La trascrizione della conferenza stampa in Senato in cui il portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli ha dettagliato le ragioni dell’opposizione al testo
Pubblichiamo di seguito una nostra trascrizione dell’intervento di Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, durante l’affollata conferenza stampa svoltasi martedì 23 febbraio presso la sala Nassirya del Senato per ribadire le posizioni del Comitato sul ddl Cirinnà e sui tentativi del governo di modificare il testo con eventuali stralci ad alcuni articoli.
Buonasera a tutti e grazie di essere presenti. Contiamo molto sulla vostra collaborazione, perché come avrete già notato, noi di voce pubblica ne abbiamo poca mentre il servizio pubblico della Rai non perde occasione per fare spot alle famiglie arcobaleno. Ne faccio una questione quasi personale, cito testualmente una frase sentita su Rai 3 che ha definito la gente presente al Family Day del 30 gennaio «un gruppo di puttanieri e di preti che si trovano per insegnare agli altri come si fa la famiglia». Lo trovo quanto meno maleducato e irrispettoso anche perché non sono arrivate scuse di nessun tipo e troviamo che questo sia l’antitesi della democrazia.
Vi abbiamo chiamato e vi ringraziamo per essere qui presenti con il Comitato “Difendiamo i nostri figli” che ha reso possibile la piazza del 20 giugno e quella del 30 gennaio. Una piazza fatta di gente comune, che si è autofinanziata, che è venuta facendo anche enormi sacrifici ma anche con una enorme passione e un grande sentimento di partecipazione e di voler essere una cittadinanza attiva su un disegno di legge così terribilmente deostruente l’antropologia della famiglia come noi italiani la conosciamo da secoli. La partecipazione della gente è altissima, vi possiamo dare testimonianza di un desiderio di far sentire la propria voce e noi siamo qui come portavoce di queste persone. Se in piazza c’erano uno o due milioni di persone – non stiamo qui a fare una guerra di numeri – è altrettanto vero che a casa c’erano altri milioni di persone che non erano potute venire in piazza. Penso di poter dire che noi rappresentiamo una grandissima quantità di cittadini italiani.
LE DUE RAGIONI DEL NO
Entrando nel merito del disegno di legge, ci chiedono quale sia la nostra posizione e cercheremo di essere molto chiari. La nostra posizione non è cambiata, da sempre noi siamo contrari a una legge che istituzionalizzi il rapporto di convivenza tra due persone di pari sesso che sono legate da ragioni di natura sentimentale e affettiva. Per noi una legge sulle unioni civili in Italia è inutile e ingiusta se si vanno ad analizzare i singoli articoli, soprattutto il numero 5. Perché è una legge inutile? Perché tutti i diritti civili che garantiscono la libertà della persona e che uno può giocarsi in un rapporto affettivo e quindi di mutuo soccorso anche con una persona dello stesso sesso, già esistono. Basta andare ad aprire il codice civile e si potrà vedere che tutti questi diritti sono già presenti. Il mainstream mediatico fa passare come inesistenti diritti che invece sono tutti largamente codificati, dalla visita in ospedale o in carcere alla questione patrimoniale, fino alla successione del contratto di locazione, addirittura anche la legge che riguarda i trapianti, che prevede che l’espianto degli organi sia legato all’assenso o dissenso del convivente senza specificare se questo sia un uomo o una donna. Anche questo diritto è previsto nel codice civile. E anche la domanda di grazia.
La nostra posizione è assolutamente contraria a una legge sulle unioni civili. Non vogliamo che sia istituzionalizzato un comportamento affettivo e sentimentale di carattere personale, e che questo possa diventare un modello pubblico nel quale il popolo italiano si riconosce. Perché? Lo ripeto, per due ragioni: primo, perché i diritti legati alla persona già ci sono e non c’è bisogno di coniugarli in altro modo; secondo, perché a noi, popolo del Family Day, sta molto a cuore anche la valenza antropologica e culturale di ogni singola legge. Nel momento in cui si dovesse istituire l’idea che esistono modelli diversi di famiglia, per cui la famiglia non è più quella società naturale fondata sul matrimonio di cui parla l’articolo 29 della Costituzione, ma ci possono essere famiglie di tipo omogenitoriale o addirittura famiglie composte da più soggetti – perché se l’elemento che unisce è quello dell’affetto e del sentimento, non si capisce perché questo debba essere limitato a due persone –, questo costituirebbe un modello educativo deostruente per le nuove generazioni. E siccome noi difendiamo i nostri figli, figli e nipoti, non vorremo mai che nello Stato italiano possa passare una deriva antropologica di questo genere.
NON FANALINO DI CODA MA FARO DI CIVILTÀ
Ogni tanto qualcuno ci fa notare che “l’Europa fa così”, “il mondo fa così”, “voi siete rimasti al medioevo”… Noi rivendichiamo con orgoglio che l’Italia non è il fanalino di coda ma un faro di civiltà. La storia ci ha sempre consegnato l’Italia come un faro di civiltà e lo può essere anche oggi, perché nel momento in cui un popolo si riconosce nell’idea che ci sono un padre e una madre e che questi proprio strutturalmente sono una società naturale perché a loro è destinato e adibito il mantenimento della specie con la procreazione, questo lo troviamo una istanza di un tale livello civile che dovremmo essere assolutamente orgogliosi di poter essere non il fanalino di coda ma il faro di civiltà all’interno dell’Europa. È inutile che vi citi numeri, voi sapete benissimo che non è assolutamente vero che tutti gli stati dell’Unione Europea hanno i matrimoni gay. E sapete altrettanto bene che all’interno dell’Onu, dove sono rappresentate circa duecento nazioni, quelle che hanno i matrimoni omosessuali sono una ventina. Per cui non è assolutamente detto che la nuova cultura porta verso le unioni civili omosessuali.