
L'’odierna celebrazione del Venerdì ha i suoi albori probabilmente nella celebrazione della Chiesa di Gerusalemme, che era solita rievocare, con particolari riti, la passione di Cristo e ciò nei luoghi dove essa era realmente avvenuta. Le testimonianze di Egeria, probabilmente hanno influito sulla formazione di questa liturgia nelle Chiese di Roma. Dall’antichità questo giorno è stato aliturgico, cioè privo della celebrazione eucaristica. Il nucleo della celebrazione, come apprendiamo dall’Apologia di Giustino, è la celebrazione della Parola di Dio e, in modo particolare, la Passione secondo Giovanni. Gli Ordines ci offrono uno schema ben preciso: la prostrazione del vescovo con la preghiera silenziosa, una prima lettura seguita dal Tratto, e una seconda lettura, cui seguiva il canto della Passione. Concludevano la celebrazione le Orazioni solenni, che ri-elaborate, sono presenti nella nostra celebrazione. Esistevano anche altri schemi come quello, oggi adottato dal Messale: dopo la prostrazione viene proclamata la colletta che dà inizio alla Liturgia della Parola. Questa prosegue con le letture e la proclamazione della Passione secondo Giovanni, e concludersi con le solenni orazioni della Preghiera universale.
Come abbiamo detto, la celebrazione romana ha subito l’influsso delle tradizioni orientali. Nel VIII-IX sec. i vescovi di Roma provenivano da quella tradizione. Portano con loro l’Adorazione della croce. Nell’Urbe si conservava un frammento del legno della Croce. Esso veniva portato in processione dalla basilica di Santa Croce al Laterano. La processione veniva guidata dal papa che, scalzo, a mo’ di vescovi orientali, portava il turibolo (uso sconosciuto nella tradizione romana) davanti alla reliquia della Santa Croce. Tutto probabilmente si svolgeva in silenzio, in quanto solo nel tardo VIII sec. abbiamo testimonianze del canto delle antifone: Ecce lignum crucis… o Crucem tuam adoramus… di origine bizantina, che accompagnavano l’adorazione della croce. Nel XII sec. entra nella liturgia romana, specie sotto l’influsso delle liturgie franco-germaniche, un altro fattore: la drammatizzazione. Abbiamo molti gesti come ad esempio la velazione – svelazione della croce fin ora sconosciuta, le processioni con le statue, con la figura di Cristo morto, ma anche la stessa celebrazione diventa molto più complessa. Un ruolo che agevola questa pietà popolare è l’incomprensione della liturgia da parte dei fedeli.
Si è parlato già del carattere particolare del digiuno di questi giorni. In questo senso entra anche il digiuno eucaristico. “Il Signore è assente dal mondo, allora i discepoli digiunano”. C’è anche però un altro fattore. L’unico mistero di questi tre giorni culmina nella celebrazione della Veglia Pasquale, e in particolare nell’Eucaristia. “Bramiamo, dunque, il pane celeste della Risurrezione di Cristo”. Comunque per ciò che riguarda la comunione nell’arco dei secoli, gli usi sono stati diversi. Inizialmente come ci testimonia Ordo XXIII nella celebrazione del papa non ci si comunicava. “Chi vuole comunicarsi vada nelle altre chiese consumando da ciò che è stato conservato dalla celebrazione del giovedì”. Dal XIII secolo, però si comunica solo il pontefice. Il popolo, fino alla riforma del Vaticano II non poteva ricevere il pane eucaristico.
Oggi la celebrazione del Venerdì non è stata molto cambiata nella struttura celebrativa. E’ stata introdotta la comunione dei fedeli, restituita dalla riforma del 1955, anche se forse sarebbe stato meglio rimanere nella prassi antica, rappresentata tra l’altro dalle tradizioni orientali o anche da quella ambrosiana. La celebrazione si svolge nel primo pomeriggio. Il sacerdote indossa le vesti rosse, simboleggianti la regalità di Cristo, e ciò dall’inizio della celebrazione. L’ingresso del celebrante, fatto senza nessun canto, prosegue con la prostrazione e la preghiera silenziosa. Successivamente, dall’ambone, viene proclamata una delle collette a scelta, di nuova composizione. Segue la liturgia della Parola. Le letture sono state cambiate, e con ciò è cambiata anche la visione teologica. La prima lettura dal profeta Osea viene sostituita da quella del Servo sofferente di Isaia. Anche la seconda, al posto della lettura dall’Esodo, oggi viene proclamata la lettera agli Ebrei, che vuole significare il sacrificio di Cristo. Il vangelo, per l’antica tradizione, è sempre quello di Giovanni. Si può fare una piccola omelia seguita dalle solenni orazioni che, alcune riviste, e altre cambiate, esprimono meglio la mentalità del nostro tempo.
La seconda parte della celebrazione, l’adorazione della Croce, è stata semplificata. Il messale presenta due forme del rito. Per la comunione è stato abolito il Confiteor e l’assoluzione. Viene riportato sull’altare il Santissimo, senza solennità. Durante la comunione si può cantare un canto adatto, ma non più precisato. Alla fine, dalle tre orazioni è stata conservata una sola: Omnipotens sempiterne Deus… cui segue la preghiera super populum. L’assemblea si scioglie in silenzio.
Riassumendo possiamo dire che questa celebrazione generalmente è un buon progetto celebrativo della Passione del Signore: La Liturgia della Parola proclama la passione. Le Invocazioni pregano la passione. La Venerazione della Croce adora la passione, e la Comunione ci fa comunicare con la passione. E’ stato un po’ criticato per motivo della comunione reintrodotta da Pio XII. Ci sono infatti molteplici modi della presenza di Cristo, e la comunione della Veglia è il culmine, cui tutto il cammino quaresimale conduce.