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I PECCATI CONTRO LA PUREZZA E DI INTEMPERANZA INFLUISCONO NEGATIVAMENTE SULL'INTELLIGENZA

5/9/2017

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I peccati contro la purezza e di intemperanza sono quelli che causano il disorientamento intellettuale. Perché? Perché l’antropologia (concezione dell’uomo) cristiana afferma che l’uomo è stato voluto da Dio come sintesi di spirito e di corpo. L’anima individuale è sostanzialmente legata al corpo, ma non ad un corpo qualsiasi, bensì a quel preciso corpo per cui è stata creata. Tale unione sostanziale fa sì che ci sia un’interazione tra l’anima e il corpo, nel senso che l’anima incide sul corpo e il corpo incide sull’anima. Prima abbiamo detto: …Se non si vive come si pensa, si finirà col pensare come si vive. Ed è così: il disordine corporeo si traduce sempre in disordine mentale. Quando s’introduce volutamente il dominio dell’istinto nel proprio comportamento avviene una sorta di bestializzazione, che diviene anche accecamento dell’intelligenza: appunto come le bestie! Ecco perché i santi, anche se non hanno cultura, riescono ad esprimere una sapienza che è superiore ad ogni altro. Ed ecco perché, si può aver letto anche biblioteche intere, ma se si vive nel peccato si diranno sempre cose insensate.

L’uomo bestializzato perde il pensiero; certo, non il pensiero in quanto tale, ma la capacità di cogliere il vero senso della vita. L’intelletto se funziona bene coglie la verità. La buona volontà fa sì che questa verità venga amata. Invece con la bestializzazione si corrompono l’intelletto e la volontà, per cui si arriva non solo a non poter conoscere la verità, ma perfino a non amarla, anzi ad odiarla. O meglio: si sceglie la menzogna e ci si lascia affascinare da essa.
Dio ha creato nell’uomo una gerarchia: gli istinti alla base, la ragione ad orientare gli istinti e la volontà a fare in modo che gli istinti possano conformarsi agli orientamenti della ragione. Però, quando la volontà fallisce, gli istinti lievitano a dismisura arrivando a soffocare la ragione (è ciò che si chiama “accecamento dell’intelligenza”) e il peccato diviene possibile.

Ecco perché il Cristianesimo fa una differenza tra sapienza ed intellettualismo. La prima è il raggiungimento della verità, il secondo è solo una ricca conoscenza che prescinde dall’adesione al Vero. Quante persone, anche analfabete, raggiungono una grande sapienza; e quanti intellettuali, pur avendo letto biblioteche intere, si allontanano dalla Verità distruggendo altri e se stessi? Ciò perché tutto dipende dall’esercizio della virtù…in particolar modo dall’esercizio della temperanza.
Giovanni Duns Scoto dice -e con lui tutta la scuola francescana- che l’intelletto è inevitabilmente influenzato dalla volontà.
Si possono avere tutti i talenti intellettivi di questo mondo, ma per conoscere bene, cioè per conoscere ciò che davvero conta nella vita, occorre la Luce (che è la Grazia!) e la Grazia è data dall’esercizio della virtù.
Ed ecco perché la Madonna disse a Giacinta di Fatima che i peccati che fanno andare più all’inferno sono quelli della carne… perché sono i più facili a farsi e da questi scaturiscono anche gli altri peccati.
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DON BEPO HA CREATO IL PATRONATO PERCHE’ VOLEVA PORTARE TUTTI IN PARADISO

2/9/2017

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DON BEPO HA CREATO IL PATRONATO
PERCHE’ VOLEVA PORTARE TUTTI IN PARADISO
“Mi metterò alla porta del paradiso per ricevervi uno per uno e avere la gioia di vedervi entrare tutti”

La frase di don Bepo è scritta all’entrata della sua tomba nella casa centrale di Bergamo ed è nota e cara a tutti gli ex-allievi che come figli hanno amato e sono stati amati dal fondatore del Patronato. Queste parole indicano qualcosa che per don Bepo era fondamentale, ma che risulta incomprensibile o addirittura stravagante per la gente del nostro tempo. Se provassimo infatti a chiederci (parlo di noi preti, educatori, volontari, benefattori, ospiti, giovani, studenti… insomma di tutta l’attuale variegata famiglia di don Bepo) quali siano le finalità del Patronato S. Vincenzo, probabilmente risponderemmo indicando: la finalità educativa cioè la formazione delle giovani generazioni; la finalità caritativa cioè dare un tetto, un posto a mensa, un lavoro…a chi non l’ha o l’ha perduto; la finalità affettiva cioè far sentire amato, accolto, compreso chi è stato condannato alla solitudine e all’abbandono; la finalità della giustizia e dei diritti umani...e tante altre. Ma forse non ci passerebbe neanche per la mente che per un cristiano la finalità ultima, la sola in grado di racchiudere, dare senso e completare tutte le altre è “portare tutti e ognuno in Paradiso” come diceva don Bepo ai suoi ragazzi e com’è scritto nella sua tomba.

Qualche domenica fa, quando nella S. Messa ho detto che il Patronato è sorto e continua a esistere proprio per portare tutti in cielo, molti dissero di essere sobbalzati per la sorpresa. Questo stupore è il chiaro segno di come nel nostro tempo la pratica della fede cristiana e della stessa carità rischi di perdere l’orizzonte… di come anche noi credenti – per dirla con un grande martire e testimone del nostro tempo, D. Bonhoeffer - siamo così impegnati nella realizzazione delle realtà penultime, da dimenticare le ultime. E realtà ultima è la volontà di Dio “che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tim 2,4); è la redenzione del mondo, la salvezza di ogni uomo e di tutti gli uomini; è la vita eterna, la comunione dei santi, il godimento di Dio.

Realtà superate, antiche, non attuali? Tutt’altro: si tratta di una prospettiva irrinunciabile a chi vuole operare nel campo della carità, prospettiva senza la quale persino l’azione caritativa più impegnata e generosa rischia di diventare asfittica, di corto respiro e di esaurirsi nel tentativo di rincorrere gli infiniti problemi che affliggono la vita di poveri e diseredati, offrendo soluzioni parziali e insoddisfacenti e non fornendo quello che in fondo desiderano –pur senza saperlo- tutti i disperati e cioè uno scopo per il quale vivere e morire. Anche perché nel confronto con l’Islam c’è un ambito nel quale la fede cristiana può davvero fare la differenza: quell’aldilà, quel paradiso che ai nostri non interessa più, interessa (e molto!) a quei giovani fondamentalisti violenti e intolleranti che hanno fatto di esso la loro ragione per vivere, ma soprattutto per morire e far morire.

E’ arrivata l’ora che i cristiani si riapproprino e ne facciano il loro scopo di vita, per scacciare quel mostro sanguinario che ne ha preso possesso e per restituirlo a Colui al quale appartiene di diritto: il Signore della pace e della gioia. E perché ritorni a essere la casa definitiva di quei poveri di spirito ai quali Gesù nel vangelo l’ha data in eredità.

di don Davide Rota
Superiore del Patronato San Vincenzo - Bergamo

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DON DAVIDE ROTA

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1 - LE OMELIE AUDIO DELLA DOMENICA
2 - COMMENTO ALLE LETTURE DOMENICALI
di don Davide Rota - OPSV
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1 - https://www.spreaker.com/show/omelie
2 - http://www.nazarnet.net/rimeritiamoci-sopra.html
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