«Caro Don Giordano, Lei dice che Il gay pride ha intento provocatorio ma poi se la prende solo con la contro provocazione della processione. Dimentica di dire che i cortei arcobaleno non manifestano solo idee ma con i carri e gli atteggiamenti, mettono in mostra una sessualità oscena e disgustosa il cui unico fine è l’erotismo. Questo fa la differenza tra le due provocazioni ma lei sbaglia di grosso quando afferma che il pregare in riparazione dei peccati altrui è un atto di presunzione. Non le citerò il messaggio di Fatima benché approvato dalla Chiesa, ma la seconda orazione della messa del Sacro Cuore che recita: “fa che adempiamo anche al dovere di una giusta riparazione”. Sto parlando del Novus Ordo e non del messale tridentino, il quale tuttavia non essendo mai stato abrogato, conserva tutto il suo valore normativo in fatto di preghiera.
Continua affermando che la Chiesa ha trovato la sua posizione di madre e padre che non giudica, ma accoglie e accompagna (e allora perché dobbiamo giudicare i mafiosi?) Non dimentichi di dire però che accompagna alla conversione che consiste nel ripudiare il peccato e fare di tutto per emendarsi. Altrimenti le bella parola “accompagnare” risulta vuota. Uno slogan, pontificio fin che vuole, ma che senza conversione lascia nel peccato e nell’inferno. Non citerò nemmeno qui il messaggio di Fatima ma il CCC. N.1033.
Sentenzia poi che quelli del comitato beata Giovanna Scopelli non si devono definire cattolici perché non in comunione con la Chiesa. Da essa ci distacca però solo la volontà esplicita di uscirne, vedi “sbattezzo” o la scomunica legittimamente inflitta ( ferendae sententiae ). Nemmeno il peccato mortale ci distacca dalla Chiesa. Non le pare di aver giudicato duramente?
Ma raggiunge l’apice quando dice che dal punto di vista dottrinale il Catechismo non ha cambiato nulla a proposito degli atti omosessuali e, aggiungo io, continua a definirli intrinsecamente disordinati. Ma lei, affermando che il patrimonio della fede non è qualcosa di statico e immutabile e che anzi è in mano al popolo di Dio, distrugge il valore normativo del magistero e lascia intendere che tutto sia cambiato. E se io le dicessi che allora anche l’obbedienza al pontefice romano è soggetta alla percezione della fede che i fedeli ne hanno, non potrebbe risultare che gli organizzatori della processione hanno ragione, perché loro la Chiesa la intendono a loro modo?
Capisco che in una intervista forse a bruciapelo si deve essere concisi e ci si può trovare impreparati, ma dato che lei era a terra e non su un aereo non pronunci parole in eccessiva libertà.
Il suo titolo di responsabile della Pastorale Giovanile le conferisce agli occhi del lettore una autorità. Proprio per questo è bene che curi la precisione.
Nel Signore,
Don Giorgio Bellei. Diocesi di Modena