Tutto è cominciato quando ero giovane, e lavoravo come cameriere in certi bar parigini. Io non ho studiato, ho dovuto imparare a mantenermi fin da piccolo. Servire ai tavoli dei caffé era la maniera ideale, i posti non mancavano anche per quelli come me. Era il periodo in cui tutti si credevano rivoluzionari. C’erano in particolare questi tizi, che stavano tutto il giorno ai tavolini a parlare di classe operaia e di come avrebbero cambiato il mondo. Dei veri pitocchi, spesso mantenuti dai genitori, e non accadeva una volta che mi lasciassero un soldo di mancia. Per loro non esistevo: ma guai se tardavo a portare un’ordinazione. A dirla tutta, erano parecchio antipatici, pieni di parole ma mai una gentile. Io li stavo a sentire; e certe volte mi scappava proprio da ridere per le stronzate che sparavano. Non avevano proprio nessuna idea della vita, la vita vera. Mai lavorato. Avevano una teoria più scema dell’altra, e avreste dovuto sentire con che serietà ci discutevano sopra. In quel particolare caffé, quell’estate, era riunito un gruppo di cretini come raramente avevo visto. Cafoni e rumorosi. Anche gente che era importante, o lo sarebbe diventata; e quelli erano i più antipatici.
Mi ricordo che c’era quel piccoletto strabico che affermava, serio eh, che siamo totalmente liberi di fare quello che vogliamo; e gli altri pendevano dalle sue labbra. Io stavo servendo le brioche e mi veniva la nausea. Non resistetti: a mezza voce, dissi “Allora uno è anche libero di essere una donna o un uomo, come gli pare!”. Non so se capirono che ero stato io a parlare, ma scoppiarono tutti in una risata per quella cretinata. Uno esclamò: “Ma che genere di teoria spari!” E la ganza del piccoletto: “E’ una teoria del genere!” E tutti a ridere più forte. Da allora ogni volta che si trovavano qualcuno ripeteva quelle frasi, e tutti a scompisciarsi. Era diventato una specie di fil rouge per quando le sparavano davvero grosse.
Succcesse però una cosa strana: che, siccome c’erano sempre nuovi fessi a quei tavolini, dopo un po’ qualcuno cominciò a prendere seriamente quello scherzo assurdo. Capite, credevano che quegli intellettualoni dicessero per davvero! E ogni volta erano ammiccamenti di noi camerieri dietro le spalle del gonzo che se l’era bevuta. Fatto sta che, gira e rigira, finirono per cominciare a dirlo credendoci, e nessuno si ricordava più che era cominciata come una mia presa per i fondelli. Alcuni ne hanno fatto persino nei libri, anche se sono convinto che è per dimostrare cosa si può far digerire alla gente. E’ impossibile che persone intelligenti che hanno studiato tanto possano davvero pensare che sia vero.
E anche adesso, che sono ormai in pensione, a volte faccio dei giri nei bar dove mi conoscono ancora, e magari incontro qualcuno che sa tutta la storia. Guardiamo assieme tutte quelle leggi e quei libercoli dove è ripetuta la mia boutade di quendo ero giovane, e ridiamo a crepapelle: ma quanto sono fessi questi!
Dal blog di Berlicche
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