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LE PERSONE DI CUI IL MONDO HA BISOGNO OGGI: SEI UNA DI LORO?

22/9/2015

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Le persone di cui il mondo ha bisogno oggi: sei una di loro?
Fuggo da me stesso percorrendo vie che non desidero...
di Padre Padilla and Aleteia

Oggi penso che servano più uomini giusti nel nostro mondo. Uomini d’onore che agiscano con giustizia. Uomini buoni e nobili. Forse ce ne sono, ma ne servono ancora. Uomini onesti, che non si lascino corrompere dal denaro. Uomini per i quali il potere non sia un’ossessione.

Leggevo qualche giorno fa: “Mio padre dice che chi desidera il potere e lo ottiene vive terrorizzato all’idea di perderlo. Per questo dobbiamo dare il potere a quanti non lo desiderano” [1].

Servono più uomini con potere che non siano quelli che lo desiderano maggiormente. Uomini potenti che servano con umiltà. Uomini che seminino giustizia in mezzo a tante ingiustizie. E molta misericordia dove manca l’amore.

Servono uomini liberi che non si lascino sottomettere al volere di quanti li circondano, che non pretendano di rispondere alle aspettative di tutti. Che non vogliano essere superuomini. Che confidino molto nel potere di Dio e poco nelle proprie forze.

Uomini che non si lascino trascinare dalla corrente e restino saldi nei loro criteri e nei loro principi. Uomini che riescano a fare del potere un servizio, e della vita un’offerta d’amore.

Mi piacerebbe essere più giusto nei miei giudizi, nel mio modo di vivere. Nel modo in cui tratto le persone che incontro. Sono davvero giusto? Tratto le persone con giustizia?

Mi piacerebbe essere un uomo giusto come San Giuseppe, che era definito “il giusto”. Questo mi commuove sempre. Essere ricordato per il fatto di essere giusto è quello che desidera ogni uomo di Dio. Giusto agli occhi di Dio. Giusto agli occhi di Maria, sua sposa. Così vorrei vivere.

A volte, però, non sono giusto nel modo di trattare le persone, posso essere arbitrario e non trattarle come meritano. Vedo tante ingiustizie intorno a me, mi piacerebbe fare molto di più per cambiare questo mondo ingiusto. Ma cosa posso fare?

Non posso porre fine a tutte le ingiustizie, ma posso fare di più per essere più giusto sul lavoro, nel mio ambiente, nella mia famiglia. Posso seminare giustizia intorno a me.

È certo che quando incontriamo un uomo giusto la sua vita giusta più infastidirci.

Nel libro della Sapienza leggiamo (2, 12; 17-20): “Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta. Vediamo se le sue parole sono vere; proviamo ciò che gli accadrà alla fine”.

Gesù era un uomo giusto e il suo amore dava fastidio. È passato tra gli uomini facendo il bene e le sue opere buone suscitavano sospetti. La sua vita è stata giusta, orientata a Dio, e la sua giustizia lo ha portato a morire sulla croce.

La sua presenza ha risvegliato l’odio di quanti volevano ucciderlo, perché la sua eccessiva bontà dava loro fastidio. Mormoravano su di Lui. Mentivano sulla sua vita. Lo diffamavano.

Spesso ci infastidisce tanta giustizia, tanta bontà. È difficile mentire davanti a un uomo giusto e vero. Criticare davanti a colui che ci fa vedere la bontà di quello che stiamo giudicando.

Ci sono persone giuste che ci denudano nella nostra mediocrità e povertà. La loro presenza mette in discussione le mie azioni, le mie motivazioni, le mie intenzioni più profonde. Di fronte alla luce che brilla nel loro sguardo e nelle loro parole, si rivelano tutte le mie miserie e scompare l’oscurità nella quale mi piace nascondermi.

A volte desideriamo allontanarci dagli uomini giusti perché ci danno fastidio. Non essere troppo vicini a loro per non doverci confrontare con la nostra verità e realizzare dei cambiamenti. Per non dover abbandonare la vita che conduciamo, che finisce per piacerci anche se è ingiusta e mediocre.

La giustizia dell’uomo giusto esige molto da noi, e forse preferiamo perseverare nel nostro peccato, nelle nostre menzogne, lontani da tanta giustizia.

Ci ricorda l’apostolo Giacomo: “Poiché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri” (Gc 3, 16; 4, 3).

A volte preferiamo chiedere che tutto resti uguale. Ci infastidiscono i cambiamenti e vogliamo che le cose non cambino. Ci fa paura abbandonare il nostro peccato, le nostre ingiustizie, le ombre della nostra vita. Ci infastidisce dover abbandonare la nostra vita ordinaria attaccata al mondo per condurne una più giusta vicino a Dio.

Perché ci fa tanta paura intraprendere il volo delle aquile? Perché presuppone di vivere alla luce di Dio. Ci rendiamo conto con dolore del nostro peccato.

Una persona pregava:

“Caro Gesù, porto davanti a te la mia anima ferita e povera. Le passioni disordinate che vagano nella mia anima. La mia mancanza di luce. La mia mancanza di allegria. Penso male. Giudico rapidamente. Condanno senza misericordia. La vita mi tenta. Fuggo da me stesso percorrendo vie che non desidero. Non sono tanto amico di Dio quanto vorrei. Non sono un bambino fiducioso. Non sono un povero bisognoso. Mi aggrappo alla vita. Mi sento potente, infallibile. E all’improvviso tocco la mia povertà. Incapace di fare meglio le cose. Mi sento debole. L’orgoglio. Quella tentazione di non volere che nessuno mi superi. Il potere, la possibilità di ottenere ciò che voglio. Il fatto di sapere e la tentazione di sapere tutto. La decisione, il poter decidere sempre ciò che voglio. La mia fragilità mi spaventa”.

Credo che l’unico modo di avvicinarci alla luce di Gesù sia riconoscere la nostra oscurità. Solo chi vede chiaramente il suo peccato anela con più forza alla pace di Dio e alla luce della sua misericordia. La mia miseria si inginocchia davanti al potere della sua misericordia.

[1] Veronica Roth, Divergent (Trilogia)

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BERLICCHE: CHE RISATE

15/9/2015

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A questo punto devo ammetterlo. Avete presente quelli che dicono che la questione del gender è tutta inventata? Bene, hanno ragione. E’ una bufala, e sono stato io ad idearla.

Tutto è cominciato quando ero giovane, e lavoravo come cameriere in certi bar parigini. Io non ho studiato, ho dovuto imparare a mantenermi fin da piccolo. Servire ai tavoli dei caffé era la maniera ideale, i posti non mancavano anche per quelli come me. Era il periodo in cui tutti si credevano rivoluzionari. C’erano in particolare questi tizi, che stavano tutto il giorno ai tavolini a parlare di classe operaia e di come avrebbero cambiato il mondo. Dei veri pitocchi, spesso mantenuti dai genitori, e non accadeva una volta che mi lasciassero un soldo di mancia. Per loro non esistevo: ma guai se tardavo a portare un’ordinazione. A dirla tutta, erano parecchio antipatici, pieni di parole ma mai una gentile. Io li stavo a sentire; e certe volte mi scappava proprio da ridere per le stronzate che sparavano. Non avevano proprio nessuna idea della vita, la vita vera. Mai lavorato. Avevano una teoria più scema dell’altra, e avreste dovuto sentire con che serietà ci discutevano sopra. In quel particolare caffé, quell’estate, era riunito un gruppo di cretini come raramente avevo visto. Cafoni e rumorosi. Anche gente che era importante, o lo sarebbe diventata; e quelli erano i più antipatici.

Mi ricordo che c’era quel piccoletto strabico che affermava, serio eh, che siamo totalmente liberi di fare quello che vogliamo; e gli altri pendevano dalle sue labbra. Io stavo servendo le brioche e mi veniva la nausea. Non resistetti: a mezza voce, dissi “Allora uno è anche libero di essere una donna o un uomo, come gli pare!”. Non so se capirono che ero stato io a parlare, ma scoppiarono tutti in una risata per quella cretinata. Uno esclamò: “Ma che genere di teoria spari!” E la ganza del piccoletto: “E’ una teoria del genere!” E tutti a ridere più forte. Da allora ogni volta che si trovavano qualcuno ripeteva quelle frasi, e tutti a scompisciarsi. Era diventato una specie di fil rouge per quando le sparavano davvero grosse.

Succcesse però una cosa strana: che, siccome c’erano sempre nuovi fessi a quei tavolini, dopo un po’ qualcuno cominciò a prendere seriamente quello scherzo assurdo. Capite, credevano che quegli intellettualoni dicessero per davvero! E ogni volta erano ammiccamenti di noi camerieri dietro le spalle del gonzo che se l’era bevuta. Fatto sta che, gira e rigira, finirono per cominciare a dirlo credendoci, e nessuno si ricordava più che era cominciata come una mia presa per i fondelli. Alcuni ne hanno fatto persino nei libri, anche se sono convinto che è per dimostrare cosa si può far digerire alla gente. E’ impossibile che persone intelligenti che hanno studiato tanto possano davvero pensare che sia vero.

E anche adesso, che sono ormai in pensione, a volte faccio dei giri nei bar dove mi conoscono ancora, e magari incontro qualcuno che sa tutta la storia. Guardiamo assieme tutte quelle leggi e quei libercoli dove è ripetuta la mia boutade di quendo ero giovane, e ridiamo a crepapelle: ma quanto sono fessi questi!

da Berlicche* 
il cielo visto dal basso


* Berlicche, quello originale, è il diavolo esperto e scafato protagonista delle “Lettere di Berlicche” di C.S.Lewis.
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