sia umile e dolce e diventi per me una tenera amica;
che ci si possa addormentare tenendoci per mano;
ch’ella porti al collo, un po’ nascosta tra i seni,
una catena d’argento con una medaglia:
che la sua carne sia più liscia, più tiepida e dorata
della prugna addormentata al declino dell’estate;
ch’ella diventi forte da vegliare sull’anima mia
come un’ape sul sonno di un fiore; e che,
il giorno in cui morrò, mi chiuda gli occhi
e per sola preghiera s’inginocchi,
congiungendo le dita sul mio letto,
con quel rigonfio di dolore che soffoca nel petto.
Francis Jammes
da ‘Poesia francese del novecento’ (Bompiani, 1985), trad. it. V. Accame.