi è sensibile a questi richiami. Ma poi a motivo dei peccati personali il cuore poco per volta si indurisce come un sasso e alla fine si giunge a non avvertire più il senso del bene e del male.
E questo è tragico.
Ed è per questo che il Concilio sottolinea che certa ignoranza invincibile è colpevole perché“poco si cura di cercare la verità e il bene” e perché “la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato” (GS 16).
4. Inoltre siamo certi che Cristo come buon pastore incessantemente è alla ricerca di chi si è smarrito.
Lo cerca attraverso gli impulsi della coscienza che spingono alla conversione.
Questi impulsi non li fa mai mancare a nessuno.
5. Ma c’è un'altra cosa che dimentichi nelle tue osservazioni ed è particolarmente grave. Sembra quasi che la condizione di chi è in peccato sia più felice di chi vive nell’amicizia con Dio.
Ebbene, vivere in grazia non significa semplicemente non commettere peccati mortali e avere un rapporto giuridico onesto col Signore.
Si legge nella lettera agli ebrei: “Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,4-5).
Ti pare poca cosa diventare partecipi dello Spirito Santo, godere di una sazietà interiore a motivo della presenza personale di Dio nel cuore?
E ti pare poca cosa gustare “la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro”?
È un’esperienza impagabile questa, caro Paolo.
È un’esperienza di ordine soprannaturale che riempie l’anima di luce, di grazia e gioia.
Quale luce c’è in chi vive e si deteriora progressivamente nel peccato?
Senza dire dell’insoddisfazione intrinsecamente legata al peccato.
Il peccato è realtà mancante.
Proprio per questo non sazia e non può saziare mai, se non in maniera momentanea e illusoria.
6. La conclusione pertanto va nella direzione diametralmente contraria a quanto tu ipotizzi: “Perché non lasciarli nel loro stato di "incoscienza" che tuttavia li porterebbe alla salvezza sicura?”.
Gesù non ha detto così. Ma ha detto di andare nel mondo intero e di evangelizzare ogni creatura.
Ha anche soggiunto che “chi non crederà sarà condannato” (Mt 16.16).
Non ha detto che chi non crederà si salverà più facilmente di chi crede.
Desidero anche ricordare che credere non significa soltanto sapere che Dio c’è, perché questo lo sanno anche i demoni.
Significa piuttosto obbedire ai suoi insegnamenti e prendere il vangelo come base per la propria vita.
Ti saluto, ti auguro di essere un buon apostolo tra i tuoi coetanei perché anch’essi diventino “partecipi dello Spirito Santo” e gustino “la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,4-5).
Intanto prega per loro e rafforza la tua preghiera unendovi qualche sacrificio per la loro salvezza.
di Padre Angelo Bellon
Dal sito Amici Domenicani
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