La riconciliazione attraverso il sacramento della penitenza – aprendo la strada al sacramento eucaristico – può essere concessa solo a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, e sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio.
Ciò implica effettivamente che quando un uomo e una donna non possono, per gravi motivi – per esempio, l’educazione dei figli – rispettare l’obbligo della separazione, essi allora si devono impegnare a vivere in piena continenza, vale a dire, ad astenersi dagli atti propri dei coniugi” (si veda anche Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 29). Il confessore serio deve considerare quanto segue:
1 – Controllare la validità del matrimonio religioso secondo la verità, evitando di dare l’impressione di una forma di “divorzio cattolico”.
2 – Vedere se eventualmente le persone, con l’aiuto della grazia, possono separarsi con il loro nuovo compagno e riconciliarsi con coloro da cui si sono separati.
3 – Invitare i divorziati risposati, che per motivi gravi (ad esempio i bambini) non possono essere separati dai loro nuovi coniugi, a vivere come “fratello e sorella”. In ogni caso, l’assoluzione può essere concessa solo se c’è la certezza di un autentico pentimento, vale a dire “del dolore interiore e della riprovazione del peccato, che è stato commesso e il proposito di non può peccare più” (Concilio di Trento, dottrina sul sacramento della Penitenza, v. 4).
In questa linea, non si può assolvere validamente un divorziato risposato che non prenda una ferma decisione di non “peccare più” e di astenersi quindi dagli atti propri dei coniugi e di fare tutto quanto sia in suo potere a tal scopo.”
Luis F. Ladaria, SI, Arcivescovo titolare di Thibica, Segretario.