I CINQUE PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA
SECONDO PRECETTO: CONFESSERAI I TUOI PECCATI ALMENO UNA VOLTA ALL'ANNO E TI COMUNICHERAI ALMENO A PASQUA
Il secondo precetto generale della Chiesa dice testualmente: “confesserai tutti i tuoi peccati al ministro di Dio almeno una volta l’anno e ti comunicherai almeno a Pasqua”.
Si badi anzitutto molto attentamente alla modalità di formulazione di questo precetto, cadenzato dalla duplice ricorrenza del termine “almeno”. Locuzione che lascia intendere la bontà, la sapienza e la conoscenza del cuore dell’uomo che possiede la santa Madre Chiesa e che la spinge a chiedere il minimo indispensabile per non mettere a serio repentaglio la possibilità dell’eterna salvezza. Se si bada attentamente alle parole con cui la Chiesa, a seconda delle circostanze, obbliga, esorta o consiglia, si coglierà questo afflato materno, che da un lato la anima a spingere e incitare i suoi figli alle più alte vette della santità, dall’altro tempera lo zelo con la coscienza della miseria e della debolezza del cuore dell’uomo. Ci accingiamo dunque ad approfondire il contenuto di questo precetto tenendo presente che esso mira a salvaguardare quelle condizioni minime e indispensabili di fruizione dei sacramenti che si possono ripetere, al di sotto delle quali si può seriamente compromettere la salute dell’anima.
Come insegna san Tommaso d’Aquino, questi due sacramenti sono l’uno ordinato alla pulizia e alla cura dell’anima che, dopo la colpa d’origine, tende inesorabilmente verso il basso, l’altro alla sua alimentazione e crescita nel bene, come il cibo materiale lo è per il corpo. Già meditando su questa analogia, pensiamo cosa sarebbe dei nostri corpi se facessimo la doccia una volta l’anno o se mangiassimo una sola volta l’anno. Il cattivo odore sarebbe a dir poco fetidamente nauseante e le forze fisiche sarebbero del tutto compromesse… Mosè, Gesù e san Francesco fecero tremendi digiuni di quaranta giorni consecutivi, ma nessuno arrivò a digiunare per 364 giorni! Questo basti per confermare ulteriormente quanto detto sopra. Alla sponda opposta di questo minimo indispensabile ci sono le regole d’oro per coloro che desiderano curare la propria anima come uno splendido giardino e tendere verso le vette della cristiana perfezione. In questo caso la confessione deve essere possibilmente settimanale (Padre Pio raccomandava di non superare mai gli otto giorni) e la comunione quotidiana. Nel mezzo c’è ciò che caratterizza la vita di un buon cattolico praticante che custodisca la vita ordinaria della grazia, in modo da poter fare la comunione ogni Domenica in cui ascolta la santa Messa di precetto, cadenzando la confessione al livello di circa una volta al mese, onde tenere sotto controllo lo stato di grazia della sua anima.
Veniamo finalmente a cercare di determinare ciò che caratterizza questo precetto, comunemente noto come “precetto pasquale”. Riguardo la santa comunione, la Chiesa obbedisce alle parole chiare e apodittiche del suo Signore e Maestro: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). Ne consegue che la santa comunione è indispensabile alla salvezza dell’anima. Ecco perché è un vero e proprio obbligo canonico il fatto di dover ricevere almeno in occasione della solennità di Pasqua, la santa eucaristia e, quindi, premettere a questo gesto la confessione sacramentale senza la quale non è possibile accostarsi alla santa comunione. L’altra circostanza in cui un fedele è obbligato a ricevere la santa eucaristia è il viatico, ovvero l’ultima comunione che si riceve quando le condizioni di salute lasciano presagire l’imminenza della morte.
E’ necessario che il fedele faccia molta attenzione alla confessione annuale, se sceglie di assestarsi su questo livello minimo indispensabile. Mi spiego: questo precetto, in qualche modo, presuppone il primo, cioè una vita di pietà comunque definibile come “praticante”. C’è, infatti, molta gente che diserta regolarmente e abitualmente la Messa domenicale e crede di pacificare la propria coscienza davanti al buon Dio facendo una striminzita confessione prima di Pasqua, partecipando alla Messa di Pasqua, comunicandosi, per poi riprendere le sue cattive abitudini a partire…dal Lunedì di Pasquetta! È chiaro che in questo modo non solo questo secondo precetto non viene adempiuto, ma c’è il serio rischio di essersi macchiati di due gravi sacrilegi (confessione sacrilega e comunione sacrilega). Cercheremo dunque, già dal prossimo articolo, di vedere quali accorgimenti è necessario prendere perché la confessione e la comunione pasquale siano valide e ben ricevute.
SECONDO PRECETTO: CONFESSERAI I TUOI PECCATI ALMENO UNA VOLTA ALL'ANNO E TI COMUNICHERAI ALMENO A PASQUA
Il secondo precetto generale della Chiesa dice testualmente: “confesserai tutti i tuoi peccati al ministro di Dio almeno una volta l’anno e ti comunicherai almeno a Pasqua”.
Si badi anzitutto molto attentamente alla modalità di formulazione di questo precetto, cadenzato dalla duplice ricorrenza del termine “almeno”. Locuzione che lascia intendere la bontà, la sapienza e la conoscenza del cuore dell’uomo che possiede la santa Madre Chiesa e che la spinge a chiedere il minimo indispensabile per non mettere a serio repentaglio la possibilità dell’eterna salvezza. Se si bada attentamente alle parole con cui la Chiesa, a seconda delle circostanze, obbliga, esorta o consiglia, si coglierà questo afflato materno, che da un lato la anima a spingere e incitare i suoi figli alle più alte vette della santità, dall’altro tempera lo zelo con la coscienza della miseria e della debolezza del cuore dell’uomo. Ci accingiamo dunque ad approfondire il contenuto di questo precetto tenendo presente che esso mira a salvaguardare quelle condizioni minime e indispensabili di fruizione dei sacramenti che si possono ripetere, al di sotto delle quali si può seriamente compromettere la salute dell’anima.
Come insegna san Tommaso d’Aquino, questi due sacramenti sono l’uno ordinato alla pulizia e alla cura dell’anima che, dopo la colpa d’origine, tende inesorabilmente verso il basso, l’altro alla sua alimentazione e crescita nel bene, come il cibo materiale lo è per il corpo. Già meditando su questa analogia, pensiamo cosa sarebbe dei nostri corpi se facessimo la doccia una volta l’anno o se mangiassimo una sola volta l’anno. Il cattivo odore sarebbe a dir poco fetidamente nauseante e le forze fisiche sarebbero del tutto compromesse… Mosè, Gesù e san Francesco fecero tremendi digiuni di quaranta giorni consecutivi, ma nessuno arrivò a digiunare per 364 giorni! Questo basti per confermare ulteriormente quanto detto sopra. Alla sponda opposta di questo minimo indispensabile ci sono le regole d’oro per coloro che desiderano curare la propria anima come uno splendido giardino e tendere verso le vette della cristiana perfezione. In questo caso la confessione deve essere possibilmente settimanale (Padre Pio raccomandava di non superare mai gli otto giorni) e la comunione quotidiana. Nel mezzo c’è ciò che caratterizza la vita di un buon cattolico praticante che custodisca la vita ordinaria della grazia, in modo da poter fare la comunione ogni Domenica in cui ascolta la santa Messa di precetto, cadenzando la confessione al livello di circa una volta al mese, onde tenere sotto controllo lo stato di grazia della sua anima.
Veniamo finalmente a cercare di determinare ciò che caratterizza questo precetto, comunemente noto come “precetto pasquale”. Riguardo la santa comunione, la Chiesa obbedisce alle parole chiare e apodittiche del suo Signore e Maestro: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53). Ne consegue che la santa comunione è indispensabile alla salvezza dell’anima. Ecco perché è un vero e proprio obbligo canonico il fatto di dover ricevere almeno in occasione della solennità di Pasqua, la santa eucaristia e, quindi, premettere a questo gesto la confessione sacramentale senza la quale non è possibile accostarsi alla santa comunione. L’altra circostanza in cui un fedele è obbligato a ricevere la santa eucaristia è il viatico, ovvero l’ultima comunione che si riceve quando le condizioni di salute lasciano presagire l’imminenza della morte.
E’ necessario che il fedele faccia molta attenzione alla confessione annuale, se sceglie di assestarsi su questo livello minimo indispensabile. Mi spiego: questo precetto, in qualche modo, presuppone il primo, cioè una vita di pietà comunque definibile come “praticante”. C’è, infatti, molta gente che diserta regolarmente e abitualmente la Messa domenicale e crede di pacificare la propria coscienza davanti al buon Dio facendo una striminzita confessione prima di Pasqua, partecipando alla Messa di Pasqua, comunicandosi, per poi riprendere le sue cattive abitudini a partire…dal Lunedì di Pasquetta! È chiaro che in questo modo non solo questo secondo precetto non viene adempiuto, ma c’è il serio rischio di essersi macchiati di due gravi sacrilegi (confessione sacrilega e comunione sacrilega). Cercheremo dunque, già dal prossimo articolo, di vedere quali accorgimenti è necessario prendere perché la confessione e la comunione pasquale siano valide e ben ricevute.