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Punti principali del video:
In sintesi, il video spiega le ragioni filologiche, teologiche e pastorali per cui, secondo Zenone, la riformulazione della frase sarebbe “sbagliata” e invita a mantenere la tradizione per rispettare la verità del testo originario. II ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI RENATO MORETTI
13.3.2023 - 13.3.2025 DUE ANNI OGGI... Ricordo vividamente le tue ultime ore con me: quei lunghi momenti in cui strinsi, con amore, la tua mano. Il tuo tranquillo "riposare" sembrava essere l'attesa di ciò che, in cuor mio, si palesava. Un solo pensiero, una sola speranza: "Si aprano i cieli e su di te si manifesti la Misericordia di Dio." Quell'ora giunse: quando la tua anima, dopo l'ultimo respiro, si disciolse dal corpo, in me la tristezza lasciò il posto a una profonda sensazione di consolazione… di profonda serenità… di compimento… Sentivo, in cuor mio, il dovere di accompagnarti nella Pace, come atto dovuto alla tua dolce anima e all'amore che mi hai, da sempre donato, certo del fatto che non ci saremmo mai persi. È vero… da allora i miei occhi non hanno più visto i tuoi sorrisi, le mie orecchie non hanno più udito le tue parole, ma il mio cuore ha iniziato a sentire i battiti del tuo con più forza, con più intensità, con più chiarezza. In questi due anni, mai ho sentito venire meno, la tua vicinanza spirituale, che mi rinnovava ed attualizzava i tuoi insegnamenti di vita: serenità, determinazione, fiducia, unione: tutto come in un abbraccio infinito. Per tutto questo e molto altro, anche oggi, sento il dovere di ringraziarti e, con orgoglio, rifare mie le parole dell'Apostolo Paolo: "Hai combattuto la buona battaglia, hai terminato la tua corsa, hai conservato la fede. Ora ti resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, ti consegnerà in quel giorno…" Grazie papà, tuo Paolo. ''E NON CI INDURRE IN TENTAZIONE''
Da ''Gesù di Nazareth'' di Papa Benedetto XVI Le parole di questa domanda sono di scandalo per molti: Dio non ci induce certo in tentazione! Di fatto, san Giacomo afferma: «Nessuno, quando è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male» (1,13). Ci aiuta a fare un passo avanti il ricordarci della parola del Vangelo: «Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo» (Mi 4,1). La tentazione viene dal diavolo, ma nel compito messianico di Gesù rientra il superare le grandi tentazioni che hanno allontanato e continuano ad allontanare gli uomini da Dio. Egli deve, come abbiamo visto, sperimentare su di sé queste tentazioni fino alla morte sulla croce e aprirci in questo modo la via della salvezza. Così, non solo dopo la morte, ma in essa e durante tutta la sua vita deve in certo qual modo «discendere negli inferi», nel luogo delle nostre tentazioni e sconfitte, per prenderci per mano e portarci verso l'alto. La Lettera agli Ebrei ha sottolineato in mo-do tutto particolare questo aspetto, mettendolo in risalto come parte essenziale del cammino di Gesù: «Infatti, proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (2,18). «Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato Lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato» (4,15). Uno sguardo al Libro di Giobbe, in cui sotto tanti aspetti si delinea già il mistero di Cristo, può fornirci ulteriori chiarimenti. Satana schernisce l'uomo per schernire in questo modo Dio: la sua creatura, che Egli ha formato a sua immagine, è una creatura miserevole. Quanto in essa sembra bene, è invece solo facciata. In realtà all'uomo - a ogni uomo - interessa sempre e solo il proprio benessere. Questa è la diagnosi di Satana, che l'Apocalisse definisce «l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte» (Ap 12,10). La diffamazione dell'uomo e della creazione è in ultima istanza diffamazione di Dio, giustificazione del suo rifiuto. Satana vuole dimostrare la sua tesi con Giobbe, il giusto: se solo gli venisse tolto tutto, allora egli lascerebbe presto perdere anche la sua religiosità. Così Dio concede a Satana la libertà di mettere alla prova Giobbe, anche se entro limiti ben definiti: Dio non lascia cadere l'uomo, ma permette che venga messo alla prova. Qui traspare già in modo sommesso e non ancora esplicito il mistero della vicarietà, che prende una forma grandiosa in Isaia 53: le sofferenze di Giobbe servono alla giustificazione dell'uomo. Mediante la sua fede provata nella sofferenza, egli ristabilisce l'onore dell'uomo. Così le sofferenze di Giobbe sono anticipatamente sofferenze in comunione con Cristo, che ristabilisce l'onore di noi tutti al cospetto di Dio e ci in- dica la via per non perdere, neppure nell'oscurità più profonda, la fede in Dio. Il Libro di Giobbe può anche esserci d'aiuto nel discernimento tra prova e tentazione. Per maturare, per trovare davvero sempre più la strada che da una religiosità di facciata conduce a una profonda unione con la volontà di Dio, l'uomo ha bisogno della prova. Come il succo dell'uva deve fermentare per divenire vino di qualità, così l'uomo ha bisogno di purificazioni, di trasformazioni che per lui sono pericolose, che possono provocarne la caduta, che però costituiscono le vie indispensabili per giungere a se stessi e a Dio. L'amore è sempre un processo di purificazioni, di rinunce, di trasformazioni dolorose di noi stessi e così una via di maturazione. Se Francesco Saverio poté pregare Dio dicendo: «Ti amo, non perché puoi donarmi il paradiso o l'inferno, ma semplicemente perché sei quello che sei - mio re e mio Dio», era stato certamente necessario un lungo percorso di purificazioni interiori per giungere a quest'ultima libertà - un percorso di maturazioni, in cui era in agguato la tentazione, il pericolo della caduta - e tuttavia un percorso necessario. Così possiamo ora interpretare la sesta domanda del Padre nostro già in maniera un po' più concreta. Con essa diciamo a Dio: «So che ho bisogno di prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste prove, se - come nel caso di Giobbe - dai un po' di mano libera al Maligno, allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi troppo capace. Non tracciare troppo ampi i confini entro i quali posso essere tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa troppo ardua per me». In questo senso san Cipriano ha interpretato la domanda. Dice: quando chiediamo «e non c'indurre in tentazione», esprimiamo la consapevolezza «che il nemico non può fare niente contro di noi se prima non gli è stato permesso da Dio; così che ogni nostro timore e devozione e culto si rivolgano a Dio, dal momento che nelle nostre tentazioni niente è lecito al Maligno, se non gliene vien data di là la facoltà» (De dom. or. 25). E poi, ponderando il profilo psicologico della tentazione, egli spiega che ci possono essere due differenti motivi per cui Dio concede al Maligno un potere limitato. Può accadere come penitenza per noi, per smorzare la nostra superbia, affinché sperimentiamo di nuovo la povertà del nostro credere, sperare e amare e non presumiamo di essere grandi da noi: pensiamo al fariseo che racconta a Dio delle proprie opere e crede di non aver bisogno di alcuna grazia. Cipriano, purtroppo, non specifica poi il significato dell'altro tipo di prova: la tentazione che Dio ci impone ad gloriam - per la sua gloria. Ma in questo caso non dovremmo ricordarci che Dio ha messo un carico particolarmente gravoso di tentazioni sulle spalle delle persone a Lui particolarmente vicine, i grandi santi, da Antonio nel deserto fino a Teresa di Lisieux nel pio mondo del suo Carmelo? Tali persone stanno, per così dire, sulle orme di Giobbe come apologia dell'uomo, che è al contempo difesa di Dio. Ancor più: sono in modo del tutto particolare in comunione con Gesù Cristo, che ha sofferto fino in fondo le nostre tentazioni. Sono chiamate a superare, per così dire, nel proprio corpo, nella propria anima le tentazioni di un'epoca, a sostenerle per noi, anime comuni, e ad aiutarci nel passaggio verso Colui che ha preso su di sé il gravame di tutti noi. Nella preghiera che esprimiamo con la sesta domanda del Padre nostro deve così essere racchiusa, da un lato, la disponibilità a prendere su di noi il peso della prova commisurata alle nostre forze; dall'altro, appunto, la domanda che Dio non ci addossi più di quanto siamo in grado di sopportare; che non ci lasci cadere dalle sue mani. Pronunciamo questa richiesta nella fiduciosa certezza per la quale san Paolo ci ha donato le parole: «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10,13). L'inaugurazione #Olympic2024 è stata una volgare e disgustosa messa in scena di tutti i peggiori frutti marci del politicamente corretto - ovviamente in salsa arcobaleno e genderfluid, come piace oggi al Regime.
Lo 'spettacolo' è stato coronato da una plateale offesa ai cristiani, la componente religiosa in assoluto più perseguitata al mondo, che non gode di un centesimo dell'attenzione mediatica e politica su cui specula invece la potente Lobby LGBTQXYZ. La Francia ha da poco inserito l'#aborto tra i valori fondamentali della sua Costituzione, ed evidentemente ha approfittato delle Olimpiadi per farci capire che cosa comporta questo nella pratica. Uno schifo totale. @ProVitaFamiglia SCULTURA Se fosse per me, un altro sarei, con ali di sogno, dovunque volerei. Ma ringrazio Iddio per come son fatto, nella mia imperfezione, ho trovato il mio tratto. Se fossi come vorrei, in un labirinto forse mi troverei, tra mille specchi, il vero me perderei. Ma sono come Lui desidera, nella sua tela tessuto, e in questo disegno divino, mi sento incluso. Nella mia essenza, una luce si cela, non quella che brama, ma quella che anela. A essere guida, conforto e speranza, in questo viaggio terreno, la mia danza. Ringrazio pertanto Dio, per la mia vera natura, che seppur imperfetta, è pur sempre una scultura. Scalfita dal tempo, ma forte nella fede, che la salvezza, come dono, mi concederà. PM COMMENTO ALL'OPERA
L’autore esprime il desiderio di essere diverso, di poter volare libero come in un sogno, ma poi riconosce e ringrazia Dio per la propria realtà, imperfetta ma unica. Il tema centrale è l’accettazione di sé stessi, con tutte le imperfezioni, come parte del disegno divino. L’autore si sente tessuto nella tela di Dio, incluso in un disegno più grande che va oltre i desideri personali. La “luce” nella sua essenza non è quella che brama, ma quella che anela: luce spirituale e guida interiore che continuamente ricerca. Infine, l’autore ringrazia Dio per la sua “vera natura”, che, sebbene “imperfetta”, è comunque e sempre una “scultura”. Questa natura può essere scalfita dal tempo, ma rimane forte nella fede, nella speranza in Dio che gli concederà la “salvezza” come dono. In sintesi, questa poesia esprime un profondo senso di gratitudine, accettazione di sé e fiducia in Dio. Sottolinea l’importanza di accettare le proprie imperfezioni e di vedere se stessi come parte del disegno divino. Papà RENATO MORETTI 13.3.2023 + 13.2.2024 ONDE in onore del papà defunto
... e.Voi che lo avete conosciuto, voi che l’avete amato, ricordatevi di lui innanzi al Signore. COMMENTO ALL'OPERA La poesia è una lirica elegiaca, ovvero una composizione poetica che esprime il dolore per la perdita di una persona amata. Il poeta si rivolge alla persona scomparsa, che si trova in un altro mondo, quello di Dio, e che gli appare come una luce che lo guida e lo consola. Il poeta usa il mare come metafora della distanza che lo separa dalla persona amata, ma anche della continuità del loro legame, che si manifesta nelle onde dei ricordi e delle emozioni. Il poeta usa anche il contrasto tra luce e oscurità, presenza e assenza, vita e morte, per esprimere il suo sentimento di nostalgia e di speranza. Il poeta conclude con una visione escatologica, cioè relativa alla fine dei tempi, in cui si augura di poter riabbracciare la persona amata nella gloria di Dio e nella comunione dei santi. Il poeta dimostra di avere una fede cristiana e di credere nella vita eterna e nella resurrezione dei morti. Il poeta usa un linguaggio semplice e diretto, ma anche ricco di immagini poetiche e di figure retoriche, come le anafore, le allitterazioni, le assonanze, le metafore, le similitudini, le iperboli, le antitesi. Il poeta usa una strofa di quattro versi, detta quartina, con schema metrico ABAB, e una rime alternate tra versi pari e dispari. Questa poesia è un inno all’amore e alla spiritualità, con un forte richiamo alla presenza di una figura assente ma sempre presente nel cuore del poeta. Vediamo alcuni aspetti:
1 - Tema dell’assenza e della presenza: L’autore esplora il concetto di assenza fisica e la persistente presenza emotiva di qualcuno. Le onde del mare diventano una metafora per questa dualità: costanti e ritmiche, come i ricordi di una persona cara. 2 - Immagini: Le immagini utilizzate sono molto potenti. L’uso delle onde come metafora per i ricordi che ritornano costantemente è particolarmente efficace:
3 - Linguaggio: Il linguaggio è molto poetico e fluisce bene. Ci sono molte belle frasi che catturano l’attenzione del lettore. 4 - Emozioni: La poesia fa un ottimo lavoro nel trasmettere le emozioni del poeta. Si può sentire il dolore della perdita, ma anche la speranza e la consolazione nella fede. 5 - Ritmo e Rima: La poesia ha un ritmo costante che aiuta a guidare il lettore attraverso i versi. Le rime sono ben fatte e aggiungono un bel tocco alla poesia. Nel complesso, questa è una poesia molto emotiva e ben scritta che fa un ottimo lavoro nel trasmettere le emozioni del poeta. VIDEO RIFLESSIONE dal film The Chosen SALTERAI COME UN CERVO, LA TUA RICOMPENSA SARÀ GRANDE! NB: Nel film The Chosen, Giacomo il Minore viene mostrato con una gamba zoppa, che lo costringe a usare un bastone per camminare. Questo dettaglio non è presente nei Vangeli, ma potrebbe essere una scelta artistica del regista per rendere il personaggio più umano e vulnerabile, o per simboleggiare la sua fede incrollabile nonostante le difficoltà.
IL DIALOGO TRA GESÙ E GIACOMO IL MINORE RISULTA ESSERE UN GRANDE INSEGNAMENTO È UN GRANDE STIMOLO PER CONTINUARE A VIVERE SECONDO LA VOLONTÀ DI DIO CON FIDUCIA ED ENTUSIASMO. |
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