Ciò che sta capitando, contraddice ciò che è normale e logico: il comune senso di giustizia, il buon senso, le credenze religiose, le speranze umane, tutto è andato in crisi, meno lei, “la morte che –come dice Jorge L. Borges- è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare”. Ma chissà che questa tragedia ci aiuti a recuperare una sapienza antica: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore” (Sl 89). Il salmista ricorda che saper di morire è segno di sapienza; far finta di niente o negarlo lo è di stoltezza. L’esperienza di chi è finito in ospedale per il contagio, è stata di sentire la morte vicina: ebbene ci si è accorti che il sentimento non era la paura, ma il rimorso di non aver vissuto in pienezza e di lasciare le cose a metà…proprio come dice il Dalai Lama.
In questi momenti ci si accorge di quanto sia superficiale chi si augura di morire nel sonno, senza accorgersi o in fretta, senza soffrire. La chiesa ha sempre fatto pregare i fedeli esattamente per il contrario (“a subitanea et improvisa morte, lìberanos Domine”) perché non capitasse di congedarsi dalla vita terrena senza l’opportuna consapevolezza e la dovuta preparazione. Non solo: ha sviluppato una vera e propria “ars moriendi” che prevedeva per il moribondo vicinanza e accompagnamento. Il nostro tempo invece spesso condanna il moribondo a fare il passo decisivo in completa solitudine e a non ricevere -come è capitato in questi tragici giorni- neppure l’onore, il ricordo e la preghiera dei propri cari. “Estote parati” dice Gesù nel Vangelo: «Come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo…(Perciò) tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Nella prospettiva cristiana la morte non è la fine, ma l’incontro con il Signore Risorto che introduce nella pienezza della vita: ecco perché bisogna stare pronti. Chi ha visto la morte sfiorarlo, capisce che ogni giorno di vita va vissuto con gioia, riconoscenza e stupore come se fosse il primo. Ma anche con piena coscienza e responsabilità e con l’impegno a lasciare tutto in ordine, come se fosse l’ultimo.
di Don Davide Rota