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La Liturgia di Domenica 27 Febbraio 2022

27/2/2022

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Foto
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VIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - C - RITO ROMANO
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Grado della Celebrazione: SOLENNITA'
Colore liturgico: VERDE
COMMENTO AL VANGELO
Nell'ultima parte del discorso della pianura, Luca ha raccolto diverse sentenze che definisce "parabole" e che riguardano soprattutto la vita dei credenti nelle comunità. Queste brevi sentenze sono espresse con delle coppie: due ciechi, discepolo e maestro, due fratelli, due alberi, due uomini, due case. Era una tecnica retorica per facilitare l'imprimersi delle parole nella mente degli ascoltatori.
Ciechi
La parabola del cieco che guida un altro cieco è la più breve delle parabole, occupa una sola riga.
Un'altra pagina provocante. Tutti seguiamo delle guide, più o meno consciamente. Tutti siamo vittime degli influencer siano essi politici, scrittori, cantanti, preti...ma «può forse un cieco guidare un altro cieco?». L'ammonimento è evidente, ma a chi è indirizzato? A ogni discepolo, tentato di non riconoscere le proprie incapacità, eppure abitato dalla pretesa di voler insegnare agli altri. Gesù si propone come unica guida, l'unico che sa dove condurci. Il problema, è quando pensiamo di diventare maestri degli altri.
Gesù non sta parlando solo dei "ciechi" di allora (farisei, scribi, sadducei ecc.), questo lo farà Matteo. Luca vuole scuotere la sua comunità, e quindi noi. Nella comunità ci dovevano essere dei problemi interni: qualcuno si riteneva superiore agli altri ed esprimeva giudizi come se la fede fosse qualcosa "per gli altri", e non per se stessi in primo luogo.
E' il rischio che corriamo (noi, non gli altri) quando siamo investiti di un ruolo di responsabilità. Il rischio è diventare giudici degli altri, insomma il problema è quando ci sostituiamo al Maestro e facciamo passare nostre convinzioni come fossero sue parole, pensando, in fondo, di possedere la verità. Voler guidare gli altri può sembrare un gesto di amore, ma quando si è ciechi e si pretende di essere guide, l' amore può condurre le persone nella buca.
Ipocrisia
Il Maestro, con una buona dose di humor, parla dell'ipocrisia. Nella Grecia classica, l'ipocrita era l'attore di teatro, il quale saliva sul palcoscenico per recitare una parte. Contro gli ipocriti (che alla fine si rivelano per quello che sono), viene spontaneo dire: "Senti chi parla. Da che pulpito viene la predica!". Lo hai notato amico lettore? E' un'espressione che allude agli ambienti clericali, dove, spesso "si predica bene, ma si razzola male". I proverbi ci ricordano che l'ambiente ecclesiastico non gode di ottima fama. L'ipocrita pretende di possedere capacità e virtù che ha solo in apparenza. Diceva Oscar Wilde: «Gli uomini sono sempre sinceri. Cambiano sincerità, ecco tutto».
Gesù è chiaro: non guardare alla pagliuzza nell'occhio dell'altro, tu che hai una trave nel tuo.
Questa immagine paradossale ricorda una favola antica. Esopo racconta che ogni uomo, entrando nel mondo, si trova due bisacce appese al collo: davanti, quella piena dei vizi altrui; dietro, quella dei vizi propri; ovviamente vede e stigmatizza quelli degli altri, e non vede invece i propri.
Immagino che siamo già pronti a giustificarci volgendo lo sguardo al peggio che c'è nel mondo: non uccido, non rubo, insomma sono certamente migliore di altri. Vado tutte le domeniche in chiesa, non sarò certo peggiore degli altri. Eppure Gesù invita a leggere la vita puntando in alto, guardando al capolavoro che sono agli occhi di Dio.
Quanta fatica facciamo a riconoscere i nostri errori. Ciò che vediamo negli altri come "trave", lo viviamo in noi come pagliuzza; ciò che condanniamo negli altri, lo perdoniamo a noi stessi. Benevoli con noi stessi, spietati con gli altri. Sappiamo che la critica gratuita corrode profondamente il tessuto di una comunità, di un gruppo, una famiglia, una parrocchia.
C'è però una tentazione da evitare: dire tutto, sempre e comunque, in nome della verità. Oggi sembra che la virtù della discrezione sia merce rara ma essere discreti non significa essere reticenti.
Giudizi
Lo so cosa stai pensando, amico lettore: allora devo evitare di giudicare qualsiasi cosa? Con il rischio di non dare nessun valore a nulla? No, Gesù ci offre un criterio: giudichiamo tutto e tutti con gli occhi di Dio. Il nostro agire è la conseguenza dell'incontro che abbiamo avuto con Lui. Non si tratta di non giudicare le situazioni ma di vederle con lo sguardo del Padre. Sincerità e ipocrisia sono gli argini dentro i quali scorrono le nostre relazioni. Una religiosità, che non è impregnata di misericordia, è semplice ipocrisia.
Frutti
Luca ricorda che dai frutti si riconoscono gli alberi. Frutto buono, albero buono: è così semplice. L'albero è simbolo della vita, perché prende ciò che non è vivo (la terra, l'acqua, l'aria e la luce) e li trasforma in vita. Ma è simbolo anche dell'uomo perché ha radici sotto terra, ma si erge in modo eretto sopra la terra, proteso verso il cielo. Gesù ci sta dicendo che ognuno agisce secondo la propria natura: un albero di mele produrrà necessariamente mele, non si deve sforzare. Come riesco a capire se vivo il mio essere "figlio di Dio"? Dai frutti. Se i miei frutti sono amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza, dominio di sé... allora vuol dire che l'albero della mia vita ha radici di misericordia. Non c'è da sforzarsi nel fare il bene perché se siamo buoni (cioè se ci facciamo raggiungere dal Suo amore) facciamo necessariamente il bene.
Cuore
Dove si trova il principio del bene e del male? Nel cuore. Tutte le cose sono buone. Non c'è una cosa cattiva al mondo perché ha fatto tutto Dio. È l'uso che noi ne facciamo che è buono o cattivo. «Un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi). Il cuore buono produce il bene. Il cuore cattivo (letteralmente "putrido, marcio") produce morte. Ma ecco la bella notizia: proprio nel male comprendo il bene che Dio mi vuole. Il male può diventare il luogo della misericordia.
Nel finale una sorpresa. Il primo frutto del cuore è la parola: «La sua bocca, infatti, esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Le azioni principali dell'uomo non sono opere ma parole perché tutti i nostri rapporti sono retti dalle parole. Gesù chiederà di continuare quel ministero della Parola che aveva formato la sua principale attività. Lo so cosa stai pensando amico lettore: è possibile cambiare il mondo con la parola? Per noi ammalati di efficientismo, sembra roba da ingenui, eppure non c'è nulla di più forte della parola perché si rivolge all'intelligenza e alla libertà dell'uomo. A noi, per quanto sgangherati, il Signore affida il vangelo, come tesoro custodito in fragili vasi di creta. Quando annunciamo il vangelo, diciamo parole infinitamente grandi perché hanno sapore d'eternità.
Un'ultima domanda amico lettore: e le tue scelte, il tuo lavoro, il servizio in parrocchia, che frutti danno?
La bella notizia di questo brano? Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi d'argilla.
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LITURGIA DELLA PAROLA
Colletta  
Concedi, o Signore, che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà di pace
e la Chiesa si dedichi con gioiosa fiducia al tuo servizio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

oppure:
Colletta  
Dio nostro Padre,
che hai inviato nel mondo la Parola di verità,
risana i nostri cuori divisi,
perché dalla nostra bocca non escano parole malvagie
ma parole di carità e di sapienza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

PRIMA LETTURA (Sir 27,5-8)
Non lodare nessuno prima che abbia parlato.

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 91)
Rit. È bello rendere grazie al Signore

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte. R.

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio. R.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità. R.

SECONDA LETTURA (1Cor 15,54-58)
Ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo

Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov’è, o morte, la tua vittoria?
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?».
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.

VANGELO (Lc 6,39-45)
La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda
​
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
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