La nostra società sempre più secolarizzata ha prodotto un aumento vertiginoso di separazioni, divorzi e convivenze. Spesso di fronte ad un matrimonio che fallisce la scelta è prendersi un altro partner, tuttavia vi sono alcuni che vogliono rimanere fedeli al patto coniugale fondato sull'amore. Abbiamo chiesto ad uno di questi, un uomo poco più che quarantenne, le motivazioni di una scelta oggi tanto coraggiosa ed impegnativa.
Lei dopo la separazione ha scelto di non rimettersi con un'altra donna, cosa l’ha spinta a questa decisione che sembra in contrasto con la pratica dominante?
Il mio nome è Luca, mi sono separato nel 2007, ho due figli un maschietto ed una femminuccia di rispettivamente 12 e 10 anni e sono Vigile del Fuoco a Roma. Premetto che quando mi sono separato non credevo, non avevo in nessun modo a che fare con la religione e quindi con la Chiesa. All'inizio ho provato a conoscere altre donne con l'intenzione di "rifarmi una vita", allora tutte le voci di conoscenti e parenti consigliavano in tal senso, ero spinto a farlo perché "oggi è normale”, “lo fanno tutti”, “i tempi sono cambiati" e ancora "chiusa una porta si apre un portone”, “quando il vaso è rotto rimane rotto". Le donne che ho conosciuto, non poche, erano brave donne, premurose, disponibili, ma guardandole bene non vedevo nulla che potesse farci vivere insieme.
I giorni passavano e non mi sentivo soddisfatto, mancava sempre qualcosa dentro di me, la progettualità, l'interesse per i figli, l'affetto, il calore della mia famiglia, ciò in cui ero cresciuto, insomma era solo un uscire, un andare a letto, un parlare superficiale e un vivere insipido e sciapo, poi nella mente e nel cuore c'era sempre lei, mia moglie, la vedevo come l' unica persona che poteva dare un senso al tutto, progettare non solo per noi ma per i nostri figli.
Ho sofferto molto, non riuscivo razionalmente a dare una risposta a questo malessere, mi trovavo in una vita che non era la mia, non mi piaceva, non la volevo e quindi cambiavo sempre partner prima una, poi un'altra e così via, questo per un paio di anni dove le voci e i consigli degli altri ti riferivano, “evidentemente non hai ancora trovato quella giusta”.
Tutto questo tormento e tribolazione interiore mi hanno condotto verso la Fede e la Chiesa, in Lei ho trovato qualcuno che pensava finalmente come me, il suo concetto di amore era quello che cercavo, sulla famiglia eravamo all'unisono, quindi la conversione è arrivata così. Infatti tanti familiari e colleghi spesso mi accusano, ingiustamente, di rimanere da solo, fedele alla mia famiglia, perché me lo dice la Chiesa ed io rispondo sempre che non lo faccio per la Chiesa ma perché nel mio cuore il mio amore è sempre per mia moglie e la mia famiglia e non vedo altre possibilità che abbiano un senso, anche solo da un punto di vista umano.
Nella mia ricerca di dare un senso alle mie domande interiori sull'amore, sulla famiglia e sulla vita ho trovato risposta nell'insegnamento della Chiesa, dove morire per l'altro, credere nell' amore (Dio Amore, origine di ogni amore) e quindi nel matrimonio dove nasce la vera ed unica famiglia possibile, madre, padre e figli, la fedeltà nella debolezza dell'altro, il sacrificio per amore per un qualcosa che va oltre l'umano, ti fa incontrare, avvicinare a Colui che ha dato se stesso per gli altri.
La solitudine è difficile da sopportare. In che modo l’ha vissuta e quale strada ha trovato per conviverci serenamente?
Questa è la cosa che nella mia scelta mi ha fatto e mi fa ancora faticare, ci sono momenti in cui sopporti il peso abbastanza bene ed altri in cui ti soffoca, ti opprime. D’altro canto la soluzione non è quella di "rifarsi una vita" che copra solo le parti formali. In questo senso è solo possibile "complicarsela maggiormente".