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ABUSO DELLA DIVINA MISERICORDIA

25/9/2014

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ABUSO DELLA DIVINA MISERICORDIA - (Non vado a messa, so che faccio peccato ma confido nella Sua Misericordia)


Nella parabola della zizzania si legge che, essendo essa cresciuta in un campo insieme con il grano, i servi volevano estirparla: Vuoi che andiamo a raccoglierla? Disse il padrone: Al tempo della mietitura dirò ai mietitori: cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla (Mt 13,24-30). Questa parabola mostra da una parte la pazienza del Signore verso i peccatori, e dall'altra il suo rigore verso gli ostinati.

Sant'Agostino dice che il demonio inganna gli uomini in due modi: con la disperazione e con la speranza. Dopo il peccato, tenta il peccatore alla disperazione con il terrore della divina giustizia; ma prima di peccare spinge l'anima al peccato con la speranza nella divina misericordia. Perciò il Santo ammonisce: «Dopo il peccato, spera nella misericordia, prima del peccato, abbi timore della giustizia». Infatti non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. Dio usa misericordia con chi lo teme, non con chi si serve di essa per non temerlo (esempio: non vado a messa, so che faccio peccato ma confido nella Sua Misericordia.).

È difficile trovare una persona così disperata, che voglia veramente dannarsi. I peccatori vogliono peccare senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano dicendo: «Dio è misericordioso; farò questo peccato e poi mi confesserò». «Farò ciò che mi piace, tanto Dio è buono»: cosi parlano i peccatori, come scrive sant'Agostino. Però tanti con questo modo di pensare sono finiti male. Dice il Signore: Non dire: «La sua misericordia è grande; mi perdonerà i molti peccati» (Sir 5,6). Non dire: «Per quanti peccati io possa commettere, con un atto di dolore sarò perdonato!» E perché? Poiché ci sono presso di lui misericordia e ira, il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Dio pur essendo misericordioso, è anche giusto... Dio promette la sua misericordia a chi lo teme, non a chi abusa di essa. La sua misericordia si stende su quelli che lo temono (Lc 1,50), cantò la Madre di Dio. Agli ostinati Dio minaccia la giustizia. [...]

Insomma, dice San Paolo, non ci si può prendere gioco di Dio (Gal 6,7). Non si può offenderlo continuamente con proposito e poi pretendere il Paradiso. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato: chi semina peccati non ha motivo di sperare altro che il castigo da scontare nell'inferno. La rete con la quale il demonio trascina le anime all'inferno e l'inganno sibilato attraverso le parole: «Peccate pure liberamente, perché vi salverete nonostante tutti i peccati». Dio detesta la speranza di chi si ostina al peccato poiché la loro speranza è abominio. Una tale speranza provoca Dio al castigo, meritato da chi, abusando della sua bontà, lo ha offeso in tutti i modi.

Non farlo più

Figlio, hai peccato? Non farlo più e prega per le colpe passate (Sir. 21,1). Cristiano mio, il tuo buon Signore ti vuole salvo e così ti ammonisce: «Figlio, non tornare ad offendermi, ma da oggi in poi cerca di chiedere perdono dei peccati commessi». Fratello mio, quanto più hai offeso Dio, tanto più devi temere di offenderlo ancora perché, commettendo altri peccati, farai pendere la bilancia della divina giustizia e potrai dannarti in eterno.

Io non dico che, dopo un altro peccato, per tè non ci sia assolutamente più perdono, perché questo non lo so; dico solo che può succedere. Dimmi, per favore: se presumi che un cibo sia avvelenato, lo prenderesti ugualmente? Se nella via nella quale deve transitare pensi che vi siano dei nemici appostati per attentare alla tua via, passeresti ugualmente pur avendo come alternativa una via sicura? Così, che certezza hai se tornado a peccare proverai dolore e lo potrai memendare prima della morte?

Quando tu vuoi acquistare una casa, stai molto attento a non buttare via il tuo denaro. Quando prendi una medicina, cerchi di assicurarti che essa non ti possa nuocere. Perché, allora, per un piacere dei sensi vuoi rischiare la salvezza eterna, dicendo: «Spero di potermene confessare»? Quando ti confesserai? «Domenica». E chi ti garantisce di essere vivo fino a domenica? «Domani». E chi ti garantisce il domani? Dice Sant'Agostino: «Non sei padrone di un'ora: come puoi esserlo del domani?» Come puoi riprometterti di confessarti domani, quando non sai neppure se avrai un'altra ora di vita? Continua il Santo: «Dio ha promesso il perdono a chi si pente, ma non ha garantito il domani a chi l'offende». Se ora pecchi, forse Dio ti darà il tempo di pentirti ma, se non te lo darà, che ne sarà di tè per tutta l'eternità? Perché allora vuoi perdere la grazia e rischiare di perderti in eterno? Per una misera soddisfazione, rischieresti di perdere mille ducati? Anzi, saresti disposto a giocarti tutto, soldi, casa, poderi, la libertà e la vita? No? E allora perché, per un misero piacere, sei disposto a perderti in una sola volta tutto, l'anima, il paradiso e Dio? Dimmi: ci credi o no che esiste il paradiso, l'inferno, l'eternità? Per tè sono verità di fede, oppure favole? Ci credi che, se la morte ti sorprende in peccato, sarai perduto per sempre?

Se ci credi, che pazzia sarebbe ottenere una pena eterna per non aver rimediato in tempo al peccato. Difatti, per analogia, nessuno sarebbe così imprudente da assumere un veleno con l'idea di trovare, poi, il rimedio per guarire. Con questi pensieri sbagliati puoi effettivamente condannarti a una morte eterna. Fratello, medita le parole dello Spirito: Confidavi nella tua malizia. Ti cadrà sopra una calamità che non potrai evitare (Is 47,10-11). Se hai peccato contando temerariamente sulla misericordia divina il castigo ti piomberà addosso all'improvviso, senza sapere donde venga.


di Sant'Alfonso Maria De Liguori
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I PECCATI DEGLI ALTRI E I NOSTRI

18/9/2014

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I peccati degli altri e i nostri 

Hai preso ora coscienza della tua miseria, della tua povertà, della tua malizia; per questo gridi verso il Signore come il pubblicano: «O Dio, abbi pietà di me, peccatore! » (Lc 18,14). E puoi aggiungere: «Io sono anche peggio del pubblicano, perché non posso impedirmi di guardare con disprezzo il fariseo, e il mio cuore si inorgoglisce dicendo: ‘Ti ringrazio che io non sono come lui!’». 

Ma, ci dicono i santi, quando avrai constatato il nerume del tuo cuore e la fralezza della tua carne, perderai ogni voglia di giudicare il tuo fratello. Al di là della tua personale caligine, vedrai allora la luce celeste brillare in tutte le creature, che ne portano riflesso lo splendore; poiché non ti sarà più possibile star a guardare i peccati degli altri, quando i tuoi sono così grandi. In effetti, proprio quando tendi con ardore verso la perfezione, incominci a scoprire la tua imperfezione. E solo se avrai visto quanto sei imperfetto, la perfezione ti diventerà accessibile. Così la perfezione scaturisce dalla debolezza. E allora otterrai quello che s. Isacco il Siro assicura a chi perseguita se stesso: «Il tuo nemico sarà volto in fuga al tuo solo avvicinarti ». 

Di qual nemico parla qui il santo? È evidente: di colui che prese un giorno la forma di serpente e che, da allora, suscita in noi il malcontento, l’insoddisfazione, l’impazienza, la precipitazione, la collera, l’invidia, la paura, l’ansietà, l’odio, l’abbattimento, l’indolenza, la tristezza, il dubbio, e tutto quello che ci avvelena l’esistenza e si radica nel nostro amor proprio e nella compassione verso noi medesimi. 

Come dunque potrebbe volere che gli altri gli obbediscano, colui che constata, con la profonda sofferenza che l’amore ispira, che egli non obbedisce al suo Signore? Come, allora, potrebbe turbarsi, spazientirsi, andare in collera, se tutto non va secondo i suoi desideri? Un tale uomo si è abituato, con un lungo esercizio, a non desiderare più niente, e, come spiega l’abate Doroteo, a colui che non ha più desideri, tutto va per il verso. La sua volontà si è pienamente adattata a quella di Dio, e tutto ciò che egli domanda, l’ottiene (cf. Mc 11,24). 

Può forse provare invidia colui che, ben lungi dal volersi innalzare, è cosciente delle proprie deficienze e pensa che gli altri meritano più di lui stima e considerazione? Può provare timore, angoscia o ansietà, colui che, come il ladrone in croce, vede in tutto ciò che gli capita il giusto salario delle sue azioni (Lc 23,41)? La sciatteria lo abbandona, perché egli ne smaschera e insegue in se stesso, continuamente, le minime tracce. L’abbattimento scompare, perché come potrebbe essere buttato a terra colui che se ne sta senza posa prostrato nel suo spirito? Il suo odio ormai è tutto rivolto contro il male che porta in sé e che gli impedisce di vedere con limpidezza il Signore; egli odia davvero la propria vita (Lc 14,26).

Non è più accessibile al dubbio, perché ha gustato e ha visto quanto il Signore è buono (Sai 34,8); è solo il Signore che lo sostiene. Il suo amore si dilata incessantemente, e con esso, la sua fede. Egli raccoglie il frutto dell’umiltà. Ma tutto questo non si trova che sulla via stretta, e sono pochi quelli che la imboccano (Mt 7,14).
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Se è evidente, non è Dio

14/9/2014

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Volgo lo sguardo al Crocifisso ascoltando le parole di Giovanni:
«Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio» (Gv 3, 15–16)

Dov’è l’evidenza dell’amore sulla croce?
L’apparenza è quella di un segno di dolore, morte, solitudine. Dove si vede l’amore?

In effetti hanno dovuto spiegarcelo che di quello si trattava. Il Risorto è dovuto intervenire a confermare e interpretare il segno, insieme a tutto quello che aveva insegnato agli Apostoli.

Nonostante questo, il crocifisso resta un segno ambiguo. Nessuno, a una prima occhiata, gli attribuirebbe tutta la pregnanza di amore salvifico che porta con sé.

D’altra parte i Vangeli dicono chiaramente che la Croce fu interpretata in prima battuta come il segno della sconfitta.

Gesù aveva posto le premesse perché capissero e vedessero. La predicazione, i miracoli, la cura per i peccatori, la pazienza con gli avversari. Eppure alla fine non si è imposta alcuna evidenza.

Un inequivocabile segno d’amore, clamoroso e affascinante nella sua capacità attrattiva, avrebbe immediatamente convinto tutti. Non fu così allora. In effetti non è così nemmeno ora.

Nella croce l’amore di Dio appare in modo tanto palese quanto nascosto e velato al limite del dubbio. Un modo così discreto e anonimo da non essere nemmeno colto come amore. Eppure reale, attivo ed efficace.

Mi risuonano nel cuore le parabole del lievito nella pasta e del granello di senapa e mi pare di vedere in tutto questo una forma unica di regalità, un modo particolarmente dolce di esprimere la propria forza e la propria presenza da parte di Dio.

Voglio fermarmi stupito ancora una volta davanti a quell’Amore che non ha temuto di nascondersi dietro il velo di una carne d’uomo, adattandosi a tutti i limiti che perfino l’umanità di Gesù stesso portava in sé.
Voglio lasciarmi spiazzare ancora una volta da una Compassione così umile, disinteressata e gratuita da rinunciare in principio alla certezza di essere riconosciuta e accolta.

E mi consola pensare che dentro ai quotidiani tentativi d’amore di ogni uomo o donna, anch’essi segnati dal limite della carne, si nasconde velata, ferita e ambigua proprio la bellezza del Crocifisso.

Credere che in ogni singolo atto d’amore – che perfino il più malvagio almeno una volta in vita fa – per quanto appaia goffo o imperfetto, c’è il Dio nascosto che raggiunge l’uomo.

Così che nulla e nessuno, alla fine, andrà perduto.


don C. Mauri
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La logica del pesce spada

9/9/2014

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La logica del pesce spada
Un bisogno antico oggi a rischio: la difesa della donna e della prole

“Prima le donne e i bambini”. Una volta nelle situazioni di pericolo questa era una regola ferrea, anzi, si poteva star certi che non c’era un pericolo vero se prima non si mettevano in salvo le donne e i bambini.
Temo che questa nobile pratica sia ormai caduta in disuso, ma prima di chiedermi perché, prima di cedere alla tentazione della caccia al colpevole, voglio capirne il senso, scoprirne la ragione.
 
Perché per secoli gli uomini hanno ritenuto più importante salvare la compagna o la prole che la pelle? È la logica del pesce spada. Lo sanno bene i pescatori che hanno imparato che devono colpire prima la femmina (il pesce spada nuota in coppia), perché se colpiscono il maschio la femmina se la da a gambe, mentre se colpiscono la femmina il maschio resta la nel tentativo di un salvataggio disperato.

Prima le donne e i bambini, perché il maschio vive per loro,  perché senza di loro sa bene che la sua vita non ha senso. E infatti mi è capitato assai spesso di notare che dopo un divorzio le femmine mantengono in genere una dignità, anzi a volte sembrano quasi tornare alla vita, mentre spesso i maschi si lasciano andare alla depressione (appena velata a volte da un’euforia falsa).

Prima le donne e i bambini perché senza di loro il mondo è di una bruttezza e di una inutilità sconcertante. Le donne rendono bello il mondo, i bambini ne danno lo scopo, il perché.
Deve essere per questo che il mondo sta diventando sempre più brutto e inutile, perché le donne son sempre meno femminili e i bambini sempre più rari.

È questo che mi spaventa della cultura gay, non una considerazione etica, morale o religiosa, no, ma qualcosa di più primitivo, più viscerale, qualcosa che fa ribellare il pesce spada in me. Il mondo gay è un mondo senza donne, ergo un mondo brutto ed inutile, per il quale non vale la pena di morire.È l’estetica a ribellarsi innanzitutto, la poesia.

Da sempre gli uomini cantano di due cose: delle donne della guerra (potremmo metterci anche Dio, ma ci porterebbe troppo lontano). Della guerra non si può più cantare già da tanto tempo, per quanto è diventata disumana, se non si può più nemmeno cantar di donne, di cosa canteremo?
 
…per il bene degli uomini nelle cose di Dio…
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IL PECCATO E L'UNICA VIA INDICATACI DA GESU

3/9/2014

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DAL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
951. Qual’è il peccato mortale?
Il peccato mortale è una trasgressione della divina legge (10 COMANDAMENTI), per la quale si manca gravemente ai doveri verso Dio, verso il prossimo, verso noi stessi.

952. Perché si dice mortale?
Si dice mortale perché dà morte all’anima, col far perdere la grazia santificante, che è la vita dell’anima, come l’anima è la vita dal corpo.

953. Quali danni fa all’anima il peccato mortale?
• Il peccato mortale priva l’anima della grazia e dell’amicizia di Dio;
• le fa perdere il paradiso;
• la priva dei meriti acquistati, e la rende incapace di acquistarne dei nuovi;
• la fa schiava del demonio;
• le fa meritare l’inferno, ed anche i castighi di questa vita.

SOLO UNA BUONA CONFESSIONE LIBERA CERTAMENTE DAL PECCATO E DALLE SUE CONSEGUENZE.

QUESTO E' QUANTO GESU CI HA INSEGNATO... 
PERTANTO QUESTA E’ L’UNICA VIA CERTA (ORDINARIA) DI SALVEZZA

POI SICURAMENTE DIO PUO’ SALVARCI ATTRAVERSO ALTRE VIE CHE NON CONOSCIAMO - MA NON SAPPIAMO NE QUALI SIANO NE SE SIANO A NOI APPLICABILI: PER QUESTO VENGONO DEFINITE ‘’STRAORDINARIE’'

SE GESU’ CI HA FATTO CONOSCERE SOLO QUESTA VIA SICURA DI SALVEZZA CI SARA’ UN PERCHE’ FONDANTE:
LA NOSTRA PARTECIPAZIONE ALLA SUA OPERA DI SALVEZZA…

A VOLTE E’ MOLTO COMODO AFFIDARSI ALLA ‘’MISERICORDIA DI DIO'': ''FACCIO QUEL CHE VOGLIO INTANTO CONFIDO IN LUI… LUI FARA’!’'

CONFIDARE SOLO NELLA MISERICORDIA DI DIO (SENZA FAR NULLA E CONTINUARE A RIMANDARE I PROPRI DOVERI A NON SI SA QUANDO) E’  EQUIVALENTE AL ‘’CREDERE DI SALVARSI SENZA MERITO’'... CIOE UNO DEI ‘’PECCATI CONTRO LO SPIRITO SANTO’’

CONCLUDIAMO CON DUE MASSIME POPOLARI MOLTO CALZANTI:
''CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO''…
''CHI GIOCA COL FUOCO RISCHIA DI BRUCIARSI''

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E come tutti i regali, bisogna accettarlo per poterne beneficiare.

1/9/2014

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''NON BASTA SAPERE CHE ''GESU TI AMA'' SE TU NON RICAMBI CONCRETAMENTE COME LUI DESIDERA (10 COMANDAMENTI)''

''L'AMORE NON CORRISPOSTO NON PUO' CHE ESSERE STERILE (NON CERTO PER COLPA DI CHI AMA)''

Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. (Efesini 2:8-9)

Nel corso dei secoli Dio ha potuto vedere come l’uomo si comportava:

- Nell’innocenza, egli disubbidisce.

- Sotto la legge di Mosé, trasgredisce i comadamenti, dimostrando di essere incapace, nonostante i suoi rispettabili sforzi e le sue buone intenzioni, a soddisfare alle esigenze divine.

Una domanda sorge allora spontanea: Come può Dio, rimanendo giusto, permettere a degli esseri disubbidienti di rimanere nella sua presenza senze essere condannati?

Gesù Cristo è stato il solo uomo assolutamente irreprensibile. La sua vita perfetta mette in evidenza la nostra colpevolezza, perché Egli è stato ciò che noi avremmo dovuto essere. Dunque, questa sua vita qualifica Lui solo a prendere il posto dell’uomo davanti a Dio e pagare il prezzo del suo riscatto.

La morta volontaria di Gesù Cristo al posto dei peccatori e la sua risurrezione sono il fondamento della salvezza, una salvezza compiuta interamente all’infuori di noi stessi e pienamente accettata da Dio.

Sulla base dell’opera di Gesù Cristo, Dio offre allora la grazia ad ogni uomo che si pente dei suoi peccati, ne chiede perdono e metta la sua fiducia in Gesù Cristo morto e risuscitato per la sua salvezza.

E’ questo un sublime regalo ch’Egli ci ha fatto! E come tutti i regali, bisogna accettarlo per poterne beneficiare.

E tu? Lo hai accettato con umiltà e riconoscenza? 

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