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LA PASQUA TRA GLI ULTIMI E I LONTANI

23/4/2014

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“Buona Pasqua!” augura a tutti il ghanese Manuel: hai voglia di ripetergli che “manca ancora un po’ alla festa”…lui va avanti imperterrito. ”Buona Pasqua” gli fanno eco gli ospiti islamici che non capiscono, ma si adeguano. “Buona Pasqua” dicono in anticipo collaboratori e volontari facendo capire che mancheranno proprio nei giorni in cui la loro presenza è più significativa. E’ inevitabile a questo punto che ci si chieda che senso abbia quell’augurio così ripetuto e ancor più la celebrazione della morte e risurrezione di Gesù in un ambiente e con gente che poco vuole avere a che fare con la fede cristiana. E’ allora che mi viene alla mente lo straordinario quadro della “Salita al Calvario” di Bruegel il Vecchio tradotto in un film altrettanto straordinario (“I colori della Passione”) da Lech Majewski. Tanto nel quadro del pittore fiammingo come nel film del regista svedese, gli episodi della passione di Cristo paiono  smarrirsi nella complessità della scena: a fatica si riesce a coglierli nell’esagerata profusione dei dettagli, mentre l’evento clou della fede sembra perdersi nei troppi racconti. Penso che al Patronato capiti la stessa cosa: mentre il Signore muore in croce, nel grande cortile della casa centrale c’è chi stende i panni ad asciugare, chi taglia i capelli all’amico, chi aggiusta le biciclette, chi si lava alla fontanella, chi parla al telefonino, chi beve il caffè o consuma il panino, chi si apparta a pregare Allah. C’è gente che entra ed esce, che esulta per il goal o critica le mosse dei giocatori di dama; c’è chi discute ad alta voce e chi si nasconde a fumare spinelli o a barattare oggetti di dubbia origine. C’è gente che litiga e altra che osserva indifferente; che ascolta la radio o naviga in internet; che chiede aiuto o da ore siede immobile in attesa dell’occasione che non arriva mai. L’evento centrale della fede cristiana sembra dissolversi nel caos indistinto di una quotidianità che appiattisce ogni cosa e l’episodio che cambia la storia, si distingue a fatica tra le innumerevoli vicende di vissuti troppo diversi. Dio muore…e non capita nulla, tutto sembra andare avanti come sempre: penso con rammarico al fatto che gli islamici col loro ramadan riescono a incidere e a farsi notare molto di più. Ma mi risuonano dentro le parole di Gesù: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore porta molto frutto”. Gesù parla di un Dio che non teme di ridursi alle insignificanti dimensioni del chicco di grano e non esita a lasciarsi cadere nella stessa terra dalla quale all’inizio aveva tratto l’uomo. Gesù testimonia un Dio che muore e si dissolve per penetrare di sé la vicenda umana, per abitare le nostre povere, banali e spesso meschine esistenze; per soffrire i nostri dolori, godere le nostre gioie e condividere le nostre speranze. Un Dio che fa suo ciò che è nostro, che non disdegna nulla, ma accetta tutto, compresi il dolore, le malattie, il peccato, la morte che non gli appartengono…Perché la Pasqua rende ogni cosa, persona, vicenda e situazione segno della presenza divina, sacramento della sua grazia; perché con la Pasqua nulla più rimane estraneo a Dio e la quotidianità più banale -per chi sa vedere- diventa luogo della gloria dell’Eterno. Se le cose stanno così, non c’è posto più adatto per celebrare la Pasqua del Patronato dove la povertà accumuna italiani e stranieri, credenti e atei, cattolici e islamici, buoni e cattivi … e dove la carità divina rende tutti immagini viventi del crocifisso, fratelli nei quali il Signore non teme di identificarsi, anzi chiede d’essere accolto. Chi sa guardare nel modo giusto, infatti si accorge che se Gesù Crocifisso avvolge tutti nell’abbraccio della sua compassione, il Cristo Risorto trasfigura tutti nello splendore della sua luce, perché a Pasqua ogni cosa è illuminata. “Buona Pasqua anche a te” rispondo al marocchino. “Che c’entro io? E’ la tua festa!”. Non capisce che se è accolto al Patronato, se stanotte non ha dormito all’aperto, se oggi ha mangiato…è perché Gesù è risorto, ma poco importa: la liberazione di Cristo va al di là della nostra comprensione, perché comprende tutto e tutti. Il mondo nuovo è iniziato. 

don Davide Rota

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