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LA RETORICA DELL'ACCOGLIENZA E LA DISCRIMINAZIONE QUOTIDIANA

18/1/2022

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Di recente mia moglie Serena, meglio nota come “Santa Subito”, è stata costretta ad alzare un poco la voce (succede anche ai santi) quando, durante l’ennesima discussione con una parente su Covid e dintorni, si è sentita dire: «Chi non si vaccina dovrebbe pagarsi le cure. Soluzione semplice». Sì, semplice, nonché altamente discriminatoria e incivile. Un precedente gravissimo, se davvero venisse attuato. E notare che la suddetta parente si proclama cattolica!

L’idea di non pagare le cure ai non vaccinati è stata sostenuta da medici, giornalisti, politici. E fa riflettere. Perché ci mette di fronte non soltanto all’inciviltà dilagante ma, direi, alla disumanizzazione che segna l’attuale modo di pensare e di vivere.

Sostenere che un malato non debba essere curato dal servizio pubblico, finanziato anche con le tasse versate da quello stesso cittadino, perché la sua scelta di non vaccinarsi sarebbe contro il “bene comune”, significa introdurre un principio pericolosissimo. A parte il fatto che quella di “bene comune” è intesa come nozione vaga, manipolabile, che si può strumentalizzare facilmente, se si incominciasse a discriminare in questo modo non ci sarebbero più limiti all’esclusione. Adesso se ne parla a proposito dei non vaccinati, ma domani lo stesso principio potrebbe essere introdotto contro qualcuno per il tipo di alimentazione che preferisce (in base a criteri di ecosostenibilità) o per le idee politiche. Qualcosa di intollerabile per una democrazia sedicente liberale. Qualcosa che dovrebbe suscitare orrore in ogni coscienza ben formata. Allora, di questo passo, chi fa uso e abuso di alcool, fumo e droghe non dovrebbe essere curato dal sistema sanitario nazionale?

È incredibile che tali idee possano essere sostenute anche da medici, quando il giuramento d’Ippocrate recita: «Giuro di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario.»

Come ho già scritto, tutelare la libertà di coscienza e le minoranze, per quanto esigue possano essere, dovrebbe essere uno dei capisaldi della democrazia. Minare questi capisaldi vuol dire minare la democrazia stessa. Quindi, sia sul piano politico, sia su quello filosofico sia su quello della nostra comune umanità dovremmo batterci con tutte le forze contro proposte così discriminatorie. E non stupisce che l’accoglienza e l’inclusività, tanto di moda quando si tratta di legittimare il gender o le adozioni gay, d’incanto sparisca, non appena il destinatario dell’accoglienza è una persona come noi, un padre di famiglia che rischia di rimanere senza lavoro, uno studente a cui è negato il diritto allo studio, un medico che vuole salvare i pazienti con cure efficaci ma non remunerative per le case farmaceutiche. È ormai evidente che la tutela delle minoranze vale solo per chi vuole distruggere la nostra società, mentre diventa eversiva quando mostra umanità e carità fraterna verso i nostri fratelli. Quanta ipocrisia.

Ma la cosa più triste è che questa voglia di discriminazione possa allignare anche fra i cattolici, specie fra coloro che sono sempre pronti a esaltare la Fratelli tutti di Bergoglio. Fratelli coltelli!

In una sede della Caritas ho visto un cartello in cui si chiede il green pass ai senzatetto per cibo e vestiario. In pieno inverno, in piena crisi di povertà. «Ero affamato, e mi avete chiesto il lasciapassare. Ero assetato, e mi avete ricattato col vaccino…», per parafrasare il Vangelo (Mt 25, 35). Rimane il terribile monito del Signore: «Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a Me» (Mt 25, 45).

di A. M. Valli
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