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IL NEMICO

22/10/2019

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Un monaco viveva da anni in monastero: da giovane esuberante e facoltoso, aveva lasciato ogni cosa per diventare santo. Prima aveva le mani come avorio, ora incallite come squame di coccodrilli; prima il volto era liscio e rasato, la capigliatura lucida di unguenti, la toga adorna di fermagli d'argento: ora, tosato come una pecora, portava sotto la tonaca un duro cilicio. Aveva sì domato la carne, ma una passione ancora resisteva tenace: la tendenza ad adirarsi. Se un fratello nel mietere lasciava indietro una spiga, subito gli strappava di mano la falce con gesto iracondo. Se al vicino di stallo sfuggiva una nota falsa, gli allungava una gomitata.
​Così disse all'Abate: "Padre non sono fatto per vivere coi fratelli: trovo in loro continue occasioni di peccato. Io pensavo che i monaci fossero tutti perfetti, invece mi sono d'inciampo. Mi ritirerò nel deserto: solo con Dio, non avrò più occasione di adirarmi". E trascurando gli ammonimenti dell'Abate, prese con sé una brocca per l’acqua e se ne partì. La prima notte, dormì il più bel sonno di vita sua. Poi cantò i dodici salmi senza una nota stonata, e pregò con fervore. Com'era quieto e felice in quella solitudine, in quel silenzio! Ma occorreva andare al fiume per attingere acqua. Mentre tornava la brocca si rovesciò. "Pazienza!" disse il monaco, e rifece la via andata e ritorno, quieto come l'olio, meditando sulla morte. Posò la brocca, e di nuovo gli sfuggì di mano. "Maledizione! Il diavolo mi tenta, ma pazienza!". Trafelato, riprese la via, attinse e fece ritorno. E la brocca rotolò a terra una terza volta. "Maledetta! Vattene al diavolo!". Una pedata e la brocca va in cento pezzi. Il povero giovane allora capì, e tornò piangendo al monastero. "Padre mio, mea culpa!" dice all'Abate. "Ho rotto la brocca a furia di calci. La causa delle mie collere non sono i fratelli: il nemico (e indicava il petto) è qui dentro".
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