E’ stata diffusa a fine marzo e subito ha fatto rumore la nota con cui il consiglio permanente della Cei ha preannunciato come imminente la messa a punto da parte della Commissione Episcopale per la Liturgia di una lettera pastorale avente per oggetto la cremazione, fenomeno purtroppo in crescita grazie anche al «grande sforzo pubblicitario delle agenzie funebri che gestiscono queste pratiche», come ha precisato la stessa Conferenza episcopale. In effetti, il problema esiste ed i fedeli sembrano troppo sbadati o superficiali in merito.
Ma in crescita è anche e soprattutto la dispersione delle ceneri in natura: a Cremona il Comune la consente con tanto di delibera ed, a richiesta, consente anche il loro «affidamento ai familiari per la conservazione». Non a caso. Qui la Socrem è attivissima: conta quasi 1.200 iscritti ed ha un bilancio che sfiora i 325 mila euro. All’ultima assemblea, svoltasi nelle scorse settimane, ha auspicato la costituzione in tempi rapidi del «giardino dei ricordi», proprio per spargervi le ceneri. Non solo. Spera di divenire presto associazione di promozione sociale, punta alla seconda linea per la cremazione, all’istituzione di un «cerimoniere», nonché ad ottenere la gestione dell’antico forno, di grande valenza storica, per allestirvi una sorta di museo del cimitero.
Lo stesso a Bologna, dove dal 2006 nella Certosa è stato allestito su di un’area di 400 metri quadri il «Giardino delle Rimembranze»: eccessiva la richiesta fatta alla Curia di benedirlo, scatenando la prevedibile reazione, negativa e stizzita, della Chiesa locale. Perché, in effetti, tutto questo risulta in contrasto col Rito delle esequie, che nega la prassi «di spargere le ceneri in natura o di conservarle in luoghi diversi dal cimitero», in quanto ciò «solleva non poche perplessità sulla piena coerenza con la fede cristiana», soprattutto quando sottintenda concezioni panteistiche o naturalistiche. Per non parlare della conservazione in casa dell’urna cineraria, sorta di indebita “privatizzazione” della memoria del proprio caro estinto.
Eppure il ricorso alla cremazione prevale ormai in Lombardia sul numero delle inumazioni. I 12 impianti con 22 linee operanti a livello regionale hanno assicurato finora oltre 37 mila cremazioni. Capofila è Milano a quota 14 mila, segue Mantova (7 mila), Pavia (2.600), poi giù giù sino a Cremona, “fanalino di coda” con 500. A Torino gli iscritti risultano più di 41 mila. A Bologna, oltre il 25% dei residenti opterebbe per il forno crematorio.
Si potrebbe osservare come anche la Chiesa, oggi, ammetta tale pratica. Non è proprio così. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2301, il Codice di Diritto Canonico al can. 1176 ed il Rito delle esequie introdotto tre anni fa, la Chiesa, in realtà, può accettarla solo quando questa «non risulti dettata da motivazioni contrarie alla dottrina cristiana», specificando come in ogni caso «la preferenza» vada alla «sepoltura», sull’esempio di Cristo, essendo la «più idonea ad esprimere la fede nella Resurrezione della carne, ad alimentare la pietà dei fedeli, a favorire il ricordo e la preghiera di suffragio da parte di familiari e amici».
Certamente questa resta una posizione più “morbida” rispetto a quella contemplata nel precedente Codice di Diritto Canonico, quello del 1917, dove al can. 1203 si condannava formalmente la cremazione, mentre col can. 1240 si comminava la privazione dei Sacramenti e delle esequie ecclesiastiche a quanti la scegliessero. Un provvedimento, che aveva una propria ragionevolezza: la cremazione è da sempre sinonimo di massoneria.
Fu proprio un “libero muratore”, Salvatore Morelli, a presentare il 18 giugno 1867 alla Camera dei Deputati la proposta di legge, finalizzata a circoscrivere sempre più il culto cattolico nella Chiesa, sostituendo ai Campisanti i forni crematori. Tale proposta fu anche da lui pubblicata a spese proprie con una prefazione “impegnativa”, quella di Giuseppe Garibaldi, il quale lodò quanti avessero osato «con audacia senza pari sfidare i pregiudizi dei secoli».
Non solo. Nel programma della massoneria italiana del 1874 si legge: «La massoneria italiana, augurando che i cimiteri divengano esclusivamente civili, senza distinzioni di credenze e di riti [ciò ch’è avvenuto – NdR], si propone di promuovere presso i municipi l’uso della cremazione da sostituirsi all’interramento». Poco dopo, nel 1878, un altro “grembiulino”, Gaetano Pini, fondò la prima Socrem, Società per la Cremazione italiana. Molte altre sorsero in diverse città. Presto si sentì l’esigenza di riunirle in una Lega Italiana, a stretta regia massonica. Ancora: sfruttando il materiale predisposto da Pini, fu messa a punto la legge Crispi, con cui dal 1888 la pratica della cremazione venne ufficialmente introdotta nell’ordinamento italiano, infischiandosene del parere negativo della Chiesa. Presto si diffuse in molti Comuni.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un retaggio del passato e che oggi tale doppio legame si sia sciolto. Sbagliato. Il sentimento anticristiano è rimasto in molti. Troppi. Non a caso è proprio l’Uaar, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, a caldeggiare sul proprio sito l’iscrizione alle Socrem, all’I.Di.Cen.-Istituto Dispersione ceneri e cremazione ed all’Icrem, Istituto della Cremazione e Dispersione Ceneri, in quest’ultimo caso specificamente in natura.
A Lodi il 27 gennaio del 2013 fu il Grand’Oriente d’Italia a promuovere una cerimonia pubblica, alla presenza delle autorità civili, con deposizione di corona al monumento di Paolo Gorini nel bicentenario della sua nascita. Gorini non fu solo lo scienziato che mise a punto un procedimento di conservazione organica mantenuto gelosamente segreto, ma fu anche l’inventore del forno, che consentì l’introduzione della moderna cremazione in Italia.
Quest’anno Bruno Segre, massone e presidente onorario della Federazione Italiana dellaSocietà per la Cremazione, ha inviato all’Ufficio di Gabinetto del Ministero per lo Sviluppo Economico la richiesta di emissione di un francobollo dedicato alla cremazione.
E’ urgente, quindi, puntualizzare la linea tenuta dalla Chiesa in merito, dato che, spesso per ignoranza, i fedeli si gettano nell’abbraccio letale di pratiche sconsigliabili. Bisognerebbe però riabituarli anche ad un giusto e pio culto dei defunti, culto che sembrano aver completamente scordato. Forse perché nessuno li abitua più. Invece, il punto di partenza è proprio questo.