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La fede se non diventa obbedienza, non è fede ma solo una grande illusione di fede!

28/12/2014

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“Fratelli, Abramo, chiamato da Dio, obbedi^
La fede se non diventa obbedienza, non è fede ma solo una grande illusione di fede!


Vorrei farvi notare … tutto quello che è avvenuto negli ultimi anni … faccio un breve elenco: dal divorzio all’aborto, all’eutanasia, ai matrimoni di vario tipo, i pacs, i matrimoni gay, le unioni civili ... tutta questa cosa qua che ha smontato un po’ tutto, non è avvenuta per cattiveria, le motivazioni per cui è stato fatto tutto questo sono, apparentemente, motivazioni nobili. 

Per esempio: perché non dare a uno che ha fallito un matrimonio la possibilità di ricostruirsi una vita propria? Più bello di così! Perché non dare ad un prete che non ce la fa più a fare il prete la possibilità di sposarsi e di costruire la propria vita? Più bello di così! … che poi … non è da dire che uno non possa fare queste cose, le può fare … il problema è che tu vuoi il riconoscimento che le cose che fai sono giuste e perché questo possa essere fatto bisogna che la legge dica che va bene … non so se è chiaro. 

Per esempio: due uomini che vogliono vivere assieme … possono farlo, nessuno glielo impedisce; che problemi ci sono, vivete assieme! No, non è neanche illegale la cosa. No, io devo per forza riconoscere che questa cosa che faccio è buono. Come faccio a dire che è buono? Mettendogli il timbro della legge. Quando uno fa questo … ma è giusto, perché non dare la felicità anche a queste persone? Il problema è lì, le motivazioni da cui partono i disastri non sono mai cattive, non è che uno dica “io voglio premiare i pervertiti” … macché! Si dice: “Vogliamo dare felicità alle persone” … per cui chi dice di no passa come quello che è nemico della felicità degli altri!

Mi ha colpito molto questa cosa perché l’Imperatore Romano Diocleziano che sterminava i cristiani … indovinate perché lo faceva? Io non riuscivo a capire … tacito dice che i cristiani erano “i nemici humani generis” i nemici del genere umano, odiavano il genere umano i cristiani! Come mai? Certo, perché dicevano di no ai giochi dei gladiatori che piacevano così tanto a tutti, perché dicevano no al divorzio che era una prassi normale, perché dicevano no ai bambini esposti sulla Rupe Tarpea a Roma perché erano nati con difetti o perché il padre non li riconosceva come figli e li lasciavano morire là … e allora i cristiani erano nemici, odiavano quelle maniere di vivere perciò, obbligandoti a tenere un bambino difettato ti creavano l’infelicità. Ecco perché! Guardate che il male … quello che fa il bandito che va ad assaltare una banca e ammazza il bancario … quello è un male evidente, ma questo non è un male evidente perché è fatto per motivi buoni! 

Scusate ma … “la Eluana Englaro perché devo tenerla in vita poverina se è così? Ma smettete di tormentare le persone!” Guardate che hanno ragione! Come fai a rispondere? Il problema allora è lì, c’è un male che non nasce dal male ma che, apparentemente, nasce da un bene. E cosa fai di fronte a questo? Allora occorre avere una nozione di bene e di male superiore e al di là di quella che noi possiamo farci, ma che è solo Dio a dirci. 

Termino: chi avrebbe immaginato che il bene passava attraverso la crocifissione del Figlio di Dio? Avreste scelto voi una tale strategia per salvare il mondo? Io non l’avrei scelta. Se qualcuno mi dicesse che, per salvare il mondo, c’è un figlio unico bravissimo e devo lasciarlo ammazzare dai delinquenti … no, direi, non è questa la maniera! Ed è il Bene quello, il sommo Bene! E allora? Capite? O si entra nei misteri di Dio, nei piani di Dio, nel disegno di Dio e allora capiamo ciò che è bene e ciò che è male … o altrimenti è vero, noi diventiamo dei tormentatori, delle persone che servono solo a rompere le scatole … ed è l’accusa che ci rivolgono … 

don Davide Rota
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NATALE: Cari giovani, non scappate via da Dio

23/12/2014

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NATALE: Cari giovani, non scappate via da Dio
Don Chino


Gabriele mi manda un messaggio sul telefonino: “La realtà non finisce dove arriva il nostro sguardo: al di là degli avvenimenti, sopra di noi, c’è qualcuno”. Gli ho risposto di accorciare le distanze, di mettersi in ascolto e si sarebbe accorto che Dio non è lontano, lassù, ma vicino. Tutti i giovani, prima o poi, si fanno alcune domande: “Se Dio esiste, perché non si fa vedere? Perché non interviene liberando l’uomo dalla violenza, dalla sofferenza?”. Se non trovano risposte rifiutano Dio, lo ritengono un rompiscatole, inutile. Ricordo quanto mi confidava Rudy, un giovane di 22 anni: “Personalmente non credo in Dio, ma se per caso ci fosse, mi lasci stare”.

La fede in crisi. F. Nietzsche racconta di un folle che in luminoso mattino accese una lanterna e corse al mercato per gridare a tutti: “Io cerco Dio, io cerco Dio!”. Siccome in quel posto c’erano molte persone che non credevano in Dio, si fecero una grande risata. Uno chiese: “Si è dunque perduto Dio?”. E un altro: “Si è nascosto? Ha paura dell’uomo?”. E tutti ridevano e beffeggiavano il  folle. Quel pazzo li fulminò con lo sguardo e gridò: ”Dov’è andato Dio? Velo dico io! Noi l’abbiamo ucciso, voi ed io! Noi siamo i suoi assassini!”. Nietzsche, con questo racconto, voleva dimostrare che solo un pazzo poteva ancora cercare Dio, gli altri no, gli altri ne fanno a meno… Io sono convinto, cari amici, che non dovete avere fretta a liquidare Dio dalla nostra vita. Se siete seri, continuate a lasciare la porta aperta, ponetevi delle domande, cercate delle risposte. Anche perché Dio non muore il giorno in cui voi decidete di non credere in lui, ma siete voi a morire quando la vostra vita non sarà raggiunta, rafforzata, rinnovata da lui

L’iniziativa di Dio. Se volete incominciare a credere dovete essere spontanei, sinceri e buttare sul piatto tutto ciò che siete e che avete. Se temete di essere “fregati”, la fede non fa per voi. Se pensate che uno possa credere senza che qualcosa cambi nella sua vita, non farete mai il salto decisivo. Dovete superare certe difese, imporvi nuovi pensieri, progettarvi in modo diverso, recuperare voi stessi, perché vivete troppo “fuori di voi” e siete sballottati qua e là, come burattini, dalla società dei consumi, del divertimento. Qualcuno ha detto che non è vero che i giovani d’oggi non credono in Dio, ma solamente si dimenticano di lui, come ci si dimentica un ombrello…In parte è vero, anche se non si tratta di una dimenticanza, ma di uno “spostamento” da Dio verso  alcuni idoli. Il primo di questi è il culto dell’io, cioè la sicurezza che se Dio muore, nasce l’uomo capace di sostituirlo. Sappiamo come e che cosa sa fare l’uomo quando si erge a divinità. Credo però che le diverse sconfitte che l’uomo subisce lo stiano ridimensionando. Infatti, in questi ultimi tempi, il bisogno di credere è presente, specie in voi giovani, dopo la caduta delle ideologie che avrebbero dovuto cambiare le società. 

Dio che seduce. Oggi la medicina progredisce, ottiene risultati straordinari. Un computer può scandagliare ogni vostra fibra e scoprire il male nascosto, può persino prevedere in anticipo una anomalia fetale, un disturbo fisico. Al computer sfuggono però i sentimenti, le paure, i complessi, gli enigmi dello spirito. Se volete sottoporre alla radiografia la vostra psiche dovete andare da uno psichiatra: con il suo aiuto potete conoscere le cause nascoste dei disturbi psichici, dei comportamenti anomali.  C’è però qualcosa d’altro che sfugge sia al computer che alla scienza, qualcosa che costituisce la parte più profonda e preziosa di voi: la forza interiore che determina le vostre scelte, il senso della vostra vita. Voi non siete solamente un insieme di fibre e di cellule o il risultato di alcuni comportamenti, ma persone che decidono quale donna o uomo volete diventare. La fede fa parte di questa scelta profonda che dà qualità, spessore alla vita e che sfugge alle radiografie e alle analisi precise. 

Fede e la vita. Viviamo in un periodo in cui le parole si sprecano: tutto è diventato importante, di tutto ci si deve interessare. In realtà, poche cose fanno presa su di voi: vi siete abituati a ridimensionare ogni cosa, a livellare tutto, ad accostarvi ad ogni avvenimento solo per pochi istanti, quanto dura un’emozione. In questo modo spesso trattate anche la fede, che vi va stretta, scomoda. Forse pensate di abbandonarla o l’avete già fatto, così come state lasciando tante cose di quando eravate bambini. Vi chiedo soltanto di non avere fretta a mettere la fede tra le cose da mandare in solaio. Anche perché, vi ricorda F, Dostoevskij: “Se l’uomo rigetta Dio, s’inginocchia davanti a un idolo di legno o di oro o immaginario”. Credo che non ci sia bisogno di dimostrare la verità di questa affermazione. Credere vuol dire, prima di tutto, che è Dio a prendere l’iniziativa, è lui che ha scelto per primo d’aprirsi a voi, di farvi partecipi della sua presenza e quindi il vostro credere è soprattutto risposta a una chiamata o accoglienza di un amore. Si presentò a Gesù un giovane, uno dei tanti che l’aveva ascoltato per chiedergli che cosa doveva fare per salvarsi. Gesù gli rispose di cambiare vita. Il giovane alla richiesta di abbandonare i suoi idoli e comodità, decise di scappare.  Rimanete vicino al Signore, cari ragazzi e giovani, se non volete essere tristi. 

Buon Natale.
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IL TESTIMONE

15/12/2014

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Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28)

La prima cosa è che anche il Vangelo di Giovanni inizia con la figura del Battista però c’è una differenza con i sinottici che, mentre Marco Luca e Matteo descrivono il Battista Giovanni non lo descrive, non dice com’era vestito, non dice dov’era … non parla quasi di lui, lo introduce e basta. Ed è interessante perché lo introduce in forma negativa non perché Giovanni sia una figura negativa ma perché il Vangelo di Giovanni dice del Battista non ciò che è, ma ciò che non è, difatti all’inizio dice: “ …. Egli venne come testimone … non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 

La luce era il Verbo che, poi vedremo, si chiama Gesù, e Giovanni non era il Verbo. In altre parole vuol dire che nel tempo in cui si scriveva il Vangelo c’era qualcuno che considerava Giovanni superiore a Gesù, i discepoli di Giovanni. Voi sapete che c’è stata una religione che credo esista tutt’ora, i Mandei, che hanno sempre esaltato la figura di Giovanni come quella del Messia, il vero salvatore è Giovanni non Gesù, e allora Giovanni dice che no, è Gesù, infatti lo stesso Giovanni non ha mai proclamato di sé questa cosa. 

Chi è questo personaggio misterioso? Non ci dicono molto perché è un personaggio stranissimo: è grande, grandissimo, tutto proiettato verso Colui che deve venire. 

Però, guardate cosa dice quando una delegazione ufficiale … perché, al di là del Giordano Giovanni stava battezzando e molta gente andava da lui e allora il Sommo Sacerdote del Tempio, la classe dirigente, preoccupata di queste cose perché c’erano sempre degli esaltati che poi mettevano a sconquasso il Paese, allora mandano una delegazione ufficiale da Gerusalemme a controllare chi fosse questo Giovanni, composta da Sacerdoti e da Leviti, gli addetti al Tempio (il Tempio controllava anche la situazione politico religiosa difatti Gesù sarà giudicato davanti al Sommo Sacerdote) ed è il Sommo Sacerdote che manda la delegazione a vedere chi è Giovanni, là dove stava battezzando. Guardate l’interrogatorio e le risposte di Giovanni che diventano sempre più secche e più nervose: “Tu chi sei ?” Risposta: “Io non sono il Cristo”. 

Un bravo commentatore diceva che, mentre oggi tutti tengono a sottolineare chi sono loro e presentano tutti i loro titoli, Giovanni insiste su quello che lui non è; è come se dicessimo “io sono” mentre Giovanni dice “io non sono”. E’ molto bello questo perché quando uno proclama troppo sé stesso impedisce a Dio di agire e il mondo d’oggi, tutto incentrato sull’auto proclamazione … vedete come Dio fa fatica ad agire al giorno d’oggi? Perché troppa gente dice chi è: “Io sono questo …” 

Piccola parentesi: Giovanni l’evangelista, evita accuratamente di far dire ai suoi personaggi l’espressione con il soggetto e il predicato verbale “io sono”, lo fa dire solo a Gesù quando, per esempio, Giovanni qui nel  testo dice “Io sono la voce”, in realtà nel testo greco non c’è scritto “ego eìmai” che sarebbe “io sono”, ma c’è “ego foné”  (io voce) perché? Interessante, perché “Io sono” è il nome di Dio ed è il significato di Jahvè “Io sono colui che sono” è l’unico, Dio, che può parlare di sé sempre al presente, noi possiamo parlare di noi al passato, al presente, al futuro mentre Dio può solo parlare al presente perché Lui è eterno presente, in Dio non esiste il tempo, esiste la presenza, l’eternità, perciò la sua maniera di definirsi è “Io sono” perciò quando un altro prende la parola non dice mai “Io sono questo …” e neanche Giovanni che dice: “Io la voce” ma evita il termine “sono”. Solo Gesù dirà “Io sono” “Prima che Abramo fosse io sono”. 

Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Elia?”  Perché Elia? A quel tempo aspettavano che il profeta Elia ritornasse sulla terra per annunciare la venuta del Messia. Elia era stato rapito in cielo su un carro di fuoco e allora dicevano che chi è stato rapito così ritornerà, perciò – dicono - quando apparirà Elia, vuol dire che sta arrivando il Messia. Sei Elia? “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. Profeta per eccellenza era Mosè, e allora dicevano “Arriverà uno più grande di Mosè il quale libererà il popolo” “No” rispose. Sono tutte le attese del popolo. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?” Rispose: “Io la voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. La voce. 

Sant’Agostino dice che Gesù è la Parola Giovanni la voce, Gesù è la luce Giovanni la lampada, Gesù è lo sposo Giovanni l’amico dello sposo, Gesù è colui che viene Giovanni il precursore, Gesù è il Messia Giovanni è l’araldo del Messia” e la frase più bella di Giovanni Battista è quella scritta nel Vangelo di Giovanni quando indicando Gesù, dice: “Lui deve crescere, io diminuire” il cristiano è questo: è colui che fa crescere Gesù nella propria vita diminuendo sé stesso. 

Vai a fare un programma così con i ragazzi d’oggi, vedrai come ti accoglieranno! Ma questa è la vera via della salvezza. 

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?” Il Battesimo si faceva in molte occasioni, quando uno aveva compiuto dei peccati legati alla sfera della purità, sessuale o purità sacra, si lavava completamente, infatti il Battesimo è un lavaggio, oppure per indicare un cambio di vita, oppure per certi riti particolari … a Qumram ci si lavava anche più volte al giorno per indicare la purificazione. “Perché battezzi?” Erano preoccupati … Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. Giovanni Battista appare come tutto proiettato verso Colui che viene. Chi è il cristiano? E’ colui che fa come Giovanni il Battista. 
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Natale Capodanno si avvicinano. Come viverli in modo cristiano?

6/12/2014

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MOMENTO DI AUTENTICA FESTA – Dicembre è un mese di grande gioia. Si avvicina il Natale, festa dedicata alla preghiera e al ricordo della nascita di Gesù. Negli ultimi anni questa importante ricorrenza si è trasformata, per alcuni giovani, in qualcosa di diverso. La spiritualità e il raccoglimento sembrano essere, ormai, passati di moda. Il 25 dicembre, per molti, non è altro che “la festa dei regali”. Una scusa per prendere d’assalto i negozi e vuotarsi le tasche. Al massimo, ci si ricorda di fare un piccolo salto in chiesa. Ma poi, tutto il resto si riduce ad una grande corsa al consumo.

Al Natale dell’opulenza si aggiunge, qualche giorno dopo, la tradizione tipicamente neopagana delle grandi feste di Capodanno. Tra i ragazzi, si diffonde sempre di più l’abitudine di vivere la notte del 31 dicembre in modo assolutamente estremo, esagerato, sconvolgente.

Si corre da una festa all’altra, da una discoteca all’altra, da un locale all’altro. Non sempre si ha la lucidità sufficiente per guidare l’automobile, dopo aver brindato con vino e champagne ed essere stati assordati dal rumore di certa musica.

Ma c’è di più. Tramite Internet, negli ultimi anni, sono stati diffusi messaggi pubblicitari via e-mail in cui si invitano i giovani a vivere la notte di Capodanno al fianco di donne “a pagamento”. Non si tratta di prostitute che vendono prestazioni sessuali, ma semplicemente di ragazze molto belle, che hanno lo scopo di accompagnare e “fare immagine”.

Il messaggio che arriva ai giovani è, in sintesi, questo: “Vuoi far crepare di invidia i tuoi amici? Presentati alla festa di Capodanno insieme ad una ragazza bellissima come una fotomodella, che sarà al tuo fianco tutto il tempo che vuoi”.

Certi inviti rappresentano il trionfo della non-cultura del nulla. Viviamo sempre di più in un’epoca in cui è necessario apparire, stupire, mostrarsi. E così, per i giovani, non è più sufficiente andare ad una festa con una semplice amica. Bisogna colpire tutti. Farsi vedere con una ragazza in grado di far rimanere gli altri a bocca aperta.

Il Natale opulento e il Capodanno estremo non sono altro che il frutto di ciò che viene insegnato ai giovani attraverso alcuni mezzi di comunicazione: l’assenza totale di una cultura del limite, che dovrebbe essere alla base di ogni civiltà.

I giovani, oggi, sono considerati “bidoni aspiratutto”. Si offre loro qualunque cosa, pur di arricchirsi alle loro spalle. Li si riempie di prodotti consumistici di ogni tipo. L’importante è che i ragazzi comprino. Non importa cosa. Ciò che conta è fare soldi. Tanti soldi.

Oggi, più che mai, trionfa la dittatura del denaro. Sono i quattrini a dettare legge. Nel mondo della televisione, ad esempio, gli indici d’ascolto e gli sponsor decidono il destino di un programma.

Non è la qualità che conta. Ciò che importa é il numero delle “pecore” ipnotizzate dal piccolo schermo, pronte per essere bombardate dalla pubblicità. Se sono tante, il programma sopravviverà. Altrimenti, lascerà spazio a qualche altra trasmissione.

Che cosa si può fare, concretamente, per aiutare i ragazzi a vivere in modo più corretto ed equilibrato le feste di Natale e di Capodanno? Prima di tutto, bisogna educare i giovani a rifiutare la non-cultura dei falsi bisogni.

L’obiettivo degli spot pubblicitari è quello di far sentire i ragazzi perennemente insoddisfatti. Si fa credere loro che, per essere felici, è necessario avere un’automobile bellissima, una casa lussuosa, una ragazza straordinaria. Si annulla completamente il senso del limite. Si spinge costantemente a desiderare di avere qualcosa di più. A comprare, comprare, comprare, nell’illusione di riuscire ad assomigliare, un giorno, ai modelli irreali della televisione.

E’ importante educare i giovani a non lasciarsi condizionare dalle mode. Troppo spesso gli acquisti dei ragazzi non sono dettati dal buon gusto o dal cervello, ma dall’abitudine a muoversi “come il branco”.

E’ come se una voce sussurrasse continuamente all’orecchio dei giovani: “Compra quegli occhiali da sole, altrimenti non sarai accettato dagli altri. Acquista quel maglioncino o quei pantaloni, oppure non sarai veramente alla moda. Il branco lo vuole, e tu devi obbedire. Devi essere uguale ai tuoi compagni”.

Il bello della vita, invece, sta nello scoprire di essere diversi. Sta nella gioia di non indossare gli stessi pantaloni degli altri, o nel gusto di scegliere una maglietta perché ci piace. Non perché piace alla massa.

Come dare una svolta decisiva al periodo delle feste natalizie e di Capodanno? Invitando i ragazzi a rinunciare a qualche regalo banale. Quest’anno, potrebbero spendere i propri soldi, o una parte di essi, in un modo diverso. Ad esempio, facendo un’offerta per qualche comunità religiosa o organizzazione che si occupa di iniziative umanitarie.

Oggi molti ragazzi sono schiavi della “dittatura degli spot”. Ma basterà un piccolo gesto, in questo Natale, per trasformarli da “consumatori” a cittadini del mondo. Un mondo che ha bisogno d’amore e delle mani tese della solidarietà

Carlo Climati per Zenit.org
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La tua vita ti sembra monotona?

5/12/2014

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La tua vita ti sembra monotona?
Come possiamo essere stanchi se la vita sfugge rapidamente? Abbiamo bisogno di toccare l'amore e di donarlo, di accendere il fuoco sopito


Penso a ciò che ci ha detto papa Francesco parlando dell'importanza di dare luce con la nostra testimonianza e di non stancarci mai: “Testimonianza, affinché la luce brilli e non sia nascosta in camera. Che brilli la luce! Che vedano le opere buone che compie il Padre, attraverso di noi, ovviamente. Testimonianza, perché chiedano: 'Perché vivete così?'. Coerenza di vita. Camminare: camminanti e non erranti. E fare attenzione alla tentazione della stanchezza”.

Quando ci stanchiamo ristagniamo. Smettiamo di essere quell'acqua che scorre. Smettiamo di dare vita e speranza. Quando è facile stancarsi di essere fedeli, di essere testimoni, di dare vita! La sorte del profeta è dura, esigente, stanca.

È più facile stare tranquilli e non fare nulla. È più facile non essere testimoni che esserlo. È più facile lasciare che l'acqua non scorra. Si soffre meno. Penso che la vita che si custodisce per sé si perda, imputridisca. Penso che l'acqua trattenuta non serva a nulla. Non guarisce la vita degli uomini.

I poeti, gli artisti, i bambini, i pazzi vedono il mondo da un'altra prospettiva. Portano acqua nuova. Ci danno vita nuova. Sono i profeti attraverso i quali Dio ci parla.

Una poesia che ho trovato mi ha dato un po' di luce, ha portato un po' d'acqua all'anima: “Giorni azzurri d'inverno, soffia il vento. / Sole e nubi. / Pace, non sento / corre l'anima, luce senza volo, / calma lo scorrere delle acque. / Fonte, mare, barca e torrente. / Non voglio sentire il fuoco ma perdermi nel tuo grembo. / Signore della mia vita, vieni. / Anche se mi costa averti, trattenerti è il mio desiderio. / Con le mani che non afferrano, con i piedi che non sfuggono. / Vieni, Signore, non lsciarmi. / Il tuo calore calmi il freddo. / Luce e pietra, fiume e montagna. / Come dimenticarmi del cielo?”

Vogliamo essere fiume, alveo, ponte, acqua, fonte, pozzo. Vogliamo essere di Dio e far sì che i giorni di molte persone siano azzurri in inverno. Vogliamo che molti riposino e bevano nel nostro pozzo profondo.

Penso che la nostra vita sia fiume, sia nube, sia vento. Penso che ciò che facciamo è molto, e anche così è solo una goccia nell'oceano. Penso che siamo tempio e montagna, roccia sicura e vento.

Penso che l'acqua scorra e ci guarisca. L'acqua degli altri. L'acqua di Dio. La nostra stessa acqua. Vedo che l'acqua purifica il cuore. Forse abbiamo paura dell'acqua.

Nel Battesimo siamo stati immersi nell'acqua. Affondati nel seno dell'oceano per ricevere Cristo. Abbiamo bisogno di tornare a immergerci nel mare di Dio. Abbiamo la vocazione di fiume che porta al mare.

L'acqua scorre o ristagna. Siamo fiume o siamo stagno. Dipende da noi. Navighiamo verso il mare, non ci fermiamo alla costa. Ma quanto ci risulta facile stancarci di essere santi!

Ci stanchiamo di dare vita, di sforzarci, di aspirare alle vette, di dover soddisfare le aspettative di coloro che si aspettano tanto da noi. Fino a quando bisogna dare?

Ci sono persone che vivono stanche di dare, di essere generose, di aspirare a vivere sempre con il Signore. Scivolano pesantemente lungo la vita, chiedendo permesso alle loro gambe per camminare. Non fanno progetti. Si sentono come pensionati in anticipo dalla propria vita. Per questo, si limitano a vivere in modo pigro.

A volte corro il rischio di trasformarmi in questo stagno e di smettere di essere fiume. Quando non permetto che arrivino a me nuove correnti. Quando voglio essere roccia, terra secca. Quando divento statico e freddo. Roccia quieta, esanime. Senza vita.

Al Sinodo della famiglia, papa Francesco ha parlato della “tentazione dell' irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere”.

A volte, quando non mi lascio aiutare, arricchire, guarire, quando mi chiudo nella mia carne, quando mi aggrappo alla lettera, muoio. Quando non cerco l'acqua che rinnova. Quando non offro la mia acqua e mi secco.

C'è una fonte che nasce dalle mie viscere, ma serve grande profondità d'animo perché non smetta mai di effondere acqua. Molta profondità perché ci sia vita. Bisogna amare ed essere amati. Toccare l'amore e donarlo. Accendere il fuoco sopito. Uscire da se stessi e mettersi in cammino. Bisogna avere fede.

Come Santa Bernardette quando ha preso l'acqua dal fango umido, scavando con le proprie mani. Perché credeva, perché confidava in quella donna che l'aveva guardata con tenerezza.

Dobbiamo fidarci di più. Di Dio, degli uomini, di Maria. Lasciare che l'altro sia colui che ci guida, che ci fa uscire dal nostro riposo.

Siamo stanchi. La vita ci stanca. Ci stanca essere riversati sul mondo, con i piedi legati. Ci stanca non essere liberi e cercare sempre di mostrare l'aspetto migliore. Ci stanca dare e non ricevere qualcosa in cambio, o dare sempre le stesse cose senza trovare risposta, cambiamenti, progressi.

Ci stanca prenderci cura della vita e vedere che non serviamo tanto. Fare il lavoro che abbiamo, sempre lo stesso. Amare le persone che ci amano e non essere creativi, perdendo il desiderio della novità. E senza novità si perde il desiderio. O amare in modo pigro chi ci ama tanto.

A volte aspettando che finiscano per amarci. Ci importa tanto. E ci stanca curare coloro che ci hanno amato, sostenuto, animato. E ora hanno bisogno di noi. Ci stanca vivere e servire. Senza neanche dormire. Ci stanca la vita rapida, che ci sfugge in modo impaziente tra le dita.

Ci stanca gettare radici e non gettarle. Avere una terra e non averla. Pensare che facciamo le cose bene o che non le facciamo. Leggere tante cose, vedere tante immagini. Ci stanza dare senza ricevere.

Ci stanca cercare Dio a tentoni e non sentire il suo amore ogni mattina. Ci stanca il freddo, la pioggia, il sole, l'orario rigido di ogni giorno. Ci stanca che ci chiedano le cose.

Ci stanca stancarci e doverci riposare. E sognare il riposo. Ci stanca cercare il riposo. Sì, la stanchezza della vita.

Come possiamo essere stanchi se la vita è un dono che sfugge rapidamente? Vorremmo trattenerla per sempre. E non è possibile. Perché ci stanchiamo tanto? Magari imparassimo a stancarci con senso. Stancarci con un obiettivo. Stancarci dando tutto, dando la vita.

San Carlo Borromeo diceva che un vescovo troppo attento alla sua salute non riuscirebbe a diventare santo. Che ogni sacerdote e ogni apostolo deve avere lavori che non riesce a svolgere piuttosto che tempo che gli avanza.

È così per gli apostoli, per gli innamorati che sanno di poter perdere la vita senza paura, senza problemi. Quanto è difficile stancarsi senza riposo! Quanto è difficile vivere stanchi senza che ci importi! In cielo arriverà il riposo. Le acque che scorrono e non si fermano. Le acque che non riposano finché non arrivano al mare. Le acque profonde e chiare. Le acque che mostrano la luce di Dio.
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