I DIECI COMANDAMENTI - SESTO COMANDAMENTO: Non commettere atti impuri
1. L'OMOSESSUALITA'
La terza serie di impurità che abbiamo individuato a suo tempo nel sommario introduttivo alla presente disanima, era quella relativa ai comportamenti che offendono direttamente la legge naturale, dando vita ad una serie di vere e proprie aberrazioni sommamente invise all’Altissimo. Il catechismo tradizionale ha unificato questa fattispecie nella categoria del “peccato impuro contro natura”, che per la sua straordinaria gravità rientra nei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” (insieme all’omicidio volontario - in cui ovviamente è da comprendere l’aborto - all’oppressione dei poveri e alla frode della giusta mercede agli operai). Il fatto che gridino vendetta al cospetto di Dio significa che essi rappresentano una sorta di “provocazione” della divina giustizia che, pur essendo ordinariamente lenta a punire e incline alla clemenza, non può tuttavia non intervenire assai severamente contro questi crimini, non solo con punizioni esemplari nell’altra vita, ma anche con gravi castighi in questa presente. Prima di addentrarci dentro questo scabroso ma purtroppo attualissimo argomento, è bene citare un passaggio della lettera di san Paolo ai Romani che a suo tempo abbiamo volutamente omesso di riportare, riservandone la presentazione alla sede – questa – più consona e opportuna. Scrive l’Apostolo delle genti: “Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa di una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d`invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1,24-32).
San Paolo si sta riferendo ai pagani, che afferma essere stati “abbandonati da Dio all’impurità” e a “passioni infami”, menzionando successivamente, in modo abbastanza chiaro ed esplicito, la duplice forma di omosessualità (femminile e maschile), dichiarando che ciò costituisce un’alterazione del “rapporto naturale” tra uomo e donna, tipica di “un’intelligenza depravata” ed accompagnata, ordinariamente, da un’altra inquietante sfilza di gravi peccati. La pericope si chiude stigmatizzando come colpevole non solo chi opera simili abominazioni, ma anche chi le approva. Il linguaggio è crudo e forte, chiaro e netto, senza esitazioni o tentennamenti. Oggi lo si definirebbe, senza ombra di dubbio, “politicamente scorretto” nel modo più assoluto. L’Apostolo sarebbe senz’altro oggetto di denunce penali e, presumibilmente, di condanne esemplari da parte di qualche “zelante e moderno” Tribunale. Di certo, ciò che appare palese, è la distanza, grande, troppo grande, tra simili affermazioni e l’acquiescenza, spesso connivente, sempre codarda e condannabile, di non pochi cattolici dinanzi alle pretese, sempre più dilaganti, di innumerevoli lobbies omosessuali di far dichiarare la “normalità” di comportamenti che rappresentano una evidentissima alterazione delle più elementari norme del diritto naturale. Queste devianze, che una volta (ora non più) erano riconosciute come tali anche dai manuali di psichiatria, ci sono sempre state durante la storia e in non poche culture. Mai però si era giunti all’aberrazione di una loro approvazione legislativa, con equiparazione dei diritti alla famiglia naturale e perfino, in non pochi Stati d’Europa, con diritto di adozione (cosa, peraltro, caldamente auspicata dall’attuale sindaco di Milano). Personalmente penso che nulla come questa materia rappresenti la cartina tornasole del degrado a cui è giunta una cultura che ha voluto defenestrare Domine Iddio con tutti i suoi annessi e connessi, pavoneggiandosi dietro improbabili autoencomi di civiltà, modernità e progresso. Il chiamare bene il male e male il bene è diventata abitudine consueta, sotto lo sguardo timido e spesso impaurito dei cristiani, incapaci di alzare la voce e dimentichi del monito di un santo uomo di Dio che qualche tempo addietro ammoniva: “il male dilaga anche per colpa di coloro che dovendo denunciarlo, tacciono”. E’ noto come anche alcuni membri della classe politica che si definiscono “cattolici” hanno, pur fra molti ipocriti (per non dire ridicoli) “distinguo”, manifestato atteggiamenti di “civile apertura” e tolleranza verso questa materia. La Chiesa, che grazie a Dio non si identifica con alcuni discutibili uomini di Chiesa o membri di essa, ha sempre continuato a mantenere alta la bandiera della verità, affermando la distinzione tra peccato e peccatore e ribadendo la duplice condanna sia dei comportamenti e degli atti omossessuali, che degli atti di odio, ingiusta discriminazione, violenza o oppressione compiuti nei confronti delle persone vittime di questo peccato che essa, al pari di altri peccatori, considera come destinatari privilegiati delle sue cure amorevoli tese a sottrarli dalle spire sataniche e dai magli di questi orridi vizi, ben ricordando le parole dell’Apostolo, giusta le quali “gli autori di tali cose meritano la morte” (ossia peccano mortalmente e quindi vanno incontro alla morte eterna).
La legge naturale è il luogo primo in cui si manifesta per tutti, cattolici e non cattolici, atei e credenti, orientali e occidentali, il volere dell’Altissimo. Il Creatore di tutte le cose ha stabilito delle leggi inviolabili e categoriche, il cui stravolgimento comporta solo miseria, degradazione, disordine e immoralità. Nessuna legge e nessuna cultura potranno mai rendere lecito il vizio e il peccato. Speriamo che presto i cristiani, soprattutto i cattolici, ritrovino il coraggio della testimonianza, non temendo, come ci esorta Gesù, coloro che potranno anche arrivare ad uccidere il nostro corpo, ma piuttosto Colui che ha il potere di gettare corpo e anima (dei pusillanimi) all’Inferno. Vergognarsi di Lui e delle sue parole per paura di passare per obsoleti o incivili, vorrà dire accettare che quando ci troveremo al suo cospetto anche Lui si vergognerà di noi… che ci siamo vergognati di alzare la voce per stigmatizzare ciò che è realmente e assolutamente vergognoso.
2. L'USO IMMORALE E INNATURALE DEL MATRIMONIO
Il peccato impuro contro natura conosce purtroppo anche una variante che coinvolge le relazioni ordinarie e naturali tra uomo e donna. Si tratta di materia particolarmente scabrosa, che va affrontata molto velocemente e con linguaggio estremamente sobrio, nella consapevolezza che al lettore attento non sfuggirà ciò a cui ci si sta riferendo. È necessario tuttavia, anche se nel debito modo, fare chiarezza anche su questi punti, stante l’ignoranza che circola su di essi, spezzando il muro del silenzio e della connivenza.
Questa materia introduce il discorso sul crimine odioso e vomitevole della pornografia, che di tali atti fa la propria bandiera e che ne rappresenta uno degli strumenti di maggiore incentivazione e diffusione. Quando una coppia, come ricorda san Paolo nella lettera citata nel precedente articolo, si unisce in modo non naturale, ma con atti innominabili (peraltro identici a quelli compiuti tra di loro dalle coppie omosessuali) al fine di raggiungere in modo assai basso e degradante il piacere venereo, commette un gravissimo atto impuro contro natura, che non è certamente consentito dal fatto che i coniugi siano uniti dal sacramento del matrimonio. Tale comportamento costituisce colpa grave, anzi gravissima (per il suo intrinseco carattere degradante la dignità della persona), anche quando fosse compiuto senza la volontà che da questi atti consegua, in maniera causale e diretta, il raggiungimento del piacere sessuale.
Questo uso indegno e disordinato del matrimonio, si badi, deve essere oggetto di confessione, accusandolo per quello che è, con linguaggio ovviamente sobrio e decoroso, ma anche secondo la sua specie propria. Come ricorda il Concilio di Trento, nel decreto sul sacramento della Penitenza, i peccati mortali vanno confessati per specie, numero e circostanze. Trattandosi in questo caso di specie particolarmente grave, l’accusa di essa dovrà essere fatta in modo tale da far comprendere al confessore di cosa si tratta.
Occorre inoltre ricordare ciò che a suo tempo si disse della castità coniugale, per comprendere che non è affatto vero l’adagio in base al quale all’interno del matrimonio sacramento tutto sarebbe lecito. Né le donne, spesso vittime di richieste “strane” da parte dei rispettivi coniugi, devono pensare che sia loro dovere far contenti gli sposi anche dinanzi a tali pretese. Lecito è e rimane solo l’atto coniugale compiuto naturalmente e aperto alla vita, in modo onesto e umano. Nessuna forma alternativa di ricerca del piacere fisico può essere mai e in nessun caso direttamente cercata o scelta, salvi, come insegnano i teologi, gli atti che servono a preparare le condizioni affettive e fisiche dell’atto coniugale (sempre nel rispetto della dignità della persona) e le effusioni e manifestazioni affettive, anche quelle che possono coinvolgere la materia venerea in senso proprio (tanto per riallacciarci a un esempio concreto, il bacio profondo all’interno del matrimonio è ovviamente sempre consentito, purché non ci sia il pericolo che da esso consegua direttamente il piacere fisico). Su questa materia i coniugi devono aiutarsi reciprocamente, ricordando che non è mai lecito, per nessun motivo, accondiscendere o cedere su questi punti (come, del resto, sul tema della contraccezione, affrontato a suo luogo), perché l’obbedienza a Dio e alla sua legge viene sempre prima e al di sopra di tutto e nemmeno in nome dell’amore coniugale (che in questi casi sarebbe falso e disordinato) è possibile trasgredirla. Il rispetto reciproco e la reciproca sottomissione a Dio è condizione e salvaguardia dell’autenticità e della bellezza dell’amore sponsale e condizione indispensabile perché sul matrimonio scendano copiose le benedizioni e le grazie dell’Altissimo.
Purtroppo la bassezza raggiunta dalla nostra sciagurata cultura in questa materia è sotto gli occhi di tutti. La violenza invadente del linguaggio della pornografia, vero spettacolo di degradazione, avvilimento e abbrutimento dell’uomo e della donna e delle loro reciproche relazioni; la diffusione sempre più capillare di un erotismo sfrontato, presente anche in non pochi spot pubblicitari; la vastissima diffusione di materiale pornografico di ogni tipo attraverso i canali del web, purtroppo conosciutissimi e frequentatissimi dai più giovani; un uso improvvido e scellerato dei social network, dove vengono incautamente pubblicati e messi in piazza foto e video tutt’altro che edificanti; tutto questo ha contribuito a creare una pseudo-cultura pansessualista, dove l’unica cosa che sembra importante è “la soddisfazione e la gratificazione sessuale”, da ricercarsi in ogni modo e a tutti i costi, senza limiti e senza “paletti” e senza che nessuno possa osare dire mezza parola in merito. Ribadiamo, tuttavia, con forza le esigenze della Parola di Dio, contenuta nel monito di san Paolo: «Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, [...] orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio» (Gal 5,19-21). Ricordiamo anche i moniti del grande San Pio da Pietrelcina che ricordava come in questa materia, chiunque, anche minimamente, cooperi e collabori all’esecuzione o alla diffusione anche l’operaio che mette un chiodo su un set dove si gireranno scene immorali...), dovrà vedersela con la giustizia severa dell’Altissimo.
1. L'OMOSESSUALITA'
La terza serie di impurità che abbiamo individuato a suo tempo nel sommario introduttivo alla presente disanima, era quella relativa ai comportamenti che offendono direttamente la legge naturale, dando vita ad una serie di vere e proprie aberrazioni sommamente invise all’Altissimo. Il catechismo tradizionale ha unificato questa fattispecie nella categoria del “peccato impuro contro natura”, che per la sua straordinaria gravità rientra nei quattro peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio” (insieme all’omicidio volontario - in cui ovviamente è da comprendere l’aborto - all’oppressione dei poveri e alla frode della giusta mercede agli operai). Il fatto che gridino vendetta al cospetto di Dio significa che essi rappresentano una sorta di “provocazione” della divina giustizia che, pur essendo ordinariamente lenta a punire e incline alla clemenza, non può tuttavia non intervenire assai severamente contro questi crimini, non solo con punizioni esemplari nell’altra vita, ma anche con gravi castighi in questa presente. Prima di addentrarci dentro questo scabroso ma purtroppo attualissimo argomento, è bene citare un passaggio della lettera di san Paolo ai Romani che a suo tempo abbiamo volutamente omesso di riportare, riservandone la presentazione alla sede – questa – più consona e opportuna. Scrive l’Apostolo delle genti: “Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa di una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d`invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1,24-32).
San Paolo si sta riferendo ai pagani, che afferma essere stati “abbandonati da Dio all’impurità” e a “passioni infami”, menzionando successivamente, in modo abbastanza chiaro ed esplicito, la duplice forma di omosessualità (femminile e maschile), dichiarando che ciò costituisce un’alterazione del “rapporto naturale” tra uomo e donna, tipica di “un’intelligenza depravata” ed accompagnata, ordinariamente, da un’altra inquietante sfilza di gravi peccati. La pericope si chiude stigmatizzando come colpevole non solo chi opera simili abominazioni, ma anche chi le approva. Il linguaggio è crudo e forte, chiaro e netto, senza esitazioni o tentennamenti. Oggi lo si definirebbe, senza ombra di dubbio, “politicamente scorretto” nel modo più assoluto. L’Apostolo sarebbe senz’altro oggetto di denunce penali e, presumibilmente, di condanne esemplari da parte di qualche “zelante e moderno” Tribunale. Di certo, ciò che appare palese, è la distanza, grande, troppo grande, tra simili affermazioni e l’acquiescenza, spesso connivente, sempre codarda e condannabile, di non pochi cattolici dinanzi alle pretese, sempre più dilaganti, di innumerevoli lobbies omosessuali di far dichiarare la “normalità” di comportamenti che rappresentano una evidentissima alterazione delle più elementari norme del diritto naturale. Queste devianze, che una volta (ora non più) erano riconosciute come tali anche dai manuali di psichiatria, ci sono sempre state durante la storia e in non poche culture. Mai però si era giunti all’aberrazione di una loro approvazione legislativa, con equiparazione dei diritti alla famiglia naturale e perfino, in non pochi Stati d’Europa, con diritto di adozione (cosa, peraltro, caldamente auspicata dall’attuale sindaco di Milano). Personalmente penso che nulla come questa materia rappresenti la cartina tornasole del degrado a cui è giunta una cultura che ha voluto defenestrare Domine Iddio con tutti i suoi annessi e connessi, pavoneggiandosi dietro improbabili autoencomi di civiltà, modernità e progresso. Il chiamare bene il male e male il bene è diventata abitudine consueta, sotto lo sguardo timido e spesso impaurito dei cristiani, incapaci di alzare la voce e dimentichi del monito di un santo uomo di Dio che qualche tempo addietro ammoniva: “il male dilaga anche per colpa di coloro che dovendo denunciarlo, tacciono”. E’ noto come anche alcuni membri della classe politica che si definiscono “cattolici” hanno, pur fra molti ipocriti (per non dire ridicoli) “distinguo”, manifestato atteggiamenti di “civile apertura” e tolleranza verso questa materia. La Chiesa, che grazie a Dio non si identifica con alcuni discutibili uomini di Chiesa o membri di essa, ha sempre continuato a mantenere alta la bandiera della verità, affermando la distinzione tra peccato e peccatore e ribadendo la duplice condanna sia dei comportamenti e degli atti omossessuali, che degli atti di odio, ingiusta discriminazione, violenza o oppressione compiuti nei confronti delle persone vittime di questo peccato che essa, al pari di altri peccatori, considera come destinatari privilegiati delle sue cure amorevoli tese a sottrarli dalle spire sataniche e dai magli di questi orridi vizi, ben ricordando le parole dell’Apostolo, giusta le quali “gli autori di tali cose meritano la morte” (ossia peccano mortalmente e quindi vanno incontro alla morte eterna).
La legge naturale è il luogo primo in cui si manifesta per tutti, cattolici e non cattolici, atei e credenti, orientali e occidentali, il volere dell’Altissimo. Il Creatore di tutte le cose ha stabilito delle leggi inviolabili e categoriche, il cui stravolgimento comporta solo miseria, degradazione, disordine e immoralità. Nessuna legge e nessuna cultura potranno mai rendere lecito il vizio e il peccato. Speriamo che presto i cristiani, soprattutto i cattolici, ritrovino il coraggio della testimonianza, non temendo, come ci esorta Gesù, coloro che potranno anche arrivare ad uccidere il nostro corpo, ma piuttosto Colui che ha il potere di gettare corpo e anima (dei pusillanimi) all’Inferno. Vergognarsi di Lui e delle sue parole per paura di passare per obsoleti o incivili, vorrà dire accettare che quando ci troveremo al suo cospetto anche Lui si vergognerà di noi… che ci siamo vergognati di alzare la voce per stigmatizzare ciò che è realmente e assolutamente vergognoso.
2. L'USO IMMORALE E INNATURALE DEL MATRIMONIO
Il peccato impuro contro natura conosce purtroppo anche una variante che coinvolge le relazioni ordinarie e naturali tra uomo e donna. Si tratta di materia particolarmente scabrosa, che va affrontata molto velocemente e con linguaggio estremamente sobrio, nella consapevolezza che al lettore attento non sfuggirà ciò a cui ci si sta riferendo. È necessario tuttavia, anche se nel debito modo, fare chiarezza anche su questi punti, stante l’ignoranza che circola su di essi, spezzando il muro del silenzio e della connivenza.
Questa materia introduce il discorso sul crimine odioso e vomitevole della pornografia, che di tali atti fa la propria bandiera e che ne rappresenta uno degli strumenti di maggiore incentivazione e diffusione. Quando una coppia, come ricorda san Paolo nella lettera citata nel precedente articolo, si unisce in modo non naturale, ma con atti innominabili (peraltro identici a quelli compiuti tra di loro dalle coppie omosessuali) al fine di raggiungere in modo assai basso e degradante il piacere venereo, commette un gravissimo atto impuro contro natura, che non è certamente consentito dal fatto che i coniugi siano uniti dal sacramento del matrimonio. Tale comportamento costituisce colpa grave, anzi gravissima (per il suo intrinseco carattere degradante la dignità della persona), anche quando fosse compiuto senza la volontà che da questi atti consegua, in maniera causale e diretta, il raggiungimento del piacere sessuale.
Questo uso indegno e disordinato del matrimonio, si badi, deve essere oggetto di confessione, accusandolo per quello che è, con linguaggio ovviamente sobrio e decoroso, ma anche secondo la sua specie propria. Come ricorda il Concilio di Trento, nel decreto sul sacramento della Penitenza, i peccati mortali vanno confessati per specie, numero e circostanze. Trattandosi in questo caso di specie particolarmente grave, l’accusa di essa dovrà essere fatta in modo tale da far comprendere al confessore di cosa si tratta.
Occorre inoltre ricordare ciò che a suo tempo si disse della castità coniugale, per comprendere che non è affatto vero l’adagio in base al quale all’interno del matrimonio sacramento tutto sarebbe lecito. Né le donne, spesso vittime di richieste “strane” da parte dei rispettivi coniugi, devono pensare che sia loro dovere far contenti gli sposi anche dinanzi a tali pretese. Lecito è e rimane solo l’atto coniugale compiuto naturalmente e aperto alla vita, in modo onesto e umano. Nessuna forma alternativa di ricerca del piacere fisico può essere mai e in nessun caso direttamente cercata o scelta, salvi, come insegnano i teologi, gli atti che servono a preparare le condizioni affettive e fisiche dell’atto coniugale (sempre nel rispetto della dignità della persona) e le effusioni e manifestazioni affettive, anche quelle che possono coinvolgere la materia venerea in senso proprio (tanto per riallacciarci a un esempio concreto, il bacio profondo all’interno del matrimonio è ovviamente sempre consentito, purché non ci sia il pericolo che da esso consegua direttamente il piacere fisico). Su questa materia i coniugi devono aiutarsi reciprocamente, ricordando che non è mai lecito, per nessun motivo, accondiscendere o cedere su questi punti (come, del resto, sul tema della contraccezione, affrontato a suo luogo), perché l’obbedienza a Dio e alla sua legge viene sempre prima e al di sopra di tutto e nemmeno in nome dell’amore coniugale (che in questi casi sarebbe falso e disordinato) è possibile trasgredirla. Il rispetto reciproco e la reciproca sottomissione a Dio è condizione e salvaguardia dell’autenticità e della bellezza dell’amore sponsale e condizione indispensabile perché sul matrimonio scendano copiose le benedizioni e le grazie dell’Altissimo.
Purtroppo la bassezza raggiunta dalla nostra sciagurata cultura in questa materia è sotto gli occhi di tutti. La violenza invadente del linguaggio della pornografia, vero spettacolo di degradazione, avvilimento e abbrutimento dell’uomo e della donna e delle loro reciproche relazioni; la diffusione sempre più capillare di un erotismo sfrontato, presente anche in non pochi spot pubblicitari; la vastissima diffusione di materiale pornografico di ogni tipo attraverso i canali del web, purtroppo conosciutissimi e frequentatissimi dai più giovani; un uso improvvido e scellerato dei social network, dove vengono incautamente pubblicati e messi in piazza foto e video tutt’altro che edificanti; tutto questo ha contribuito a creare una pseudo-cultura pansessualista, dove l’unica cosa che sembra importante è “la soddisfazione e la gratificazione sessuale”, da ricercarsi in ogni modo e a tutti i costi, senza limiti e senza “paletti” e senza che nessuno possa osare dire mezza parola in merito. Ribadiamo, tuttavia, con forza le esigenze della Parola di Dio, contenuta nel monito di san Paolo: «Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, [...] orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio» (Gal 5,19-21). Ricordiamo anche i moniti del grande San Pio da Pietrelcina che ricordava come in questa materia, chiunque, anche minimamente, cooperi e collabori all’esecuzione o alla diffusione anche l’operaio che mette un chiodo su un set dove si gireranno scene immorali...), dovrà vedersela con la giustizia severa dell’Altissimo.