NFD Il Blog
  • HOME
    • CONSACRAZIONE DEL NETWORK
  • FOCUS ON
    • MONDO OGGI
    • CHIESA OGGI
  • CHIESA CATTOLICA
    • FONDAMENTALI >
      • I 10 COMANDAMENTI
      • I 5 PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA
      • 54 MODI DI ESSERE MISERICORDIOSI DURANTE IL GIUBILEO
      • 12 MODI PER ESSERE CATTOLICI MIGLIORI
      • GALATEO IN CHIESA
      • REGOLE PER I LETTORI
      • ATTENTI A MESSA
      • CIRCOSTANZE IN CUI BISOGNA EVITARE DI COMUNICARSI
      • DECALOGO DEL CHIRICHETTO
      • 17 SCUSE - SMONTATE - PER NON ANDARE A MESSA
    • RIFLESSIoni DI LUCE >
      • RIMEDITIAMOCI SOPRA >
        • ANNO B 2014 - 2015
        • ANNO C 2015 - 2016
        • ANNO A 2016 - 2017
        • ANNO B 2017 - 2018
        • ANNO C 2018 - 2019
        • ANNO A 2019 - 2020
        • ANNO B 2020 - 2021
        • ANNO C 2021 - 2022
        • ANNO A 2022 - 2023
      • SANTE PAROLE
      • RIFLESSIONI
      • VITA E DETTI DEI PADRI DEL DESERTO
    • UN SACERDOTE RISPONDE
    • ESAME DI COSCIENZA
    • LITURGIA
    • LECTIO BREVIS
    • PREGHIERE
  • NOVELLE MODERNE
  • MEDIA
  • DOWNLOAD
  • LINKS

COS'E' UN ATTO IMPURO?

13/12/2021

1 Comment

 
Quesito

​Cos’è un atto impuro? Sia il sesto che il nono comandamento si riferiscono ad atti impuri.
Il sesto comandamento parla di non commettere atti impuri, mentre il nono di non permettere pensieri o desideri impuri.
Di fronte a questo, è valido chiedersi cosa sia un atto, un pensiero, un desiderio o uno sguardo impuro.

Risposta

​In genere ammettiamo come atti o desideri impuri comportamenti come avere rapporti sessuali prima del matrimonio, ricorrere alla masturbazione, visionare materiale pornografico o in generale compiere qualsiasi atto contro la castità.
Perché questi comportamenti sono impuri? Perché fare queste cose è sbagliato? Per rispondere a queste domande, è importante ricordare che come cristiani riconosciamo che i 10 comandamenti stabiliscono norme di ordine naturale.
Ciò significa che non creano divieti stabiliti arbitrariamente da Dio, ma ci rivelano inclinazioni insite nella nostra natura, che possiamo conoscere e formulare usando la ragione.

Un cammino di sviluppo e perfezione
Partendo da quanto detto, possiamo vedere che gli atti proibiti dai 10 comandamenti, come uccidere, rubare o mentire, sono comportamenti che siamo chiamati a evitare non solo perché siamo cristiani, ma soprattutto perché siamo umani.
In effetti, realizzare uno qualsiasi di questi atti ci corrompe come esseri umani, danneggiando la nostra natura.
Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, i 10 comandamenti non violano la nostra natura, ma ci rivelano una vita di sviluppo e perfezione già inscritta nel nostro cuore.
Si tratta di un cammino che risponde alle nostre inclinazioni più profonde in quanto esseri umani. Al cuore di tutto c’è il desiderio che la nostra vita, libertà e integrità vengano rispettate, e qualsiasi atto le violi ci fa ribellare interiormente.
Trasponendo questa idea nell’ambito del sesto e nono comandamento, eivtare atti impuri, in ultima istanza, ci perfeziona nell’ambito della sessualità.
Al contrario, commetterli danneggia la nostra natura e ci impedisce di fiorire come esseri umani in questo ambito.

​Ma cosa fa sì che un atto sia impuro?

Possiamo provare a rispondere a questa domanda partendo dal pensiero di San Giovanni Paolo II. Per lui, è impossibile parlare della pienezza dell’essere umano senza far riferimento alla vocazione di ogni persona all’amore.
Ogni essere umano è stato creato per amare, ovvero trova la sua pienezza donandosi, facendosi dono per gli altri.
Questa considerazione è di grande rilevanza nell’ambito della sessualità, e ci aiuta a comprendere il senso della purezza.
Visto che un atto impuro è un atto che danneggia l’essere umano nell’ambito della sessualità, e che questa è ordinata all’amore, possiamo dire che un atto puro è un atto ordinato all’amore, e che un atto impuro è un atto contrario all’amore.
È importante notare che qui parliamo di amore non come sentimento o pulsione, ma come decisione: la decisione di cercare il bene e il meglio per l’altra persona.
Nell’ambito delle relazioni interpersonali, San Giovanni Paolo II ci ricorda che l’opposto di amare è usare.

Amare vs. usare

Perché amare è l’opposto di usare? Quando si ama, si cerca il bene dell’altra persona. Quando si usa, si cerca il proprio bene, a costo dell’altra persona.
Quando si ama, l’altra persona viene vista come un fine: la si ama per quello che è, non per ottenere qualcosa in più. Quando si usa, invece, l’altra persona viene vista come un mezzo: la si ama per ottenere altro.
Quando si ama, l’altra persona è un soggetto, un “qualcuno” da amare. Quando si usa, l’altra persona è un oggetto, un “qualcosa” da usare.
Partendo da questo, si può vedere che amare e usare sono atteggiamenti del tutto incompatibili: non si può amare e usare la persona allo stesso tempo.
Visto che un atto è impuro quando si oppone all’amore, possiamo dire che un atto impuro è quello che esprime un atteggiamento di uso nei confronti dell’altra persona.
Cos’hanno in comune un rapporto sessuale occasionale, un pensiero impuro e il fatto di visionare materiale pornografico?
In tutti i casi, prevale un atteggiamento di uso dell’altra persona, in cui questa diventa un oggetto – un oggetto di piacere.
Ogni essere umano è stato creato per amare, e diventa pieno nella misura in cui nelle sue relazioni con gli altri prevale un atteggiamento d’amore.
Quando si capisce questo, si può prendere coscienza di come usando gli altri – andando contro la propria inclinazione naturale ad amarli – si danneggia innanzitutto se stessi.
1 Comment

PRESENZA INOPPORTUNA

30/11/2021

1 Comment

 
Quesito

“Quali sono le regole da rispettare con gli animali domestici in Chiesa durante le liturgie? Ovvero, possono entrare in chiesa e a quali condizioni? E il sacerdote può interrompere la liturgia qualora infastidissero?”. 

Risposta

Tra le tante norme che regolano la liturgia non ve n’è una che riguardi l’ammissione o meno di animali domestici in chiesa durante le celebrazioni. Evidentemente la si è ritenuta superflua, perché sembra scontato che il culto è atto specifico dei credenti, che intendono onorare Dio.

D’altra parte, la presenza di animali in chiesa, oltre che impropria, sembra anche inopportuna, perché potrebbe distrarre i fedeli da una partecipazione attiva, serena, pia e fruttuosa. 

1 Comment

CHE COSA SIGNIFICA ''GESU' SI E' FATTO PECCATO PER NOI''

17/2/2021

0 Comments

 
Quesito

Vorrei chiedere cortesemente se mi può spiegare che cosa significa ciò che dice San Paolo: “Gesù si è fatto peccato per noi”.

Risposta 

1. l’affermazione che tu hai riportato si trova in 2 Cor 5,21: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”.
E sta a significare che Dio ha trattato Gesù Cristo come se fosse stato il più grande peccatore di questo mondo. Anzi come se avesse compiuto tutti i peccati degli uomini.
Pertanto come se fosse il peccato in persona.
E proprio per questo sulla croce Gesù ha espiato al posto di tutti noi: “perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”.


2. Quest’espressione di san Paolo è particolarmente potente e sta a ricordare che Cristo ha compiuto una perfetta espiazione o soddisfazione dei nostri peccati.
L’ha potuta compiere per la perfetta solidarietà che egli ha voluto avere con tutto il genere umano.
I teologi, ma anche il magistero della Chiesa, danno a quest’espiazione un nome particolare. La chiamano soddisfazione vicaria, e cioè fatta al posto nostro.


3. Questo concetto non è presente solo in San Paolo. Lo si trova già nell’Antico Testamento. In Isaia si legge: “Il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti” (Is 53,6).
Il beato Padre Girotti, martire domenicano e insigne biblista, commenta: “L’innocente è stato punito al posto del colpevole perché il colpevole diventasse innocente”.


4. Lo si trova anche in san Pietro: “Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca… Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.” (1 Pt 2,22.24).
Gesù non commise alcun peccato né nelle opere né nelle parole. Ma ha portato, e cioè ha espiato, nel suo corpo tutti i nostri peccati perché noi potessimo possedere la vita divina.


5. Questo concetto è ripreso da san Tommaso il quale afferma che “Cristo accettando la passione per carità e per obbedienza offrì a Dio un bene superiore a quello richiesto per compensare tutte le offese del genere umano.
Primo, per la grandezza della carità con la quale volle soffrire.
Secondo, per la nobiltà della sua vita, che era la vita dell’uomo Dio, e che egli offriva come soddisfazione.
Terzo, per l’universalità delle sue sofferenze e per la grandezza dei dolori accettati, di cui sopra abbiamo parlato.
Perciò la passione di Cristo non solo fu sufficiente per i peccati del genere umano, ma addirittura sovrabbondante, secondo le parole di S. Giovanni: "Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv 2,2)” (Somma  teologica, III, 48, 2).
​

6. Abbiamo molti motivi per amare Gesù Cristo.
Ma questo, di essersi sostituito – Lui innocente – al posto nostro per espiare i peccati e guadagnarci la vita divina per tutta l’eternità è certamente uno dei più grandi.
0 Comments

LA NUOVA TRADUZIONE DEL PADRE NOSTRO

24/11/2020

0 Comments

 
​Quesito

Le scrivo in merito alla nuova traduzione della preghiera del Signore, il Padre Nostro, operata nella nuova versione della Bibbia dalla CEI. Nel Vangelo infatti è riportato un cambiamento rilevante, "non ci abbandonare alla tentazione", al posto di "non ci indurre in tentazione". Vorrei chiedere le ragioni filologiche di questo cambiamento, e se comporta conseguenze dogmatiche. Ho trovato più di qualche fedele e anche qualche presbitero che si trovavano in difficoltà nel fatto che Dio potesse "indurci in tentazione" e sosteneva che quel passo fosse un retaggio del passato. Cosa significa questa parte in latino "et ne nos inducas in tentationem", dato che porta a due traduzioni apparentemente così diverse? Ora che la traduzione è cambiata, anche noi fedeli siamo chiamati ad adeguarci a questa disposizione?

Risposta 

1. il testo latino della preghiera del Pater recita da sempre: “Et ne nos induca in tentationem” (Mt 6,13).
In greco c’è l’espresssione “eisenènkes” che significa “introdurre, condurre dentro, lasciar cader in”.
In italiano finora è stato da sempre tradotto “non ci indurre in tentazione”,
La versione nuova dice: “Non abbandonarci alla tentazione”.

2. L’espressione di sempre poteva lasciar intendere che Dio tentasse le persone.
Ma questo non può essere perché Dio non tenta nessuno. L’ha detto lui stesso per bocca di Giacomo: “Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno” (Gc 1,12).
San Paolo fa capire che la tentazione non viene da Dio. Dio la permette, ma nello stesso tempo dà sempre la forza per superarla: “Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere” (1 Cor 10,13).

3. La Bibbia di Gerusalemme scrive ancora: “Domandiamo a Dio di liberarci dal tentatore e lo preghiamo di non entrare in tentazione, e cioè nell’apostasia”.
E fa riferimento a Mt 26,41 quando Gesù dice agli Apostoli nell’orto degli olivi “Vegliate e pregare per non entrare in tentazione”. Qui la tentazione è consistita nell’abbandono (apostasia) del Signore: “allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono” (Mt 26,56).

4. Per cui il non indurci in tentazione sta per “non lasciarci cadere in tentazione”. O, come scrive la tradizione della Cei: “non abbandonarci alla tentazione”.
A mio modestissimo parere, “non lasciarci cadere in tentazione” sarebbe stato meglio che il “non abbandonarci” perché ricorda che senza il aiuto di Dio non possiamo superare le prove.

5. Sant’Agostino commenta: “Senza tentazione nessuno può essere provato né di fronte a se stesso né di fronte agli altri; davanti a Dio invece ognuno è conosciutissimo prima di ogni tentazione.
Quindi non si prega per non essere tentati, ma perché non siamo indotti in tentazione (cioè di non cadervi): così quando uno deve essere esaminato nel fuoco, non prega perché non ci sia il fuoco, ma perché non sia bruciato” (De Sermone Dom. 2,9).
E ancora: “Quando dunque diciamo “non ci indurre in tentazione” siamo avvisati di chiedere che non veniamo privati del suo aiuto e acconsentiamo ingannati a qualche tentazione o cediamo” (Lettera Proba, L. 130,11).

5. San Tommaso: “Forse Dio induce al male dal momento che ci fa dire: “non ci indurre in tentazione”?
Rispondo che si dice che Dio induce al male nel senso che lo permette, in quanto, cioè, sottrae all’uomo – a causa dei suoi molti peccati precedenti – la sua grazia, tolta la quale, egli scivola nel peccato. Per questo noi diciamo col salmista “Non abbandonarmi quando declinano le mie forze” (Sal 70,9).
Dio però sostiene l’uomo, perché non cada in tentazione, mediante il fervore della carità che, per quanto sia poca, è sufficiente a preservarci da qualsiasi peccato. Infatti che “le grandi acque non possono spegnere l’amore” (Ct 8,7)” (Commento al Pater).
0 Comments

LA FEDE NUZIALE: QUAL'E' IL SENSO DELL'INDOSSARLA?

18/11/2017

0 Comments

 
Quesito

La fede nuziale: qual è il senso dell’indossarla? E’ un obbligo?
​Commetto un peccato se non la porto?

Risposta

​Non è un buon gesto il non indossarlo!  Ma, allo stesso tempo, non si può considerare peccato

Il teologo Giordano Muraro lo spiega su Famiglia Cristiana (15 novembre): «E’ l’espressione fisica delle parole: “Prometto di esserti fedele sempre”. Per questo è denominato “la fede”. Da notare: non è il segno della fedeltà di chi lo porta, ma di chi lo ha messo al dito». 

Amore e fedeltà
Per l’uomo «portare l’anello significa dire che la donna che gli ha detto “ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà”sta vivendo con lui questo amore e questa fedeltà. È il segno concreto della fedeltà della sua donna. La stessa cosa per la donna».

Gesto sconveniente
Per questo non portarlo al dito «è oggettivamente un gesto sconveniente. È come dire: non mi interessa o non credo alla fedeltà che il mio coniuge mi ha promesso il giorno del matrimonio. È vero che talora l’anello al dito può portare inconvenienti, ma per decidere di non portarlo abitualmente bisogna che questi inconvenienti siano realmente gravi».

Un angelo veglia sui coniugi
Portare sempre con sé quell’anello, più che un atto d’amore e di fedeltà o un dovere coniugale, è una buona protezione, visto che si dice che una volta costituita la coppia coniugale Dio le assegna un angelo speciale, il cui obiettivo è proteggerla e proteggere individualmente i coniugi in funzione del matrimonio come “una sola carne” che ormai sono i due.

Una sola carne erano prima che Dio togliesse Eva dal costato di Adamo, una sola carne tornano ad essere ora finché la morte non li separi e in cielo siano come angeli (Mc 12,25).
0 Comments

LA MESSA DOMENICALE PUO' ESSERE ''RECUPERATA'' DURANTE LA SETTIMANA?

25/9/2017

0 Comments

 
Quesito

So che la Messa domenicale è il fulcro della vita cristiana. Ma se, per un valido motivo, non si può partecipare, ha senso sostituirla partecipando alla Messa in un giorno feriale? Non parlo della Messa prefestiva del sabato ma di andare alla Messa, ad esempio, il venerdì o il lunedì?

Risposta
​
Di notevole interesse e da considerare attentamente il tema proposto dal nostro lettore, perché ancora una volta richiama l’attenzione sulla «domenica» e il suo significato per la comunità dei credenti nell’attuale situazione sociale.

La Chiesa latina ha voluto un precetto per l’Eucaristia domenicale, consapevole della liberazione portata da Cristo e per offrire l’esistenza come offerta di se stessi a Dio. Così ricordava papa Benedetto XVI nell’esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis(n. 72).  E continuava affermando che l’obbligo domenicale è «fonte di libertà autentica, per poter vivere ogni altro giorno secondo quanto hanno celebrato nel “giorno del Signore”» (n. 73). Nello stesso numero, facendo riferimento alla Dies Domini di san Giovanni Paolo II, ricordava i significati essenziali della domenica.

Nessun documento magisteriale prospetta la possibilità di poter per «giusta causa» sostituire la celebrazione domenicale con una partecipazione ad una celebrazione eucaristica durante la settimana. Questo convaliderebbe il principio di alcuni teologi della liturgia, tra l’altro in questa accezione mai scritto, che «la domenica esige l’Eucaristia, ma l’Eucaristia fa la domenica».

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica non si fa presente questa eccezione.  Al n. 1281 si legge: «L’Eucaristia domenicale fonda e conferma tutto l’agire cristiano. Per questo i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucaristia nei giorni di precetto, a meno che siano giustificati da un serio motivo (per esempio, la malattia, la cura dei lattanti) o ne siano dispensati dal loro parroco.  Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave».

Ancora al n. 2185 si ritorna sul problema: «Le necessità familiari o una grande utilità sociale costituiscono giustificazioni legittime di fronte al precetto del riposo domenicale. I fedeli vigileranno affinché legittime giustificazioni non creino abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute».

Al n. 1287 il CCC continua: «Quando i costumi (sport, ristoranti, ecc.) e le necessità sociali (servizi pubblici, ecc.) richiedono a certuni un lavoro domenicale, ognuno si senta responsabile di riservarsi un tempo sufficiente di libertà… Nonostante le rigide esigenze dell’economia, i pubblici poteri vigileranno per assicurare ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti».

Se il n. 2181 si riferisce a dati tradizionali, il 2185 e il 2187 focalizzano l’attenzione sul riposo festivo, altro aspetto fondante della domenica assieme all’Eucaristia, perché ambedue contemplati dalla Parola di Dio.

Dall’esplicito silenzio dei testi si evince che in nessun caso il cristiano è libero di poter scegliere lui stesso un giorno della settimana per soddisfare il precetto, anche se per giusta causa non ha celebrato la domenica. E si ribadisce sempre che il non partecipare non deve divenire un costume.
0 Comments

LA MISERICORDIA DI DIO NON HA LIMITI MA... SE IL PECCATORE, CON LA SUA OSTINAZIONE, RIFIUTA IL PERDONO...

23/5/2017

1 Comment

 
Gesù afferma che “chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”.

La confusione su questa frase è immensa, ognuno dà una spiegazione personale, secondo la maturità della vita spirituale. In effetti, sembrerebbe delimitare la misericordia infinita di Gesù, il suo desiderio di salvare tutti i peccatori.

Bisogna chiarire due cose:
- Il peccato della bestemmia può essere perdonato, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata. 
- Separiamo la bestemmia come tale e l’atteggiamento peccaminoso che è un oltraggio allo Spirito Santo.

“La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata”: 
si spiega che con molta difficoltà si otterrà il perdono, non per mancanza di amore o di potenza di Dio (è dogma di fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della Grazia da parte di chi commette i peccati. 

Non è Gesù a rifiutare il perdono, è il peccatore a rifiutare il perdono. 

La maggior parte senza pensarci -tanto è ottenebrato l’intelletto-, non hanno alcun desiderio di chiedere perdono a Gesù. 

E questo succede anche a tutti coloro che pur pregando (!?), hanno una condotta di vita spregiudicata e insensibili alle cose di Dio. 

Perché non è interessato a Gesù né alla vita di Grazia. 

Può succedere anche a Sacerdoti e Prelati. 

Nessuno è escluso.

Quindi, la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro, che chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio, e respingono ostinatamente le sue opere, addirittura attribuendole al diavolo, identificando così lo Spirito Santo con lo spirito maligno, come facevano i farisei.

Vediamo innanzitutto i sei peccati contro lo Spirito Santo indicati dal Catechismo:
1) l’impugnazione della verità conosciuta; 
2) l’invidia della Grazia altrui; 
3) la disperazione della salvezza; 
4) la presunzione di salvarsi senza merito; 
5) l’ostinazione nel peccato; 
6) l’impenitenza finale.

Si tratta di ostinazione nel peccato, e viene commessa sapendo di andare contro Dio, è un’irriverenza ribelle, arrecando umiliazione intenzionale alle cose legate a Dio, sapendo quindi con precisione a chi dichiara guerra.

Una malattia viene dichiarata insanabile quando l’ammalato rifiuta la medicina, allo stesso modo c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona, perché il peccatore rifugge dalla Grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio. 
Rifugge perché rifiuta la Grazia.

Questa è la bestemmia contro lo Spirito Santo e non può essere perdonata, perché il peccatore non riuscirà più a tornerà indietro.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo” (CCC 1864).

Il peccatore dovrebbe rivolgersi a Gesù con un atteggiamento di riconoscenza, non di bestemmia.

Spero sia chiara questa spiegazione.

PADRE GIULIO MARIA SCOZZARO
1 Comment

NON SOLO L’OMOSESSUALITÀ: ECCO TUTTI I PECCATI CONTRO NATURA

18/5/2017

17 Comments

 
NON SOLO L’OMOSESSUALITÀ: ECCO TUTTI I PECCATI CONTRO NATURA

L’espressione “Peccato contro natura” è ben nota ai giorni nostri sopratutto per la condanna dei rapporti omosessuali che da qualche decennio a questa parte si sono palesati al mondo intero e che, al momento, stanno vivendo un processo di normalizzazione sociologico ed etico che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Sebbene l’omosessualità sia il più grave dei peccati contro natura non e il solo dal quale i cristiani si devono guardare per non incorrere in punizioni eterne, dato che questi, per ricordare le parole di Santa Caterina: “Fanno Schifo persino ai demoni” .

Don Leonardo Maria Pompei ricorda ai fedeli che i peccati di tal fatta sono di tre tipologie e che per la prima volta sono stati descritti con dovizia di particolari da San Tommaso d’Aquino:
 
Il primo e meno grave peccato contro natura, ricorda il sacerdote, è la masturbazione: si tratta di una deviazione dalla normale sessualità tra marito e moglie, poiché è finalizzata esclusivamente al raggiungimento del piacere fisico personale e non alla procreazione o per dirla con le parole di Don Pompei: “La prima forma del peccato impuro contro natura è la masturbazione, la meno grave di tutte, ma comunque da annoverare come disordine innaturale, in quanto non rispetta l’ordinazione naturale della sessualità alla relazione, consistendo appunto nel procurarsi il piacere sessuale in modo solitario”.

Il secondo peccato impuro contro la natura è rappresentato da atti sessuali devianti in un rapporto di coppia eterosessuale, compreso quello tra marito e moglie. Si tratta di forme alternative di ricerca del puro godimento non finalizzato alla semplice procreazione, questi ricorda il parroco sono spesso accettati dalle donne che credono erroneamente di dover soddisfare ogni volontà del marito: “E’ una fattispecie che, partendo dalle richieste di prestazioni sessuali “alternative” al rapporto naturale (che, per pudore e decenza, non è bene nominare), giunge alle vere e proprie perversioni sessuali, che – sia detto ad onor del vero – possono riguardare tranquillamente anche persone che oggi chiameremmo “eterosessuali”. Non poche sono le povere donne sposate, sia in passato che al presente, che soffrono a causa di indebite richieste da parte del coniuge, a cui, peraltro, ritengono di dover consentire in quanto mogli degli sciagurati richiedenti”. In questi casi, conclude il sacerdote, la donna non ha solo il diritto, ma il dovere di rifiutarsi.

Il terzo e più grave atto contro natura è l’omosessualità, di cui si sanno ampiamente le colpe che raggiungono il culmine nel riprovevole atto della sodomia. Su questo il Sacerdote cita la manifesta condanna nelle sacre scritture: “Le parole della Sacra Scrittura – e ancor più le tacite parole di Dio che rase al suolo con fuoco divorante la città di Sodoma (da cui prende il nome teologico questo vizio) – sono quanto mai eloquenti e dinanzi ad esse non si comprende come sia possibile essere giunti al grado di follia contemporanea che vede in oltre mezza Europa legalizzate le unioni omosessuali addirittura nella forma del matrimonio”.
Foto
17 Comments

HO INIZIATO A MASTURBARMI IGNORANDO IL FATTO CHE FOSSE UN PECCATO GRAVE

27/1/2017

0 Comments

 
Quesito

Carissimo Padre,
sono una ragazza di 14 anni molto religiosa, credo in Dio, mi sforzo di non commettere alcun peccato con tutta la mia anima ed aiuto sempre il prossimo, provo ad essere una brava Cattolica, esattamente come Gesù Cristo ci ha insegnato.
Il problema è che qualche mese fa ho iniziato a masturbarmi ignorando il fatto che fosse un peccato grave, lo facevo più di una volta al giorno, specialmente quando ero nervosa o stressata, lo facevo per scaricare la mia tensione e godere.
Ora ho scoperto che è un atto proibito dalla Chiesa, quindi, sto evitando di farlo, ci sto mettendo tutte le mie forze, certe volte è più forte di me, ma, fortunatamente, riesco a concentrarmi sulla mia religione e mi trattengo.
Credete che Dio mi possa perdonare per ciò che ho fatto? Potrà cancellare questo mio terribile peccato? C'è qualche penitenza che devo scontare per la mia azione?
Sono davvero pentita e sto soffrendo molto, lo so che Voi siete molto impegnato ma spero che mi possiate aiutare con questo mio problema.
Grazie mille per avermi ascoltata, grazie di cuore. 

Risposta del sacerdote


Carissimo,
1. la masturbazione non è solo proibita dalla Chiesa, ma dalla legge di Dio che nel sesto comandamento ha detto: “Non commettere atti impuri”.

2. Per compiere soggettivamente un peccato grave è necessario che vi sia la materia grave, la piena avvertenza della mente e il deliberato consenso della volontà.
Nel nostro caso siamo certamente di fronte a materia grave.
La Sacra Scrittura include questo peccato sotto la dizione di impudicizia o impurità.
In particolare troviamo un’affermazione  molto forte in san Paolo: “Il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore e il Signore è per il corpo. (...). Non sapete che il vostro corpo e tempio dello Spirito Santo che abita in voi, che è dato da Dio e che non appartenete a voi stessi? Glorificate dunque Dio nel nostro corpo” (1 Cor 6,12-20).
L’insegnamento della Chiesa su questo punto è sempre stato chiaro. Ancora di recente, nella dichiarazione Persona humana (su alcune questioni di etica sessuale) così si è espresso: “Sia il Magistero della Chiesa - nella linea di una tradizione costante - sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato. La ragione principale è che, qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice essenzialmente la sua finalità” (PH 9).

3. Nel tuo caso ci potrebbe essere stata una diminuzione di responsabilità perché non sapevi che si trattasse di un peccato grave.
Per commettere un peccato grave ci vuole anche la piena avvertenza della mente. E si dice che la mente è pienamente avvertita quando ha la consapevolezza psicologica di quello che fa e anche la consapevolezza che si tratta di un’azione moralmente cattiva.
Mancando in te la consapevolezza morale, si può dire che la tua mente non era “pienamente avvertita”.

4. Adesso invece lo sai e te ne sei anche confessato.
Non vi sono dunque particolari penitenze da fare, oltre a quella stabilita dal sacerdote confessore.

5. Tuttavia, anche se non c’era piena avvertenza della mente, tu avverti che questi atti hanno lasciato in te un’inclinazione disordinata e che questo disordine va rimediato.
Il rimedio lo si trova in una direzione diametralmente opposta alla chiusura di cui questo peccato è sintomo.
Mi dici che questo ti capitava quando eri nervosa o particolarmente stressata. 
Se ti apri a Dio ascoltando la sua parola, mettendola in pratica e pregando, trovi già un ristoro e una quiete.
Davide aveva detto: “Solo in Dio riposa l’anima mia” (Sal 62,2).
E Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro” (Mt 11,29).
Ma è necessario anche imparare ad offrire a Dio la propria vita, i propri insuccessi e le proprie sofferenze. Quando si fa questo, si capisce che anche le contrarietà della vita servono a farci compiere un balzo più in avanti nella santità e a donare a Dio qualcosa che ci costa, ma che nello stesso tempo è così prezioso per la conversione dei peccatori e per ricevere molte altre grazie.

6. In questo atteggiamento interiore si trova la molla segreta che apre maggiormente al prossimo. La vera soddisfazione, quella che non lascia alcun senso di umiliazione e di miseria morale, è quella che si prova nel far contenti gli altri, nel potersi donare e fare qualcosa per loro.
La masturbazione è ripiegamento su di sé. È una sorta di narcisismo, lascia sempre insoddisfatti e sopratutto privi della presenza di Dio nel cuore.
Facendo quello che ti ho detto, troverai invece il cuore pieno di amore per la presenza di Dio, per l’offerta della tua vita e per la dedizione al tuo prossimo.
0 Comments

CHE COSA DICE LA TEOLOGIA SULLE COSIDDETTE ESPERIENZE DI PRE-MORTE

8/11/2016

0 Comments

 
Quesito

Caro Padre,
ritorno a lei dopo tanto tempo con un altro quesito, sono Alessandro e in passato ho già avuto modo di corrispondere con lei. Ho sempre avuto una forte attrazione verso quelle esperienze chiamate dalla scienza N.D.E. i cosiddetti viaggi di premorte, ho letto molti libri a riguardo che mi hanno sempre affascinato e anche tutt’ora ne cerco in continuazione in internet. La scienza finora non riesce a spiegare cosa succede realmente a queste persone, fatto sta che ognuno racconta questi “viaggi” in maniera idilliaca; e tutti testimoniano che oltrepassano questo tunnel di luce, che incontrano persone morte, paesaggi sublimi, viaggi nell’intero universo, una pace e una gioia indescrivibile, addirittura incontri con Gesù e esseri angelici e che poi ritornati in vita cambiano totalmente stile diventando buoni, altruisti, si convertono ecc....insomma secondo loro morire è affascinate e affermano che la morte è solo una liberazione di questo corpo, (ci sarebbero altre affermazioni quanto riguarda i messaggi, le dichiarazioni, ecc...ma non mi dilungo per non annoiarla.) Io credo fermamente nella vita oltre la vita ed è scontato che queste testimonianze mi producono solo gioia rafforzando in me la fede nella vita eterna, ma c’è un particolare del quale (purtroppo) non riesco a cogliere la verità: molti di loro parlano anche di vite precedenti, che a un certo punto scorrono come in un film a ritroso. Qui mi sorgono molti dubbi, Gesù ci ha confermato che si muore una volta sola e che ovviamente non esiste la reincarnazione e allora le domando; cosa ne pensa lei di queste esperienze? Quanto possono essere veritiere? Aggiungo che ho letto anche tutte  le esperienze dei santi su questo tema tanto da fare un confronto (Sant’Anna Katharina Emmerk, San Giovanni Bosco, Santa Faustina Kowalska, Santa gemma Galgani, ecc...) i loro viaggi all’inferno, purgatorio, e paradiso sono autentiche testimonianze e ho notato che più o meno le loro visioni si accostano molto a quelle descritte sopra. Come si pronuncia la chiesa su queste esperienze? Personalmente a me piacciono perché desidero ardentemente che un giorno anch’io possa godere questo amore traboccante... e crederci non mi costa nulla.

Risposta del sacerdote

Caro,
1. le esperienze pre morte di cui mi parli sono inspiegabili alla scienza.
E loro sono molto di più anche sotto il profilo teologico.
Infatti subito dopo la morte e cioè subito dopo la separazione dell’anima dal corpo avviene il giudizio. E dopo il giudizio, che dura un istante, c’è la sentenza: paradiso, inferno, purgatorio.
Pertanto le esperienze pre morte non sono un preassaggio della vita che si inaugura dopo la morte perché prima c’è il giudizio.
Dal momento che nessuna di queste persone parla del giudizio ne traiamo la conclusione che non si tratta di preassaggio.

2. Come spiegare allora le esperienze di benessere, di luce e di pace che alcuni dicono di aver provato in situazioni che realmente erano di pre morte perché si trovavano ad un passo da essa?
Intanto va detto che queste esperienze non possono essere negate perché non sono pochi quelli che attestano di averle fatte.
Dobbiamo stare a quanto ci hanno raccontato e partire da queste loro sensazioni.

3. La prima spiegazione va fornita alla luce della psicologia che tra i vari ambiti del suo sapere scruta anche questi stati interiori.
Tuttavia non è facile neanche per gli psicologi dire una parola certa e aderente alla realtà.
C’è il rischio anche per loro di prendere questi fenomeni come stati patologi o schizofrenici.
Tuttavia una simile spiegazione è sembrata inadeguata agli psicologi stessi i quali hanno voluto indagare tali fenomeni come maggiore obiettività attraverso una nuova disciplina alla quale hanno dato il nome di psicologia transpersonale, che va al di là degli stati normali dell’io e dell’inconscio.

4. Con questo nuovo approccio essi riconoscono la realtà di tali fenomeni, di questi eventi che toccano lo spirito e i gradi superiori della coscienza.
Ne parlano con molto rispetto, avvalendosi anche degli aiuti offerti dalle religioni.
In una parola riconoscono la realtà di questi fenomeni estatici accompagnati da sensazioni di benessere.
Ma si tratta ancora di fenomeni naturali le cui cause non sono facilmente identificabili.
Pertanto, se si tratta solo di questo, sarebbe improprio parlare di preassaggio della vita futura.

5. Sotto il profilo teologico non si può escludere a priori che Dio si possa servire di questi fenomeni naturali e di queste esperienze per parlare ad una persona.
E che insieme ad immagini di ordine naturale ne infonda altre di ordine soprannaturale.
Questo spiegherebbe come mai alcune persone dopo tali esperienze si siano convertite e abbiano cambiato vita.

6. Sullo stato di benessere che di solito accompagna tali esperienze non è sbagliato ricordare quanto avviene nelle estasi di ordine soprannaturale.
Santa Teresa d’Avila, che senza dubbio è stata soggetto di molti estasi, attesta: “Durante questi rapimenti sembra che l’anima non sia più nel corpo, tanto che questo, sensibilmente, sente che gli viene a mancare il calore naturale e, a poco a poco, si raffredda, anche se con grandissima soavità e gioia” (Libro della mia vita, 20,3). 

7. Nello stesso tempo i teologi non escludono che ne possa approfittare anche il nemico dell’uomo, così abile a travestirsi da angelo di luce, come ricorda la Sacra Scrittura in 2 Cor 11,14.

​8. Allora, nel caso che si tratti di fenomeni non puramente naturali, per discernere se di essi se ne sia servito Dio oppure il nemico dell’uomo è necessario verificare i sentimenti lasciati nel soggetto: se sono sentimenti di profonda umiltà, di pentimento, di carità e di esercizio di ogni virtù si può pensare che vangano da Dio.
Se mancano l’umiltà, la carità e se manca l’esercizio di altre virtù è necessario diffidare.
0 Comments
<<Previous

    RSS Feed

    Archivi

    December 2021
    November 2021
    February 2021
    November 2020
    November 2017
    September 2017
    May 2017
    January 2017
    November 2016
    September 2016
    July 2016
    April 2016
    February 2016
    November 2015
    October 2015
    September 2015
    August 2015
    May 2015
    February 2015
    January 2015
    November 2014
    October 2014
    September 2014
    August 2014
    July 2014
    May 2014
    April 2014
    March 2014

Foto