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CONTROCORRENTE

15/6/2016

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Ci vuole una grande forza per andare contro natura, come per andare controcorrente. Lo so che, nell'intendere a cui siamo abituati, andare controcorrente è una cosa giusta e doverosa: ma fermiamoci un attimo al significato originario del termine.

Non so se avete mai nuotato o remato controcorrente per davvero. Come correre contro un vento impetuoso: fai fatica, ci metti tutto te stesso ma sei sospinto indietro. Perché il fluire delle cose va in senso opposto a te.
Un tempo non erano rari certi racconti di quel moralismo tipico del calvinismo nordeuropeo: pieni di bambini a cui accadevano disgrazie terrificanti perché disubbidivano ai genitori. Quei racconti erano fasulli, nel senso che se si viene colpiti da un qualche accidente non è colpa di un dio vendicativo, ma perché disubbidire, trasgredire, andare contro corrente e contro natura è spesso troppo faticoso per le nostre forze. Se corri al buio ti prendi una storta non perché tu abbia trasgredito un comandamento, ma perché non vedi dove vai. Chi corre al buio e si trova una caviglia slogata può sentirsi maledetto, ribaltare la colpa sulla società o sulla cattiveria dei tempi, ma in realtà l'unica cosa di cui può accusare il mondo è di non essere perfettamente liscio.
Il non sapere che il mondo non è liscio può chiamarsi in vario modo: ingenuità, ignoranza, o stupidità. Come chiameremmo però chi incoraggia nella trasgressione? Oggi sembra prevalere il racconto immorale: il nuovo conformismo è fare l'opposto del ragionevole.

Se i cristiani avvertono che certe pratiche sono contro l'ordine naturale e andrebbero evitate, non è che invocano la disgrazia su chi le mette in atto. Si limitano a segnalare che il mondo va in una direzione, e che sarebbe decisamente meglio non correre nell'altro verso. Il pericolo è inciampare, e cadere rovinosamente trascinando anche altri con sé.
Il peccato, così come ci è stato insegnato, non è infrangere un moralismo ridicolo e arretrato, ma decidere di fare qualcosa di male pur essendo stati avvisati. Andare contromano in autostrada può essere visto anche come un atto di libertà, ma più verosimilmente come un atto criminale. Ad andare controcorrente si finisce per essere trascinati dove non penseremmo, perché anche i migliori nuotatori si stancano molto prima che l'acqua di fluire.

​L'avviso che la corrente è troppo forte, che la strada è buia e sconnessa, che stiamo imboccando un senso vietato andrebbe sempre preso sul serio. Potete anche ignorarlo, e irriderlo, come alcuni di voi lettori faranno con il presente articolo; e allora spero per voi in un pavimento sempre liscio, una barca sempre pronta, un'autostrada vuota.

Dal blog di Berlicche
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IL GIORNO IN CUI ABOLIRONO LA VERITA'

1/6/2016

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Il giorno che al parlamento abolirono la verità, era un mercoledì.

Il ragionamento era abbastanza semplice. Se le guerre sono causate da due parti che pretendono ognuna di essere nel giusto, abolendo la verità i contendenti sarebbero rimasti senza argomenti e avrebbero fatto la pace.
“Era ora che i nostri rappresentanti si accorgessero delle spinte della società civile” dissero i giornali e le televisioni. “Qui alla verità non crede nessuno da un pezzo, è tempo di prenderne atto”.
Tra politici e intellettuali furono date adesioni e firmati appelli. C’era grande euforia.

La prima stesura fu rifiutata, la seconda respinta. Alcuni in commissione mettevano i bastoni tra le ruote, e da più parti si attribuiva questo ad un conflitto di interesse. “Quelli che credono che la verità esista non dovrebbero prendere parte a questo progetto”, disse un delegato.
Alla fine fu faticosamente presentato un testo condiviso. Uno dei commi prevedeva l’abolizione delle religioni, in quanto strutture ideologiche e guerrafondaie dato che asserivano che la verità esistesse. Ma i capi di quasi tutte, pur di essere autorizzate a sopravvivere, acconsentirono a dichiarare che la loro non era poi tanto una verità, ma un’opinione o un desiderio.
Ci furono due eccezioni: i musulmani, che mugugnarono fino a che un imam non disse che, siccome la verità era comunque decisa da Allah, in fondo quella legge poteva andare bene; e i cattolici. Nella Chiesa ci furono molti che sostennero che essa dovesse adeguarsi ai tempi, ma alla fine non fu accettato nessun compromesso. C’erano dei dogmi, in fin dei conti.

Il clima si surriscaldò, tanto che sembrava che la legge non sarebbe passata. Alcuni radicali si incatenarono ai banchi del Parlamento contro quelli che chiamavano i fondamentalisti del vero: “Dio è un’opinione, e io sono contrario”, gridavano, “Quelli lì sono contro il libero pensiero! Sono liberofobi!”. Alcuni delegati cattolici si inventarono migliaia di emendamenti per prolungare il dibattito.
Per troncare la discussione fu elaborato un maxiemendamento che li annullava tutti. In questo si sosteneva che i dogmi non erano veri, e quindi nessun cattolico poteva dire niente in proposito. Qualcuno lo chiamò Kunguro.

Nonostante mugugni e dissapori il nuovo documento fu votato a maggioranza, dopo che alcune nazioni molto influenti minacciarono sorridenti pesanti ritorsioni per chi non si fosse adeguato. A detta dei vincitori si trattò del più grande passo avanti della democrazia, dato che in questa maniera nessuno si sarebbe più potuto dire migliore degli altri perché aveva ragione.
L’emendamento fu votato anche da alcuni paesi che si dicevano cattolici, ma che si vantarono di avere portato la Chiesa nel futuro. Non è che potessimo farci niente, dissero i loro rappresentanti, è il mondo moderno. Dobbiamo adeguarci.
I titoli dei media furono: “Si apre una nuova era di pace”.

Solo dopo si scoprì che le guerre in realtà sono causate dalla cattiveria; ma era troppo tardi, perché ormai la verità non interessava più a nessuno, e a quelli che avevano il potere meno che mai.
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