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La Liturgia di Giovedi 22 Ottobre 2015

21/10/2015

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22.10.2015 - Giovedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
crea in noi un cuore generoso e fedele,  
perché possiamo sempre servirti con lealtà  
e purezza di spirito.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 6,19-23)
Ora, liberati dal peccato, siete stati fatti servi di Dio.

Fratelli, parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza. Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione. 
Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Il loro traguardo infatti è la morte. 
Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 1)
Rit: Beato l’uomo che confida nel Signore.

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

VANGELO (Lc 12,49-53) 
Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Commento
I nostri difetti sono bravissimi nel trovare occasioni di crescita: anche le parole della Scrittura sono state usate nel corso dei secoli in modo da favorirli o giustificarli. San Paolo nella lettera ai Romani cerca di togliere qualche illusione nociva. Ha affermato che la salvezza ci è data per grazia e non per le nostre opere; ora però esorta i cristiani: come nella schiavitù della carne si producevano iniquità e impurità, così ora, liberati dal peccato e servi di Dio, bisogna produrre frutti di santità, per la vita eterna. E l'assoluta novità delle opere della fede, che trovano la loro sorgente in Gesù Cristo. Così è evitato, da Paolo, il pericolo che la verità della salvezza per grazia venga deformata per giustificare una condotta cattiva.
Purtroppo questa verità non è sempre stata ricevuta rettamente, così ad esempio Lutero ha affermato che, rivestiti dalla grazia di Cristo come da un manto, possiamo ancora essere in peccato, perché i meriti di Cristo coprono i nostri peccati davanti al Padre. Non è vero. I cristiani non possono essere in peccato e avere la grazia: c'è una scelta da fare.
Nel Vangelo odierno anche Gesù toglie qualche illusione ai suoi discepoli. Egli è venuto a portare la pace, anzi "è lui la nostra pace", come scrive Paolo agli Efesini, ma la pace che egli porta non è come quella del mondo. Il suo messaggio di pace è contro una certa pigra tranquillità che sfugge gli sforzi, che evita da vile ogni conflitto. Ecco perché dice: "Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione". Davanti a lui non si può rimanere neutrali: bisogna prendere posizione e allora si creano conflitti in noi e attorno a noi, ci si trova di fronte a degli avversari: "Si divideranno tre contro due e due contro tre...".
Un cristiano deve saper guardare le cose in faccia, e combattere coraggiosamente per la verità, per il regno dell'amore, contro i vizi che lo ostacolano. Quello del Vangelo oggi è un messaggio di coraggio.
Chiediamo al Signore la chiarezza di vedute che ci faccia distinguere la vera dalla falsa pace, che ci dia il coraggio di servire la verità, a qualunque prezzo. Nella lettera agli Ebrei l'autore invita i cristiani a correre con perseveranza "tenendo fisso lo sguardo su Gesù e li esorta: "Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità da parte dei peccatori, perché non vi stanchiate... Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato!". Gesù ci mette nella verità, perché resistiamo fino al sangue

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Oggi
SAN GIOVANNI PAOLO II, PAPA (mf)
(Papa dal 22/10/1978 al 02/04/2005 ).
Nato a Wadovice, in Polonia, è il primo papa slavo e il primo Papa non italiano dai tempi di Adriano VI. Nel suo discorso di apertura del pontificato ha ribadito di voler portare avanti l'eredità del Concilio Vaticano II. Il 13 maggio 1981, in Piazza San Pietro, anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima, fu ferito gravemente con un colpo di pistola dal turco Alì Agca. Al centro del suo annuncio il Vangelo, senza sconti. Molto importanti sono le sue encicliche, tra le quali sono da ricordare la "Redemptor hominis", la "Dives in misericordia", la "Laborem exercens", la "Veritatis splendor" e l'"Evangelium vitae". Dialogo interreligioso ed ecumenico, difesa della pace, e della dignità dell'uomo sono impegni quotidiani del suo ministero apostolico e pastorale. Dai suoi numerosi viaggi nei cinque continenti emerge la sua passione per il Vangelo e per la libertà dei popoli. Ovunque messaggi, liturgie imponenti, gesti indimenticabili: dall'incontro di Assisi con i leader religiosi di tutto il mondo alla preghiere al Muro del pianto di Gerusalemme. Così Karol Wojtyla traghetta l'umanità nel terzo millennio. La sua beatificazione ha luogo a Roma il 1° maggio 2011 e proclamato santo da Papa Francesco il 27 aprile 2014.


Colletta
O Dio, ricco di misericordia, che hai chiamato san Giovanni Paolo II, papa, a guidare l’intera tua Chiesa, concedi a noi, forti del suo insegnamento, di aprire con fiducia i nostri cuori alla grazia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo. Per il nostro Signore…

PRIMA LETTURA dal Libro del Profeta Isaia (52,7-10) 
SALMO RESPONSORIALE (96 (95), 1-2a. 2b-3. 7-8a. 10.)
VANGELO secondo San Giovanni (21,15-17) 

Consacrazione del Mondo alla Divina Misericordia 
Dio, Padre misericordioso, che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio Tuo Gesù Cristo, e l’hai riversato su di noi nello Spirito Santo, Consolatore, Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo. ChinaTi su di noi peccatori, risana la nostra debolezza, sconfiggi ogni male, fa che tutti gli abitanti della terra sperimentino la Tua Misericordia, affinché in Te, Dio Uno e Trino, trovino sempre la fonte della speranza. Eterno Padre, per la dolorosa Passione e la Risurrezione del Tuo Figlio, abbi misericordia di noi e del mondo intero! Amen.
Giovanni Paolo II Cracovia 17 Agosto 2002
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La Liturgia di Mercoledi 21 Ottobre 2015

20/10/2015

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21.10.2015 - Mercoledì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
crea in noi un cuore generoso e fedele,  
perché possiamo sempre servirti con lealtà  
e purezza di spirito.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 6,12-18)
Offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti.

Fratelli, il peccato non regni più nel vostro corpo mortale, così da sottomettervi ai suoi desideri. Non offrite al peccato le vostre membra come strumenti di ingiustizia, ma offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non dominerà su di voi, perché non siete sotto la Legge, ma sotto la grazia.
Che dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la grazia? È assurdo! Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia? 
Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 123)
Rit: Il nostro aiuto è nel nome del Signore.

Se il Signore non fosse stato per noi
– lo dica Israele –,
se il Signore non fosse stato per noi,
quando eravamo assaliti,
allora ci avrebbero inghiottiti vivi,
quando divampò contro di noi la loro collera. 

Allora le acque ci avrebbero travolti,
un torrente ci avrebbe sommersi;
allora ci avrebbero sommersi
acque impetuose.
Sia benedetto il Signore,
che non ci ha consegnati in preda ai loro denti.

Siamo stati liberati come un passero
dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato
e noi siamo scampati.
Il nostro aiuto è nel nome del Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

VANGELO (Lc 12,39-48) 
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. 
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. 
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».

Commento
Noi siamo sempre avidi di gioia e di privilegi, ma il Signore ci mette in guardia affinché non sbagliamo strada. Certo, Gesù ci promette la gioia, e ci dà molta gioia anche in questa vita, dimostrandoci il suo amore; ma il suo è un amore vero e perciò esigente. Nel Vangelo la domanda di Pietro rivela la tentazione, possiamo dire normale, di ogni cuore umano che si sente privilegiato dal Signore e che, proprio per questo, ritiene che a lui sia lecito lasciarsi andare un po'. Infatti, dopo aver ascoltato questa parabola sulla necessità di essere pronti, sempre vigilanti, Pietro domanda al Signore: "Questa parabola la dici per noi o per tutti?". Noi siamo privilegiati, possiamo stare tranquilli è questo, in fondo il senso della sua domanda siamo i tuoi discepoli, ci hai detto che abbiamo autorità sugli altri, il nostro posto è migliore di quello di chiunque! E questo è vero, ma nel senso che il posto di Pietro e degli Apostoli è un posto che esige di più, perché la loro è un'autorità di servizio e non un privilegio da cui far derivare vantaggi personali, a soddisfazione del proprio egoismo.
Sempre l'egoismo tenta di infiltrarsi nei nostri pensieri e sempre è necessaria la lotta per respingerlo, sempre dobbiamo, come scrive san Paolo, liberarci dalla schiavitù del peccato per metterci al servizio di Dio, diventare "servi della giustizia". E un servizio libero, ma esigente, dell'esigenza del vero amore.
L'evangelista descrive la festa dell'egoismo. Il padrone tarda a venire e il capo dei servi comincia "a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi": è il festino sognato dall'egoista. La festa della carità è tutto il contrario e riempie il cuore di una pura gioia, perché ognuno non pensa a gioire ma a dare gioia agli altri, a darsi da fare in ogni modo per rendere più facile la gioia di tutti. Così chi è posto in autorità adempie la volontà del Signore.
"A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più". Sono parole che fanno capire il desiderio di Dio: egli ci dà molto per ricevere molto. Questo non vuol certamente dire che Dio cerca il proprio interesse, ma che vuole che portiamo frutto e che il nostro frutto rimanga.
Ringraziamo il Signore e siamogli riconoscenti per i suoi doni e chiediamogli che approfondisca in noi il senso del servizio, nella reciproca carità.
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La Liturgia di Martedi 20 Ottobre 2015

19/10/2015

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20.10.2015 - Martedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
crea in noi un cuore generoso e fedele,  
perché possiamo sempre servirti con lealtà  
e purezza di spirito.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 5,12.15.17-19.20-21)
Se per la caduta di uno solo la morte ha regnato, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 39)
Rit: Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.

Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia 
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra, 
Signore, tu lo sai.

Esultino e gioiscano in te
quelli che ti cercano;
dicano sempre: «Il Signore è grande!»
quelli che amano la tua salvezza.

VANGELO (Lc 12,35-38) 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Commento
La prima lettura di oggi afferma il principio della solidarietà di tutti gli uomini, duplice solidarietà: nel male e nel bene: "Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... La grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini".
E un principio che abbiamo difficoltà ad ammettere, soprattutto nell'aspetto negativo: "Per colpa di uno solo si è riversata su tutti la condanna...". Sembra duro e ingiusto e siamo continuamente tentati di sottrarci a questa solidarietà. Non vogliamo essere confusi con i peccatori: possiamo pregare per loro e lo facciamo, ma come separandoci dalla loro condizione. Eppure, se non accettiamo questa solidarietà nel peccato e nella condanna, non riceveremo "l'abbondanza della grazia". Cristo l'ha accettata e si è presentato al Padre carico dei peccati di tutta l'umanità, lui, "santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori" (Eb 7,26). È un mistero profondo, rivelazione di un amore che la mente umana non può neppure concepire.
La devozione al cuore di Gesù, introducendoci nel mistero della sua offerta solidale con i peccati del mondo affinché dove è abbondato il peccato, sovrabbondasse la grazia "con la giustizia per la vita eterna", ci incoraggia a vivere con lui questa solidarietà e ad offrire con amore le piccole o grandi sofferenze della nostra vita affinché si riversi su tutti gli uomini "la giustificazione che dà vita".
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La Liturgia di Lunedi 19 Ottobre 2015

18/10/2015

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19.10.2015 - Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

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Dio onnipotente ed eterno,  
crea in noi un cuore generoso e fedele,  
perché possiamo sempre servirti con lealtà  
e purezza di spirito.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 4,20-25)
È stato scritto anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo.

Fratelli, di fronte alla promessa di Dio, Abramo non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.
E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

SALMO RESPONSORIALE (Lc 1)
Rit: Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato il suo popolo.

Ha suscitato per noi un Salvatore potente
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva detto
per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo. 

Salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza. 

Del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.

VANGELO (Lc 12,13-21) 
Quello che hai preparato, di chi sarà? 

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». 
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Commento
Nella lettera ai Romani Paolo ritorna alla figura di Abramo che "non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio". Quale contrasto con l'uomo ricco di cui parla oggi il Vangelo! Questi cerca il fondamento della vita nei beni terreni: "Dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni: riposati, mangia, bevi e datti alla gioia". Abramo fonda la sua vita in una realtà che sembra inconsistente: una parola, e neppure detta da un uomo, che si vede, si può conoscere e valutare per decidere poi di fidarsi di lui, ma una parola sentita da Dio. Eppure proprio nel rapporto con Dio ha raggiunto la massima sicurezza. Anche Abramo era ricco, aveva la sicurezza materiale e poteva pensare di trascorrere tranquillo il resto della sua vita nel suo paese di Carran. Ma egli sapeva che la vera sicurezza si trova nel fare quello che Dio vuole.
Chi dei due ha avuto ragione? La parabola narrata da Gesù lo dice chiaramente: "Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita". E Gesù conclude: "Così è di chi accumula tesori per sé e non arricchisce davanti a Dio". Vano è appoggiarsi ai beni terreni: il vero tesoro è il rapporto con Dio, nell'ascolto fiducioso e obbediente della sua parola.
Cerchiamo dunque in Dio il solido fondamento della nostra esistenza, che non viene mai meno e che ci permette di pensare alla morte con tanta pace, nella certezza che attraverso di essa giungeremo al possesso dell'unico, sommo bene.
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La Liturgia di Domenica 18 Ottobre 2015

17/10/2015

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XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - RITO ROMANO
CHI VUOLE DIVENTARE GRANDE TRA VOI SARA' VOSTRO SERVO
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Anche questa domenica il Vangelo ci parla di umiltà e di croce. Si avvicinarono a Gesù i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, e gli chiesero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37). Gli Apostoli non avevano ancora compreso l'insegnamento di Gesù, essi ricercavano ancora la gloria umana, mentre il Maestro voleva far capire a loro che si entra nella gloria del Regno solo attraverso la sofferenza della croce e l'umiltà del cuore. Per far comprendere questa esigenza, Gesù domanda loro: «Potete bere il calice che io bevo?» (Mc 10,38). Gesù intende il calice amaro della Passione e Morte in Croce. Giacomo e Giovanni non comprendono ancora bene, e rispondono: «Lo possiamo» (Mc 10,39). Gesù predice loro che anch'essi avrebbero bevuto questo calice amaro – infatti tutti gli Apostoli dopo la Pentecoste ebbero a soffrire per il Nome di Gesù, e quasi tutti morirono martiri –, ma afferma che spetta solo al Padre stabilire a chi spettano i posti d'onore accanto a Lui nella gloria.

Dall'altra parte vediamo gli altri dieci Apostoli. Anch'essi non avevano ancora compreso la grande lezione di umiltà e carità del Salvatore, e «cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni» (Mc 10,41) a causa della loro grande pretesa. Ecco allora che Gesù impartisce a tutti e Dodici un grande insegnamento, facendo loro comprendere chi è veramente grande agli occhi di Dio: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo, infatti, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,43-45).

In poche parole, Gesù ci insegna a ricercare sempre l'ultimo posto. La ricerca dell'ultimo posto ha sempre contraddistinto la condotta dei Santi, i quali volevano fedelmente seguire le orme di Gesù e vivere in umiltà. La vera umiltà si riconosce da alcuni segni. Come quando c'è molto caldo e il sole picchia, istintivamente si cerca l'ombra; così l'anima umile cerca di rimanere sempre nascosta. Essa, quando è posta in alto, si sente a disagio.

Il secondo segno è quello di accettare serenamente le umiliazioni che ci vengono dagli altri. Essa soffre interiormente per l'umiliazione subita; ma, nel profondo del suo cuore, rimane in una pace inalterata. Un conto è umiliarsi davanti agli altri, con la segreta speranza che nessuno ci creda, un altro conto è subire una ingiusta umiliazione e rimanere tranquilli. San Francesco d'Assisi si dimostrava riconoscente nei confronti di tutti quelli che, in qualche modo, lo riprendevano e lo umiliavano.

Un altro segno è quello di parlare sempre bene di tutti. Si capisce: se l'umile si considera l'ultimo di tutti, di conseguenza pensa bene di tutti. Non potrebbe essere diversamente. San Francesco era convinto che se Dio avesse dato le grazie a lui concesse a qualsiasi delinquente di questo mondo, questi sarebbe certamente meglio di lui. Forse questo è il segno più certo che denota una grande carità d'animo.

Poi vi sono altri segni. Uno consiste nel non potersi inorgoglire delle lodi ricevute. L'anima umile sa benissimo che è Dio l'artefice di tutto il bene che riesce a compiere, per cui indirizza subito la lode ricevuta al suo Signore. Così fece la Madonna, la quale, lodata da Elisabetta, esclamò: «L'anima mia magnifica il Signore». L'ultimo segno che consideriamo consiste nel non accorgersi nemmeno del bene che si fa. Questo segno lo vediamo in tutto il suo splendore nella vita di san Francesco, il quale, prima di morire, disse così ai frati radunati attorno a lui: «Fratelli, iniziamo a far del bene, perché finora non abbiamo fatto nulla».

La ricerca dell'ultimo posto ha contraddistinto la vita di sant'Antonio da Padova. Egli, prima di entrare nell'Ordine francescano, era già un profondo teologo e un grande predicatore; ma, una volta entrato tra i frati, volle nascondere queste sue doti per poter vivere nell'ombra. Nel convento dove fu destinato svolse i lavori più umili, stimando una grande grazia quel genere di vita così nascosta agli occhi degli uomini. Ma Dio dispose diversamente. Un giorno, essendoci delle Ordinazioni sacerdotali, e venuto meno il predicatore per un imprevisto, serviva qualcuno che annunziasse la Parola di Dio all'assemblea radunata. Tutti gli altri sacerdoti si tirarono indietro perché non erano preparati e temevano di fare una brutta figura. Allora i Superiori ordinarono all'obbediente sant'Antonio di predicare. Fu una predica meravigliosa e, da quel giorno, i Superiori lo destinarono alla predicazione popolare, per la gloria di Dio e il bene delle anime.

Chi si umilia sarà innalzato!

LETTURE DELLA DOMENICA
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​Colletta
Dio Onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...  

Oppure:  
Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell’unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te...

PRIMA LETTURA (Is 53,10-11)
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza.

Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.
SALMO RESPONSORIALE (Sal 22)
Rit. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

SECONDA LETTURA (Eb 4,14-16)
Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia.

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. 
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

VANGELO (Mc 10,35-45)
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Forma breve 
(Mc 10, 42-45)
Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e disse loro: 
«Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 
Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

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La Liturgia di Sabato 17 Ottobre 2015

16/10/2015

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17.10.2015 - Sant'Ignazio di Antiochia
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Rosso

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,  
che nel sacrificio dei martiri  
edifichi la tua Chiesa, mistico corpo del Cristo,  
fa’ che la gloriosa passione  
che meritò a sant’Ignazio una corona immortale,  
ci renda sempre forti nella fede.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 4,13.16-18)
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza.

Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. 
Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 104)
Rit: Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza.

Voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.
È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi. 

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Così si è ricordato della sua parola santa,
data ad Abramo suo servo.
Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.

VANGELO (Lc 12,8-12) 
Lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».

Commento
Nelle tre virtù teologali la speranza si trova tra la fede e la carità: si appoggia alla fede e dà slancio alla carità. Avere molta speranza è come orientarsi verso la cima di una montagna: chi vuoi raggiungerla desidera superare tutti gli ostacoli per poter contemplare il meraviglioso panorama che si gode dall'alto.  
Sant'Ignazio d'Antiochia era colmo di un'immensa speranza; non assomigliava a quelli che san Paolo descrive nella lettera ai Filippesi, privi di speranza perché sono "tutti intenti alle cose della terra". Nella lettera agli Efesini san Paolo attribuisce alla mancanza di speranza tutta l'immoralità del mondo pagano: non avendo speranza, si sono abbandonati ai loro desideri impuri, che li trascinano in basso. I cristiani invece sono uomini e donne ricchi di una grande speranza, sanno di essere cittadini del cielo "e di là aspettano come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso".  
Anche il Signore, nel Vangelo di oggi, ci anima a una grande speranza: la speranza di conservare la nostra vita per la vita eterna, di essere con lui dove egli e, cioè nella gloria del Padre, di essere onorati dal Padre: "Se uno mi serve, il Padre lo onorerà". "Chi ha questa speranza dice san Giovanni si conserva puro". E la speranza a dare la forza di resistere alle tentazioni, a dare il coraggio di resistere nelle difficoltà. Nella Colletta della messa di oggi chiediamo a Dio che la passione di sant'Ignazio di Antiochia sia per noi fonte di fortezza nella fede. Perché possiamo pregare cosi? Perché essa è una manifestazione di grande speranza. Sant'Ignazio ha avuto il coraggio di perdere la vita per guadagnarla. Scrivendo ai Romani egli dice:  
"C'è in me un'acqua viva che mi sussurra: Vieni al Padre!". E l'espressione della sua speranza: la parola di Cristo è diventata in lui come una sorgente che vuol zampillare fino al Padre. Egli ardeva dal desiderio di guadagnare Cristo e per questo vedeva la necessità di essere simile a lui nella passione, di essere macinato dai denti delle belve per diventare frumento di Cristo. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto", leggiamo nel Vangelo. Nella sua grande speranza egli corre incontro al martirio, con un coraggio intrepido; scrive ai Romani di non intervenire per allontanare da lui quelle sofferenze che sono la ragione della sua speranza, perché grazie ad esse potrà ricevere la più grande grazia di Dio, la vittoria del martirio e infine la gloria di essere accanto a Cristo.  
Ed ora Ignazio splende ai nostri occhi come un santo ardente di fervore e di amore, che ci fa vergognare dei nostri atteggiamenti di fronte alle piccole difficoltà della nostra vita. Il Signore vuol darci molto; per questo ci manda qualche sofferenza, che dovrebbe non diminuire ma far crescere la nostra speranza. Come san Paolo scrive ripetutamente, dovremmo poter dire: "Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza". Ed è una speranza che non delude.
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a sera
MESSA PREFESTIVA della
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ANNO B - RITO ROMANO
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La Liturgia di Venerdi 16 Ottobre 2015

15/10/2015

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16.10.2015 - Venerdì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,  
Signore,  
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,  
non ci stanchiamo mai di operare il bene.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 4,1-8)
Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia.

Fratelli, che diremo di Abramo, nostro progenitore secondo la carne? Che cosa ha ottenuto? Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. 
Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia. 
A chi lavora, il salario non viene calcolato come dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede in Colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene accreditata come giustizia. 
Così anche Davide proclama beato l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle opere:
«Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate
e i peccati sono stati ricoperti;
beato l’uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!».

SALMO RESPONSORIALE (Sal 31)
Rit: Tu sei il mio rifugio, Signore.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore
ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore,
gridate di gioia!

VANGELO (Lc 12,1-7) 
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. 

In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli: 
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui. 
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

Commento
Nella tradizione ebraica Abramo era giustamente considerato campione dell'obbedienza nella fede, l'uomo giusto per eccellenza, poiché non aveva esitato ad offrire a Dio il sacrificio dell'unico figlio. Paolo non ha dubbi: Abramo fu giustificato prima di offrire Isacco in sacrificio, perché fu giustificato dalla sua fede nella promessa di Dio, sperò infatti "contro ogni speranza". Solo la fede giustifica, rende cioè santi davanti a Dio, sorgente di ogni santità e giustizia.
Scrive san Paolo: "Che cosa dice la Scrittura? "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia"".
Paolo continua la sua argomentazione. La gratuità della giustizia che Dio dona a chi ha fede in lui è ancora più evidente quando si tratta di un peccatore. Eppure la Bibbia dice: "Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate".
Si tratta quindi, per essere salvati, di aderire con un atto di fede a Dio, al suo dono gratuito, alla divina giustizia che purifica e ci rende peccatori perdonati. E un atteggiamento fondamentale nella vita spirituale: dobbiamo essere concretamente convinti che non le nostre opere valgono, ma la sua santità, accolta in noi con la fede. Il rapporto con Dio sta proprio in questa continua accoglienza del suo dono di "giustizia", che egli ci elargisce per la nostra fede.
Di conseguenza verranno anche le opere, ma saranno allora "opere della fede", opere che per la sua grazia noi possiamo compiere, perché egli le ha preparate per noi.
Rendiamo grazie all'amore del Signore, che ci domanda soltanto di lasciarci salvare, di lasciare che egli abbia cura di noi e chiediamogli che aumenti la nostra fede.
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La Liturgia di Giovedi 15 Ottobre 2015

14/10/2015

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15.10.2015S- Santa Teresa d'Avila
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Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Colletta
O Padre, che per mezzo del tuo Spirito  
hai suscitato nella Chiesa santa Teresa di Gesù  
per indicare una via nuova  
nella ricerca della perfezione,  
concedi a noi, tuoi fedeli,  
di nutrirci spiritualmente della sua dottrina  
e di essere infiammati da un vivo desiderio di santità.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 3,21-30)
L’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge.

Fratelli, ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. 
È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente, così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù.
Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge. 
Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! Poiché unico è Dio.

SALMO RESPONSORIALE
 (Sal 129)
Rit: Con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

VANGELO
 (Lc 11,47-54) 
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa. 

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. 
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. 
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

Commento

Santa Teresa è stata riconosciuta dottore della Chiesa perché nei suoi scritti ha saputo esprimere i segreti della vita spirituale e spiegarli agli altri, parlando veramente dall'abbondanza del cuore. E un piacere leggere i suoi scritti, per la spontaneità dello stile che li fa assomigliare non a dei trattati di teologia, ma ad una viva conversazione con una donna colma di Dio e che appunto racconta come ha incontrato Dio su tutte le sue strade, come ha lavorato con Dio per fondare ovunque carmeli che fossero centri di intensa vita spirituale.  
Il passo della lettera ai Romani evoca la fecondità interiore della santa e capiamo che tutta la sua dottrina veniva proprio da un cuore formato dallo Spirito Santo. Ella stessa parla della forza delle sue aspirazioni spirituali, della loro profondità; si tratta veramente di gemiti, come dice san Paolo: "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, intercede per noi con gemiti inesprimibili". "Salvàti nella speranza", noi gemiamo verso Dio.  
Questa vita "spirituale" nel senso più forte del termine, unisce santa Teresa alle tre Persone divine, e lo si comprende meglio leggendo i versetti successivi a quelli riportati, che già parlano dello Spirito di Dio che prega in noi con gemiti inesprimibili. La nostra preghiera è in noi stessi l'attività di Dio, del suo Spirito, se è preghiera autentica, se è preghiera cristiana. Non sono parole di sapienza umana, non sono un'invenzione umana: è l'attività dello Spirito in noi, che cerca di penetrare il nostro essere, di trasformarlo per slanciarci in Dio, per approfondire in noi il desiderio di Dio, per dare uno slancio fortissimo verso il Pa  
dre. Questo grido dello Spirito in noi è espresso nel salmo di ingresso: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente", anela a Dio, perché già abbiamo gustato la vita di Dio, perché siamo abitati da Dio. "E Dio che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito": c'è una corrispondenza tra ciò che Dio vuole per noi e ciò che in noi lo Spirito realizza secondo la volontà di Dio.  
Ora tutto questo continua la lettera di Paolo – è affinché diventiamo simili al Figlio, perché "quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo".  
Lo Spirito ci è dato per mezzo del Figlio. È per la parola del Figlio che possiamo ricevere in noi lo Spirito; è per il sacrificio del Figlio che otteniamo in noi la vita di Dio, che è vita dello Spirito: l'acqua viva, simbolo dello Spirito Santo, è ormai unita al sangue uscito dal fianco di Cristo; è dunque attraverso Cristo che riceviamo lo Spirito che ci slancia verso il Padre, trasformandoci a immagine del Figlio.  
E il nostro cuore diventa un cuore buono perché in esso vive la Trinità. Dice un passo del Vangelo che l'uomo buono estrae cose buone dal suo cuore. Noi non possiamo pretendere che il nostro cuore sia buono: è lo Spirito che venendo vi porta la vita di Dio e lo trasforma, in modo che possiamo estrarre dal suo tesoro cose buone per coloro che avviciniamo. E ciò che ha fatto Teresa d'Avila. Ha spalancato il suo cuore a tutta la forza della vita divina che veniva a lei da Cristo e dallo Spirito e che la lanciava verso Dio e da questo cuore colmo di Dio ha estratto tesori di vita spirituale per tutti quelli che le erano affidati e per le generazioni successive.  
Domandiamo al Signore la stessa fiducia di santa Teresa e di aprire il nostro cuore all'azione dello Spirito Santo che ci viene da Gesù e ci conduce al Padre.
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La Liturgia di Mercoledi 14 Ottobre 2015

13/10/2015

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14.10.2015 - Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,  
Signore,  
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,  
non ci stanchiamo mai di operare il bene.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 2,1-11)
Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere, al Giudeo prima come al Greco.

Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro quelli che commettono tali cose è secondo verità. 
Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio? O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? 
Tu, però, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che, perseverando nelle opere di bene, cercano gloria, onore, incorruttibilità; ira e sdegno contro coloro che, per ribellione, disobbediscono alla verità e obbediscono all’ingiustizia. 
Tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il male, sul Giudeo, prima, come sul Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo, prima, come per il Greco: Dio infatti non fa preferenza di persone.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 61)
Rit: Secondo le sue opere, Signore, tu ripaghi ogni uomo.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia salvezza.
Lui solo è mia roccia e mia salvezza,
mia difesa: mai potrò vacillare.

Solo in Dio riposa l’anima mia:
da lui la mia speranza.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.

Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;
davanti a lui aprite il vostro cuore:
nostro rifugio è Dio.

VANGELO (Lc 11,42-46) 
Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge. 

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».

Commento
Nella prima parte della sua lettera ai Romani san Paolo dimostra che tutti hanno bisogno della misericordia di Dio: da soli non possiamo essere giusti e piacere a Dio. E nel secondo capitolo l'Apostolo si rivolge a quelli che farisaicamente si credono giusti, gente che non ha bisogno della misericordia di Dio, perché sono veramente come devono essere. San Paolo dice che pensano così di sé per una illusione molto comune, perché giudicano gli altri: "Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi, perché mentre giudichi gli altri condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose".
E veramente un'illusione comune credersi giusti perché si giudicano gli altri. Nelle cose esterne, materiali succede che se vediamo qualcuno che sbaglia noi abbiamo l'impressione che al suo posto faremmo meglio, anche in cose in cui magari non siamo competenti. E non pensiamo che un conto è giudicare, criticare e un conto è fare e che molto probabilmente noi che critichiamo faremmo molto peggio di chi è oggetto del nostro giudizio. Così capita in campo morale, spirituale. Vedendo compiere un'azione non giusta, pensiamo, anche senza dirlo esplicitamente, che noi, nella stessa situazione, faremmo la cosa giusta. E questo non è vero perché, al posto della persona che noi giudichiamo, noi, coi nostri difetti, eviteremmo forse l'errore che lei ha commesso, ma ne faremmo degli altri.
San Paolo mette di fronte a questa situazione colui che giudica, dicendogli: "Tu che giudichi, fai le stesse cose". Infatti chi giudica, anche se può evitare molte delle cose che critica, per il fatto stesso che giudica manca gravemente alla vera giustizia e, come dice Gesù, trascura le cose più importanti, che sono la giustizia e l'amore. Giudicando ci si separa dagli altri, ci si mette in una situazione di egoismo e di orgoglio. Anche se uno facesse tutto bene, gli manca la cosa fondamentale e non può piacere a Dio. Fare il bene consiste nel mettersi con gli altri, non nel separarsi da loro: chi pretende di essere buono e si separa dagli altri, per questo stesso fatto non lo è, anzi è più profondamente cattivo di chi pecca, ma si pone in umiltà e semplicità a Dio.
Dunque san Paolo ha perfettamente ragione di dire: "Sei inescusabile, tu che giudichi gli altri, perché mentre li giudichi condanni te stesso". Dobbiamo essere tutti insieme davanti alla misericordia di Dio: è la sola strada della salvezza. Paolo lo ripeterà più avanti: è necessario accettare la grazia di Dio, che è offerta a tutti. Giudei e Greci, cristiani e pagani, peccatori e giusti devono insieme accettare la grazia di Dio. Ricordiamoci che questa è un'attitudine fondamentale per essere salvati. Siamo tutti peccatori perdonati e nessuno può separarsi dagli altri giudicandoli severamente, se vuol piacere a Dio.
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La Liturgia di Martedi 13 Ottobre 2015

12/10/2015

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13.10.2015 - Martedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario - Anno I
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Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Colletta
Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia,  
Signore,  
perché, sorretti dal tuo paterno aiuto,  
non ci stanchiamo mai di operare il bene.  
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Rm 1,16-25)
Gli uomini, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio.

Fratelli, io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: «Il giusto per fede vivrà».
Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. 
Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)
Rit: I cieli narrano la gloria di Dio.

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia. 

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.

VANGELO (Lc 11,37-41) 
Date in elemosina, ed ecco, per voi tutto sarà puro. 

In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. 
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

Commento
San Paolo in questo inizio della lettera ai Romani ci mostra la disposizione di colui che è mandato, che ha una missione: "Io non mi vergogno del Vangelo". È la sua prima parola, per annunciare ciò che andrà esponendo in tutta la lettera. "Non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco". Paolo è fiero del Vangelo: è la prima condizione perché egli possa compiere la sua missione. Se se ne vergognasse non potrebbe proclamarlo, forse lo custodirebbe nel cuore, ma non andrebbe verso gli altri per chiamarli a credere. Ragioni per vergognarsi ci sarebbero, e in un'altra lettera Paolo stesso dice che il linguaggio della croce è follia per i Greci e scandalo per i Giudei; è dunque un messaggio non gradito all'uomo, che lo disprezza e se ne burla. E follia dire che Cristo è stato vincitore lasciandosi crocifiggere, ed è uno scandalo, per il Giudeo che attendeva miracoli, l'assenza del miracolo al momento della morte di Gesù. Ma Paolo sa che il Vangelo è potenza di Dio, che Cristo ha vinto e che la sua vittoria è trasmessa dalla parola.
È abbastanza stupefacente leggere che il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. Come può una parola essere una potenza? In altri passi Paolo contrappone parola e potenza, ed è ciò che anche noi facciamo quando diciamo: "Sono solo parole, lasciano il tempo che trovano". Ma il Vangelo è una parola speciale, che ha in sé tutta la potenza di Dio. Lo crediamo davvero? Troppo volte noi lo riceviamo come una parola che ci viene detta affinché mettiamo al suo servizio le nostre forze. Ti viene detto: "Farai questo! " e non è che queste parole te ne diano la forza, anzi ti domandano di usare le tue forze per agire come ti è stato detto.
Paolo dice che il Vangelo non è una parola così, che esige e basta. La parola del Vangelo è potente, deve essere accolta come una forza e non come un comando, perché il Vangelo trasmette la fede e tutta la nostra vita è costruita sulla fede; la forza la attingiamo dalla fede e non dalla fiducia in noi stessi. Per la fede ci apriamo alla potenza di Dio e fondiamo la nostra vita sulla grazia, sul dono gratuito che egli ci fa. Poi vengono le nostre opere, animate dalla grazia che ci è stata data, e non viceversa; prima le nostre opere e poi la grazia divina.
Paolo, nel passo che leggiamo oggi, annuncia la salvezza della fede: "E in esso (nel Vangelo) che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: "Il giusto vivrà mediante la fede"".
Il seguito della lettura si accorda con questo annuncio per antitesi. San Paolo ha detto: "La giustizia di Dio (giustizia che salva) si rivela nel Vangelo per chiunque crede", e continua: "L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà". Qui l'Apostolo annuncia la tesi che svilupperà subito dopo per dimostrare la necessità del Vangelo, potenza di Dio.
L'umanità è in una situazione di angoscia, di miseria e di schiavitù: si è incatenata al peccato ed è meritevole dell'ira di Dio, quindi non ha via di uscita.
Proprio per questo Dio ha stabilito un altro mezzo di salvezza: non le opere dell'uomo, tutte corrotte dal peccato, ma la fede in Cristo. Ecco allora la missione di Paolo: predicare la fede e perciò la salvezza per dono gratuito di Dio, per grazia.
Anche nel Vangelo di oggi, che a prima vista sembra non aver punti di corrispondenza con il grande affresco della lettera ai Romani, Gesù dà lo stesso annuncio: è necessario cambiare mentalità, convertirsi. Egli invita i farisei a passare da una religione di purità esteriore a una religione interiore di misericordia, di umiltà, di comunione. il fariseo che ha invitato Gesù a casa sua si mette subito a giudicarlo, perché non si è lavato le mani prima del pasto. Per i farisei queste abluzioni erano importanti, perché considerate non come un gesto di igiene, ma come una garanzia di purità davanti a Dio. L'ospite di Gesù si stupisce, ma il Signore respinge questo concetto di religione e di purità e dichiara che non queste cose sono necessarie, ma la purezza interiore: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità". Pulire l'esterno è facile, ma purificare il cuore non è possibile all’uomo. Bisogna accogliere la grazia di Dio, cioè rinunciare alla pretesa di salvarsi con le opere e mettersi con umiltà davanti a lui, e contemporaneamente nella misericordia e nella benevolenza verso gli altri, perché Dio non dà la sua grazia se non a chi è disposto a far grazia agli altri.
Gesù continua con una frase che non ci aspetteremmo in questo contesto: "Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo". Quando il cuore dell'uomo (l'"interno") è rinnovato dalla conversione, diventa buono, generoso, passa da una religione di separazione a una religione di partecipazione, di dono, di comunione.
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