"Padre" quindi deriva da "recinto", in quanto il padre è colui che protegge.
Egli delimita anzitutto un limite, un argine, un confine oltre il quale non si può andare. Tutto ciò non va visto come una costrizione, un impedimento che ci opprime o che, peggio ancora, ci priva della nostra libertà, ma come quelle mura di protezione robuste, sicure, solide, affidabili, che ci difendono e ci proteggono dalle minacce e dagli attacchi che provengono dall'esterno. E' un argine finalizzato al nostro bene, perché al di là di esso potremmo imbatterci da soli nei pericoli del mondo.
Il padre, quindi, è l'autorità che stabilisce i no, le regole da rispettare per non rischiare di valicare il limite di ciò che è lecito, buono e giusto.
Quelle regole sono volte al nostro bene, perché ci preservano dai pericoli assicurati.
Come prima, la regola non è una privazione della nostra libertà, anzi ne è il suo pieno compimento, perché garantisce l'ordine nel creato e l'armonia nella nostra vita.
Ma un recinto di protezione è anche tutto ciò contro cui si abbattono i colpi dei nemici scagliati dall'esterno pur di non danneggiare quanto di prezioso è custodito al suo interno.
Il padre, dunque, è la cinta muraria che sa sacrificarsi per la sua famiglia, che sa soffrire, che sa combattere, che sa dare la sua vita, che è pronto a incassare i colpi provenienti dall'esterno, pur di preservare indenni la sua regina e i suoi figli.
Se infatti la madre insegna ai propri figli come vivere, il padre insegna loro come morire.
Il segreto di una famiglia felice è in questa immagine: un padre che governa e protegge la famiglia, una madre che custodisce la vita e l'unità.
Dario Maria Minotta