Non viene per aprire la porta a Cristo. Il Risorto se n’è già andato: chi esce dalla morte non lo fa certo dalla parte da cui vi è entrato. Il modo della sua partenza appartiene al totalmente nuovo e inedito, incapace di sottomettersi ad alcuna delle leggi conosciute. Qualcosa di così misterioso da risultare indicibile e indescrivibile perfino alle parole dei Vangeli.
L’angelo, allora, non viene a rotolare la pietra per far strada al Risorto, ma perché le donne vedano. Occorre che si imprima negli occhi, nella memoria, nel cuore l’evidenza dei segni, lasciandosi convincere dalla forte eloquenza del loro linguaggio.
Il ventre della morte è vuoto.
L’invincibile eterna carceriera ha le porte del suo regno scardinate. Quel che era una prigione inviolabile, ora è poco più di un luogo di passaggio. L’oscuro e invalicabile confine è divenuto una semplice soglia da attraversare, in un senso o nell’altro. L’estremo punto di non ritorno, è la base di partenza per un viaggio dai contorni tanto misteriosi quanto reali.
«Venite, guardate il luogo dove era stato deposto». Il grembo dell’eterna affamata non sa più trattenere la sua preda. Le donne devono vedere che l’opera di Cristo non si è conclusa sulla Croce ma il compimento ultimo è questo: la morte è stata attraversata e svuotata dal suo interno.
Ne resta l’involucro. Spoglio, inutile, inoffensivo.
E devono guardare a questo vuoto prima ancora di incontrare il pieno della sua vita risorta. Lui, prima o poi, se ne andrà ma il segno della pietra rotolata resterà come pegno di quella Presenza nuova e inspiegabile.
Quel guscio vuoto, pur in tutta la sua ambiguità, ha la forza per testimoniare l’assoluta novità cristiana, ciò che con Cristo accade e che mai si era visto prima. Quel fatto che avviene per la prima volta nella storia dell’umanità sconvolgendone radicalmente le leggi, trasformandola fin dal profondo in modo fin lì inimmaginabile, avviando un’epoca totalmente nuova e inattesa.
Non il comandamento dell’amore, non la logica del servizio disinteressato, nemmeno forse la compassione di Dio. La novità tutta cristiana – quella che solo Cristo porta – è un uomo sopravvissuto alla tomba.
E se quell’uomo è Figlio di Dio, significa che Dio è nemico della morte definitiva, che essa non è sua volontà mai e in nessuna occasione, che Egli non lascerà alcuno dei suoi figli nel regno delle tenebre, che il Suo desiderio di vita è così potente da trasformare quella nemica in un’alleata, attraverso cui introdurre l’uomo in un’esistenza senza più limiti né confini.
Questa è una rivoluzione. Questa è la rivoluzione cristiana.
Perché se cambia la morte, cambia ogni cosa di questo mondo da sempre sottoposto ad essa.
Cambia l’uomo, cambia Dio, cambia il perché delle cose, cambiano le prospettive per valutarle, cambiano le priorità, cambiano le relazioni sociali, cambia l’amore, cambia il senso della fatica.
Senza la paura della morte, senza la possibilità di minacciare e di incutere timore cambiano i rapporti di forza e i sistemi di potere che sulla forza della morte sempre si sono costruiti.
Se la morte è vuota questo non è più un tempo da spremere consumando ogni cosa che abbiamo di fronte come fosse l’unica. Questo non è più un palcoscenico su cui potersi affermare prevaricando l’altro. Questa non è più una storia da attraversare come un gioco ad eliminazione.
Senza lo spettro della morte definitiva si costringono le società a ristrutturarsi, le economie a ripensarsi, gli organismi politici a reinventarsi, i sistemi di pensiero a riorganizzarsi, le priorità personali a rivedersi.
Quel sepolcro perciò non può restare aperto. Va richiuso con ogni mezzo lecito o illecito. Sono duemila anni che ci provano in tutti i modi possibili.
La voce di chi lo annuncia vuoto e di chi dichiara che Cristo è vivo va fatta tacere. Perciò i cristiani vanno confusi, distratti, disorientati circa la verità del sepolcro vuoto.
Che non si veda, che non si sappia, che non si senta, che la morte non sia svelata nella sua impotenza davanti allo strapotere vitale di Dio, che la morte appaia ancora forte e invincibile.
Pietre di nuovo davanti al sepolcro, pietre davanti alle bocche che lo proclamano vuoto, pietre sopra i cuori che credono al Risorto.
Pietre che hanno il peso delle violenze efferate, del terrore che si diffonde, del senso di assenza di futuro e mancanza di prospettiva, del clima di decadenza. Di tutto ciò che, con un’enorme capacità di convinzione, insinua l’idea della morte come una logica possibile e del male come unica strategia vincente.
Perché il cristiano sconfitto non è mai quello ucciso, ma quello che perde di vista il sepolcro vuoto e non sa più credere né dire il volto del Risorto.
Ogni tempo però è il tempo della rivoluzione cristiana.
I cristiani rivoluzionari sono quelli che tengono lo sguardo fisso sul sepolcro vuoto e, indicandolo, annunciano Cristo vivo. Quelli che svuotano dall’interno le logiche di morte non rispondendo mai con la stessa moneta ma sempre con quella della vita. Quelli che danno forma alla loro esistenza a partire dalla Pasqua del Cristo Crocifisso e Risorto. Quelli che non permettono alla paura di rinchiudere sotto chiave la loro fede, la loro speranza, la loro carità.
I credenti, invece, che si arroccano in posizioni difensive a guardia alle tradizioni che loro hanno stabilito, presi dalla paura di veder crollare quel che han costruito, danno solo man forte a chi vuol vedere quel sepolcro chiuso.
L’unica cosa a cui i cristiani devono montare di guardia è quella pietra, perché resti al suo posto.
Rotolata via, per sempre. Insieme alla paura della morte.
don Cristiano Mauri
Da labottegadelvasaio.net
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