C’è di più: dando un’occhiata a quanto prevede il nostro ordinamento, non solo non si trova la Legge che negherebbe al cantante Scialpi il diritto di farsi assistere dal partner, ma si trovano disposizioni molto chiare rispetto non già alla possibilità bensì all’obbligo di informazione da parte dei medici per eventuali trapianti al convivente (art. 3 L. n. 91 1999), nonché ai permessi retribuiti per decesso o per grave infermità cui un convivente anche dello stesso sesso ha diritto (art. 4 L.n. 53 2000). Ora, possibile che la Legge da un lato obblighi i medici ad interfacciarsi – in casi gravi, come sono i trapianti – coi conviventi e dall’altro cacci questi ultimi fuori dall’ospedale? E i medici dove diamine dovrebbero informare una persona dell’eventuale trapianto del convivente? Al bar? Nel parcheggio del nosocomio? Su Skype? Qualcosa, evidentemente, non torna.
E poiché le Leggi poc’anzi ricordate – in particolare la n.91 del 1999 – sono chiare e individuate, mentre quanto mai misteriosa risulta quella che sciaguratamente impedirebbe al convivente di prestare assistenza ospedaliera al proprio partner, il dubbio che quest’ultima non esista neppure, a questo punto, per un elementare ragionamento logico, viene. Tanto più, dulcis in fundo, che se si va a leggere l’ultimo Disegno di legge sulle unioni civili – il cosiddetto Cirinnà bis – laddove questo regolamenta la reciproca assistenza (art. 12) non si rintraccia, neppure qui, l’ombra di una disposizione che sarebbe da abrogare. Insomma, il diabolico divieto che impedirebbe ad un convivente di prestare assistenza all’altro – posto che non si ha notizia di mariti o mogli cui venga intimato, per poter visitare il coniuge, di esibire prima il certificato di matrimonio – sembrerebbe avere un sapore inconfondibile: quello della bufala.
giuliano guzzo