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Quando la "prima volta" non è stata di Bergoglio

2/1/2015

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L'esaltazione mediatica del pontificato di Papa Francesco a volte è tracimata in una sponsorship del pontefice argentino poco riflessiva. Bergoglio in diverse occasioni è stato bollato come «rivoluzionario» e «innovativo» anche su argomenti o vicende che invece erano stati già all'attenzione dei suoi predecessori. 

EVOLUZIONISMO
Sull'evoluzionismo, si è gridato alla "rivoluzione bergogliana" nel corso di un'intervento del Pontefice alla Pontificia Accademia delle Scienze. «Il Big-Bang, che oggi si pone all'origine del mondo, non contraddice l'intervento creatore divino ma lo esige. L'evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di Creazione, perchè l'evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono», affermava Papa Francesco (Avvenire, 27 ottobre 2014).
 
Ma il primo ad "aprire" all'evoluzionismo non è stato Bergoglio, ma Pio XII nell'Enciclica Humani Generis, 22 agosto 1950. «Pio XII - scrive La Perfetta Letizia - definisce l'evoluzionismo una ipotesi, ammettendo dentro precisi punti, il confronto tra le due opinioni: il fissismo e l'evoluzionismo teista. In modo particolare l'angolo dell'Enciclica si restringe al confronto tra l'ipotesi della derivazione dell'uomo da materia organica preesistente (evoluzionismo teista) e la tesi tradizionale che l'uomo sia stato creato direttamente dalla terra, secondo la narrazione biblica; tale tesi tradizionale è presentata nel libero confronto con l'ipotesi dell'evoluzionismo teistico, come ipotesi, e quindi il testo biblico della creazione dell'uomo dalla terra viene considerato suscettibile di essere esaminato alla luce di un genere letterario popolare, contenente tuttavia la verità».

Indubbiamente, prosegue La Perfetta Letizia, «Pio XII pensava, circa l'ipotesi evoluzionista, ad una progressiva evoluzione della forma umana per giungere all'uomo, nell'ambito di uno stretto finalismo pilotato direttamente da Dio; se questo non fosse stato documentato nei reperti fossili, sarebbe automaticamente prevalsa l'altra ipotesi in gioco, cioè della creazione dell'uomo non da “materia organica preesistente”, ma direttamente dal suolo». 

Ma anche il Catechismo della Chiesa Cattolica n 283 fa trapelare spiragli evoluzionistici: «La questione delle origini del mondo e dell'uomo è oggetto di numerose ricerche scientifiche, che hanno straordinariamente arricchito le nostre conoscenze sull'età e le dimensioni del cosmo, sul divenire delle forme viventi, sull'apparizione dell'uomo. Tali scoperte ci invitano ad una sempre maggiore ammirazione per la grandezza del Creatore, e a ringraziarlo per tutte le sue opere e per l'intelligenza e la sapienza di cui fa dono agli studiosi e ai ricercatori. Con Salomone costoro possono dire: "Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza degli elementi [...]; perché mi ha istruito la Sapienza, artefice di tutte le cose" (Sap 7,17-21)».

DIVORZIATI RISPOSATI
Francesco è diventato anche un'icone modernista e rivoluzionaria rispetto allo spinoso tema dei divorziati risposati. In più occasioni ha parlato di «misericordia» nei loro confronti (La Repubblica, 29 luglio 2013) riaccendendo il confronto, in particolare, sulla questione della comunione che non possono ricevere secondo il Magistero attuale. 

Nel viaggio di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile, ad un giornalista che lo aveva sollecitato sull'argomento, papa Francesco rispose: «Con riferimento al problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c'è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. Io credo che questo sia necessario guardarlo nella totalità della pastorale matrimonio. E per questo è un problema. Ma anche - una parentesi - gli ortodossi hanno una prassi differente, loro seguono la teologia dell'economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità, lo permettono. Ma credo che questo problema - chiudo la parentesi - si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale». 

Francesco aveva rilanciato all'attenzione del Sinodo della Famiglia la questione del sacramento per i divorziati-risposati, incassando tuttavia il "niet" dell'assemblea. Ma non è stato il primo papa a tendere loro la mano, parlando di «misericordia». Lo aveva fatto, pur però precludendo la comunione, Giovanni Paolo II. Wojtyla per loro ritagliò uno spazio in una sua esortazione apostolica, la Familiaris Consortio, documento del 1981, incentrata sul «far sentire loro effettivamente l'amore della Chiesa» (La Repubblica, 7 dicembre 2012).

«Esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli - scriveva Giovanni Paolo II - affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la 

La Chiesa, insisteva il papa, «preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio».

CUBA
Il pontefice ha guadagnato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo per aver intelaiato la  mediazione diplomatica tra Cuba e Usa. Anche in questo caso sono abbondati gli aggettivi «rivoluzionario» e «storico», nel descrivere l'azione del papa. 

«Subito dopo i discorsi dei presidenti Obama e Castro - evidenziava Il Messaggero, 17 dicembre - Bergoglio ha fatto diffondere un comunicato per esprimere “vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d’America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche, al fine di superare, nell’interesse dei rispettivi cittadini, le difficoltà che hanno segnato la loro storia recente”. Un passaggio assai atteso, al quale stavano lavorando da mesi i vescovi cubani e quelli americani, il segretario di Stato, Parolin, il Sostituto Becciu sotto la regia di Papa Bergoglio che ha preparato con cura, tappa dopo tappa, il sentiero, facendo leva sulla sua conoscenza del continente latino americano». 

Nel corso degli ultimi mesi, racconta il quotidiano romano, «Francesco ha preso carta e penna per scrivere direttamente a Raúl Castro, ed al Presidente Obama, invitando entrambi a risolvere “questioni umanitarie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le parti"».

Eppure c'è un papa che prima di Francesco aveva addirittura frenato una guerra imminente tra Cuba e gli Usa. Ed è Giovanni Paolo I. Nell'ottobre del 1962, si legge su stpauls.it, «la Russia stava installando dei missili a pochi chilometri dagli Stati Uniti, e il presidente Kennedy aveva imposto ai sovietici di ritirarli, decidendo anche di ispezionare le navi sovietiche che facevano rotta verso Cuba per impedire il passaggio dei missili o delle rampe di lancio. Proprio quando sembrava imminente uno scontro, i vari contatti diplomatici portavano a quell'intervento pontificio, accolto con favore dalle due parti, che si impegnavano a ritirare le rampe da parte dei sovietici, e a non invadere Cuba da parte degli statunitensi».

Il 25 ottobre 1962, alle ore 12, e quindi pochi giorni dopo l'apertura del Concilio, la Radio Vaticana diffondeva al mondo, e sarebbe poi stato presentato in varie lingue, il messaggio con il quale papa Giovanni XXIII interveniva, al termine di una sottile operazione diplomatica, e di fatto poneva termine, alla crisi che, causa l'installazione a Cuba di missili sovietici. Diceva tra l'altro il sommo pontefice: «Noi ricordiamo i gravi doveri di coloro che portano la responsabilità del potere. Con la mano sulla coscienza, ascoltino il grido angosciato che da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti ai vecchi, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! Pace! Noi rinnoviamo oggi questa solenne invocazione. Noi supplichiamo tutti i governanti di non restare sordi a questo invito dell'umanità. Che essi facciano tutto ciò che è in loro potere per salvare la pace».

PARLAMENTO EUROPEO
L' "innovazione bergogliana" è stata vista dai media persino nella sua visita a Strasburgo del pontefice. Martedì 25 novembre 2014, infatti, Papa Francesco ha visitato il Parlamento europeo invitando a mantenere in vita la democrazia per i cittadini europei. Ma non è stato il primo ad accedervi. Perché è per la seconda volta nella storia un Papa si è rivolto ufficialmente ai deputati. La prima volta fu Papa Giovanni Paolo II nel 1988 (europarl.europa.eu, 26 novembre). 
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