Molti si domandano perché diversi esponenti cattolici si stiano concentrando più sulla pubblicazione dei due recenti libri sulle finanze del Vaticano, “Via Crucis” e “Avarizia” di Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, piuttosto che occuparsi dei contenuti dei libri e dei documenti da loro pubblicati.
E’ molto semplice: le informazioni che riportano i due giornalisti non sono affatto “segrete” ma sono dati che furono raccolti parecchio tempo fa dalla Commissione referente Cosea, istituita da Papa Francesco nel 2013 per avviare una riforma della Curia romana, commissione che oggi non esiste più. Sono documenti vecchi che la Cosea ha preparato ed esposto al Papa e verso i quali sono stati presi già parecchi provvedimenti: «un’indagine che non era stata fatta per essere pubblica, ma per permettere al Papa e ai suoi collaboratori di agire con cognizione di causa. I documenti pubblicati rappresentano la situazione all’inizio del pontificato di Francesco», ha spiegato il vaticanista Andrea Tornielli. Inoltre, diverse accuse di Nuzzi e Fittipaldi sono già note da tempo e oggetto di inchieste del passato da parte di altri giornalisti (come Claudio Rendina), altre sono vere e proprie bufale. Non c’è alcuno scoop, i due giornalisti sono stati usati come burattini dai “corvi” che hanno loro passato documenti datati e notizie vecchie e/o false per chissà quale losco loro progetto. I due hanno preso e pubblicato: lo avrebbe saputo fare chiunque. “Diritto di informare”, si difendono i due giornalisti, ma che informazione è omettere che si tratta di informazioni parziali (usate invece come fossero il “tutto”), presentate come attuali mentre sono datate e, in parte, già note, e verso le quali c’è stata un’azione di correzione da parte dei collaboratori del Papa?
A dirlo è stato proprio Papa Francesco, che ha prontamente reagito e smontato lo scoop di Nuzzi-Fittipaldi: «so che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati», ha detto all’Angelus di domenica scorsa. «Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. E’ un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene, e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili. Perciò voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Quindi vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza». Sintetizzando: 1) rubare documenti è un reato e dunque pubblicarli è complicità di un reato (ricettazione, per la precisione); 2) Sono stati proprio Francesco e i suoi collaboratori a far emergere quei documenti tempo fa, ai quali è stato risposto con misure adeguate; 3) I “corvi” hanno fallito se pensavano di ostacolare il Papa o creare divisioni interne.
Anche padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, è intervenuto, entrando molto nel dettaglio: «Il Papa sa benissimo cosa fare. Sa quale è la sua missione, ed è surreale che si affermi di volerlo aiutare in questo modo», come invece hanno detto Nuzzi e Fittipaldi, i quali hanno pubblicato «informazioni raccolte alla rinfusa», in parte «già note» e anche vecchie, senza «la necessaria possibilità di approfondimento e di valutazione obiettiva, tanto che spesso sono possibili letture diverse a partire dagli stessi dati». Inoltre, le «informazioni pubblicate nei libri sono legate a una fase di lavoro ormai superata, le quali non sono state ottenute in origine contro la volontà del Papa o dei responsabili delle diverse istituzioni ma con la collaborazione» di chi ricopre incarichi di vertice per «concorrere allo scopo positivo» di conoscere e poi decidere. E proprio grazie alle raccomandazioni di Cosea sono state assunte «decisioni e iniziative che sono tuttora in corso di attuazione. Ne sono la dimostrazione la riorganizzazione dei dicasteri economici, la nomina del revisore generale, il funzionamento regolare delle istituzioni competenti per il controllo delle attività economiche e finanziarie»che, sottolinea il portavoce vaticano, sono «una realtà incontrovertibile».
In particolare, ha spiegato, i beni immobili del Vaticano, «presi nel loro complesso si presentano come ingenti, ma sono in realtà finalizzati a sostenere nel tempo attività di servizio vastissime gestite dalla Santa Sede o istituzioni connesse, sia a Roma, sia nelle diverse parti del mondo», spiega padre Lombardi. «Le origini delle proprietà di questi beni sono varie e vi sono a disposizione da tempo anche strumenti adatti per conoscerne la storia e gli sviluppi». Ad esempio, è bene informarsi sugli accordi economici fra Italia e Santa Sede nel contesto dei Patti Lateranensi. Altra questione travisata nei libri riguarda l’Obolo di San Pietro, ossia i fondi raccolti nel mondo per la carità del Papa. «È necessario osservare che i suoi impieghi sono vari, anche a seconda delle situazioni, a giudizio del Santo Padre a cui l’Obolo viene dato con fiducia dai fedeli. Le opere di carità del Papa per i poveri sono certamente una delle finalità essenziali, ma non è intenzione dei fedeli escludere che il Papa possa valutare le urgenze e il modo di rispondervi alla luce del suo servizio per il bene della Chiesa universale. Il servizio del Papa comprende anche la Curia Romana – in quanto strumento di servizio–, le sue iniziative fuori della diocesi di Roma, la comunicazione del suo magistero per i fedeli nelle diverse parti del mondo anche povere e lontane, l’appoggio alle 180 rappresentanze diplomatiche pontificie sparse nel mondo che servono le Chiese locali e intervengono come gli agenti principali per distribuire la carità del Papa nei diversi Paesi, oltre che come rappresentanti del Papa presso i governi locali». Un ulteriore esempio di errata interpretazione dei documenti è quello sul Fondo pensioni vaticano. Nel tempo, ricorda il portavoce della Santa Sede, sono state espresse «valutazioni molto diverse, da quelle che parlano con preoccupazione di un grande “buco” a quelle che forniscono una lettura rassicurante, come risultava nei comunicati ufficiali» della Sala Stampa vaticana. Certo non è tutto diventato perfetto, tuttavia occorre distinguere «dove si trovino inconvenienti da correggere o vere scorrettezze da eliminare». Sicuramente le campagne di stampa orchestrate in questi giorni non rendono «ragione del coraggio e dell’impegno con cui il Papa e i suoi collaboratori hanno affrontato e continuano ad affrontare la sfida di un miglioramento dell’uso dei beni temporali a servizio di quelli spirituali».
Tante le notizie false riportate da Nuzzi e Fittipladi, già smentite dai diretti interessati, come le le accuse a mons. Sciacca e le accuse a mons. Camaldi. Rispetto all’appartamento del card. Bertone, notizia vecchia di anni, lui ha spiegato -e nessuno lo vuole tenerne in considerazione- che gli è stato «assegnato d’accordo con Papa Francesco e per la ristrutturazione ho sostenuto io le spese: 300 mila euro per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato». Rispetto ai soldi che avrebbe versato anche la Fondazione Bambin Gesù sostiene di non sapere nulla e «ho dato istruzioni al mio avvocato, Michele Gentiloni Silveri, di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto». L’ex presidente della Fondazione Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, ha chiarito: «Io non ho ricevuto nessun ordine dal cardinal Bertone, l’investimento era proprio una delle azioni del piano di marketing che vedeva come obiettivo questo investimento finalizzato alla raccolta fondi delle grandi aziende nazionali e delle grandi multinazionali estere. Soggetti nei confronti dei quali il brand Vaticano, la location vaticana, la possibilità di essere ospitati in eventi che descrivono l’attività dell’ospedale presso il Vaticano esercita un fascino straordinario e una sensibilità straordinaria, come dimostrano i dati nel donare all’ospedale. Certo che lo rifarei, solo per dare un’indicazione: nel 2013 gli eventi per la Fondazione che hanno visto la partecipazione del Segretario di Stato hanno determinato, nell’anno successivo, un incremento della raccolta fondi di oltre il 70%. Siamo passati da poco più di 3 milioni a oltre 5 milioni all’anno. Certo che lo rifarei, con questi risultati». E ha precisato: «Neanche un euro dei fondi raccolti per i bambini è stato impiegato in questa operazione, che è un investimento». Per quanto riguarda i 300 metri quadri della sua casa, il card. Bertone ha spiegato: «Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano, c’è anche una segretaria che il Santo Padre mi ha concesso per scrivere la memoria di tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. C’è la biblioteca, l’archivio, le camere per tutti». Mentre per il terrazzo con vista su San Pietro afferma: «Non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. E’ di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono».
Anche il card. George Pell, citato in alcuni passaggi dei libri di Nuzzi e Fittipaldi per presunte “spese pazze”, ha definito «false e fuorvianti» le affermazioni che in quei volumi lo riguardano. Tanto che la Segreteria per l’Economia, di cui è presidente, ha completato l’anno ben al di sotto del suo bilancio 2014 ed è stato uno dei pochi enti a proporre una riduzione della spesa complessiva nella sua richiesta di budget 2015. Così come ha giustificato nel dettaglio le spese che ha dovuto sostenere nel 2014. Reale invece la questione della Congregazione di Propaganda Fide (Apsa), dove effettivamente permane una insopportabile gestione di favoritismi a politici, imprenditori e vip, vicenda tuttavia già nota da anni e non certo scoperta dai corvi e dai loro giornalisti di fiducia. Anche per questa situazione sta prendendo provvedimenti la riforma della Curia intrapresa da Papa Francesco e collaboratori.
Nessuno obbliga a ritenere questi chiarimenti e smentite una verità assoluta, ma un giornalista serio le avrebbe almeno dovute tenere in considerazione. Bastava informarsi dai diretti interessati. La malafede di Gianluigi Nuzzi, invece, l’ha rivelata lui stesso quando ha raccontato di essere stato contattato da funzionari dello IOR prima della pubblicazione del suo libro, i quali si offrirono per dare dei chiarimenti in merito. Eppure il giornalista ha detto: «Mi ha sorpreso il fatto che lo sapessero ma, naturalmente, ho declinato il loro cortese invito». Naturalmente, dunque, ha rifiutato i chiarimenti che avrebbero rischiato di rovinare la sua operazione di marketing anticlericale (poco importa che affermi di mandare i figli in una scuola cattolica). Il tutto confermato dal fatto per “pulire” la sua azione ha cercato di avere al suo fianco don Maurizio Patriciello -un sacerdote giustamente ben voluto dai media per il suo impegno contro la camorra- durante la presentazione della sua “inchiesta” alla stampa internazionale, senza però voler far leggere al “testimonial” il libro, offrendosi di raccontarglielo a voce: «Gianluigi, ma che dici? Tu che sei uno scrittore non sai che un libro si legge e non si spiega?», gli ha risposto il sacerdote. Nuzzi è così sparito e don Patriciello, annusata la polpetta avvelenata, ha denunciato il fatto su “Avvenire”: «Sono rimasto con la sensazione che volesse tirarmi un tiro mancino. Da questi strani modi di fare, naturalmente, sono distante mille miglia. Forse Nuzzi non poteva immaginarlo».
Il vero problema di questa vicenda non sono i due giornalisti e i contenuti dei loro libri, ma il fatto che qualcuno in Vaticano abbia rubato queste informazioni e le usi pensando di intralciare il Pontefice. Come ha scritto Alberto Melloni: «Se c’era un disegno di organizzata ostilità contro papa Francesco, questa non si è manifestata nei miserabili reati commessi da ladri travestiti da moralizzatori in concorso con millantatori e tipografi compiacenti. Ma nel tentativo di usare questi ed altri episodi per dipingere» un Papa isolato e impotente. Inoltre, tutto questo non significa affatto chiudere gli occhi sulla mala gestione, a volte illecita, delle finanze che alcuni ambienti della Curia romana hanno praticato per anni. Si spera che non accada più, come promesso da Papa Francesco (anche se la corruzione umana è inestinguibile e la Chiesa è fatta da uomini) e che il Vaticano, lo Stato che ospita la Santa Sede, possa finalmente diventare un punto di riferimento per l’onestà e la trasparenza. Tuttavia, non sono queste le inchieste giornalistiche che servono, Nuzzi e Fittipaldi sembrano più due giornalisti dilettanti che ricevono documenti rubati e vecchie notizie e le pubblicano senza una minima verifica, senza informarsi del fatto che il Papa già conosceva tutto e aveva già preso provvedimenti. Non sembra proprio amore al giornalismo, come affermato Nuzzi, ma semmai si spacciano come moralizzatori della Chiesa nel puro nome dell’avarizia (preparando per un anno un’operazione di marketing internazionale), respingendo i chiarimenti di coloro che accusano e tentando di tirare dalla loro parte persone ben viste mediaticamente per “pulire” la loro operazione. E’ il modus operandi della propaganda anticlericale, altro che “vogliamo aiutare il Papa!”. «E’ un atto deplorevole che non aiuta», ha risposto Papa Francesco.