Grande dono è stato per me vivere 24 anni accanto a Paolo VI, dal quale ho ricevuto continue lezioni di fede, di coraggio, di sacrificio, di umiltà e di dedizione gioiosa al Signore.
Un servizio, il mio, nato per obbedienza ai miei superiori, si è rivelato poi come un privilegio spirituale altissimo, condividendo la storia quotidiana di un eccezionale uomo di Chiesa.
Nel riflettere ora sulla figura di Paolo VI cerco di riassumere le mie impressioni indicando le sue preferenze.
Amava i bambini: aveva per loro una specie di tenerezza reverenziale; se li accarezzava, se li baciava lo faceva con modo finissimo come di fronte a un mistero delicato. Per i bambini infermi aveva una preferenza dolcissima.
Amava i poveri e i sofferenti: a ognuno di loro avrebbe voluto dimostrare la sua stima e portare un aiuto veramente provvido.
Amava i giovani: non solo perché in essi vedeva l'awenire della società e della Chiesa, ma perché avrebbe voluto che ciascuno di loro valutasse le ricchezze interiori di cui sono depositari e le potesse sviluppare al massimo per la propria felicità, per il regno di Cristo e per il bene del mondo.
Amava i sacerdoti: aveva per loro e per i candidati al sacerdozio una particolare predilezione che lo muoveva alla commozione, a una venerazione profonda e a un affetto sincero. Ogni defezione era una ferita per il suo cuore.
Amava le religiose: quelle di vita contemplativa cui riconosceva un posto particolare nel cuore della Chiesa e poi tutte le religiose che considerava sorelle amatissime cui la Chiesa deve particolare onore, benevolenza, gratitudine.
Amava i religiosi di tutte le comunità, antiche e moderne. Di ciascuna ricercava con passione la particolare spiritualità di cui riconosceva carisma e pregio per l'edificazione del Regno di Dio.
Amava i lavoratori ai quali voleva comunicare l'amore profondo di Cristo e della Chiesa perché fossero i protagonisti della civiltà moderna.
Amava le donne che venerava alla luce di Maria come le creature cui Dio ha affidato con la maternità qualità e virtù singolari.
Amava la famiglia, dalla quale aveva ricevuto beni inestimabili e che riteneva il fondamento della storia umana e cristiana. Ogni ferita alla famiglia (divorzio, aborto) lo faceva soffrire immensamente.
Amava questo mondo: il creato e tutte le meraviglie in esso disseminate: i fiori, gli uccelli, i monti, il mare.
Amava il mondo nelle sue forme moderne, la scienza, il progresso, l'arte, la letteratura, la poesia, la musica, la cultura.
Amava la storia umana, la storia della Chiesa, la storia di ognuno: ogni persona umana lo appassionava. Si interessava ad ogni persona.
Nulla mai lo lasciava indifferente: ogni voce era da lui accolta, ogni lettera riceveva attenzione, ogni richiesta esigeva risposta, ogni dono voleva gratitudine, ogni pena suscitava conforto, ogni dolore induceva preghiera.
La sua disponibilità non conosceva limite. La cultura acquisita in tanti anni di studio e di lettura non gli aveva tolto la semplicità del bambino. Aveva un cuore semplice che si manifestava nel suo sguardo.
Uno sguardo limpido che penetrava fino in fondo al cuore, e rivelava il suo animo. Non per indagare, non per condannare, non per ricercare, non per inquisire, ma per amare, per comprendere, per essere solidale, per confortare. Non come rimprovero, come sfida, come spada che ferisce, ma sempre come aiuto, come sostegno benefico.
Il suo animo era così puro e così limpido! Si aveva l'impressione che il male, di cui aveva una percezione radicale e drammatica, non riuscisse a depositarlo nel suo cuore né a intorbidire lo specchio limpido del suo essere. Tuttavia, lo feriva talmente da condurlo fino all'angoscia dell'agonia dell'orto del Getsemani; ma nel dolore del Redentore, di Cristo, riusciva sempre a ricuperare una luce luminosissima per sé e per gli altri.
Il Vangelo era la sua unica regola. Si potrebbe dire che non aveva altri regolamenti se non la parola di Gesù.
La sua meditazione fondamentale era il Vangelo, le lettere di s. Paolo e degli altri apostoli. Atti degli Apostoli, la Sacra Scrittura in generale. Alle parole del Vangelo si ispiravano i suoi modi di essere, di pensare, di agire, di parlare.
Qualsiasi pagina era motivo di gioia, di riflessione, di contemplazione, di vitale soddisfazione, da cui sapeva trarre «cose nuove e cose antiche», come qualche idea geniale, qualche intuizione meravigliosa. Il Vangelo è la fonte della sua spiritualità, la radice del suo comportamento, la motivazione decisiva delle sue scelte, la ragione dei suoi gusti.
La parola di Gesù è la sola soluzione ai mali del mondo, è la ragione delle sue speranze, è il fondamento definitivo del suo ottimismo, è la sola via d'uscita dalle angosce disperanti dell'uomo moderno.
Senza Cristo non c'è luce, non c'è speranza, non c'è amore, non c'è avvenire. La consapevolezza della presenza di Cristo gli ha permesso di far fronte a ogni difficoltà con calma, con pazienza, con serenità, con sicurezza.
Non ho mai visto Paolo VI nell'angoscia, nella paura, nella desolazione. Se qualche volta l'ho visto piangere, non fu mai per disperazione o per panico, ma solo per profonda commozione.
Cristo Gesù era il suo unico Maestro. S. Paolo, s. Agostino erano l'aiuto più valido per conoscere Cristo. Il suo interesse fondamentale era Cristo, Cristo la sua vera passione, Cristo la sua specialità.
Ha amato la Chiesa con amore appassionato, senza limiti, senza calcoli, senza interruzioni, anche quando la Chiesa lo ha fatto soffrire, perché la Chiesa l'ha voluta Cristo, è di Cristo, è la sua sposa, è la sua gloria.
Sempre l'ha amata, nella gioia e nel dolore, nello splendore e nella desolazione, nella crescita e nella diserzione, nel trionfo e nel disprezzo, nell'accoglienza e nel rifiuto. Particolare amore ha sempre nutrito per la Chiesa perseguitata, avvilita, impedita. Anche quando alcuni uomini di Chiesa le facevano gravi torti, non ha mai perso la fiducia, anzi nei momenti più tempestosi il suo amore si faceva più intenso, perché ancorato alla parola di Cristo.
Fu disposto a ogni sacrificio per la Chiesa, per la sua pace, la sua unità, la sua santità, la sua bellezza interiore ed esteriore, la sua libertà, la sua fedeltà a Cristo, la universalità, la sua povertà, la sua credibilità, la sua luminosità, la onorabilità.
Amò Maria Santissima con un amore dolcissimo: Madre della Chiesa la volle proclamare nel Concilio. Ma con quel titolo voleva onorare soprattutto la Madre dell'uomo, dell'afflitto, del desolato, dell'angosciato, del solo, dell'abbandonato. Madre della Chiesa perché madre di chi soffre con la Chiesa, per la Chiesa, nella Chiesa con Cristo, per Cristo, in Cristo.
L'amore a Cristo, alla Chiesa e a Maria riassume tutta la vita di Paolo VI vissuta nella continua, umile e fiduciosa obbedienza alla volontà di Dio. Lo stesso amore risplende nella luce della Trasfigurazione, quando Paolo VI muore ripetendo il Padre nostro, quasi come presentazione di sé alle soglie dell'eterno e come messaggio e traccia per il cammino di ogni uomo.